L’open innovation ha contribuito a rivoluzionare anche il settore delle telecomunicazioni: grazie a meccanismi di collaborazione estesa, gli operatori integrano startup, ricerca accademica e partner internazionali per accelerare innovazione e digitalizzazione. Il modello si è diffuso sia in Italia, con iniziative come TIM WCAP e TIM Open Labs, che all’estero, con esperienze di operatori globali. Ecco i principi dell’open innovation, le modalità di applicazione nel settore TLC, esempi concreti e prospettive future.
Che cos’è l’open innovation
Il concetto di “open innovation” è stato teorizzato da Henry Chesbrough nei primi anni 2000 come risposta al declino dei modelli di innovazione chiusi. Secondo questa visione, le aziende non possono più affidarsi unicamente alla ricerca interna, ma devono aprirsi a contributi esterni provenienti da startup, università, fornitori, clienti e altri stakeholder.
Nel contesto delle telecomunicazioni, dove l’evoluzione tecnologica è rapida e discontinua, questo approccio consente di cogliere segnali deboli, ridurre il time-to-market, condividere rischi e valorizzare risorse che altrimenti resterebbero marginali.
I meccanismi più diffusi dell’open innovation includono call for ideas, challenge imprenditoriali, hackathon, joint lab, programmi di incubazione e accelerazione, corporate venture capital, fino a forme più avanzate di co-sviluppo con startup deep tech. L’obiettivo è duplice: da un lato innovare in modo più veloce e agile; dall’altro, rafforzare la capacità dell’azienda di agire come hub di un ecosistema aperto.
Open innovation nelle telco: perché serve
Nel settore delle telecomunicazioni, l’open innovation non è più un’opzione, ma una necessità. Le telco si trovano a operare in un contesto ipercompetitivo, caratterizzato da margini sempre più sottili, dall’erosione del valore sui servizi tradizionali e dall’irruzione di attori over-the-top (OTT) capaci di intercettare nuove fonti di valore.
A questo si aggiungono le sfide legate alla trasformazione digitale, all’adozione di tecnologie come il 5G, l’Internet of Things, l’intelligenza artificiale, alla sostenibilità ambientale e alla necessità di garantire la sicurezza e la resilienza delle reti. L’open innovation consente agli operatori di affrontare questi scenari non da soli, ma con il supporto di una rete di partner. Favorisce l’emersione di nuovi modelli di business, l’integrazione con startup verticali, la sperimentazione di tecnologie emergenti e la costruzione di nuovi servizi a valore aggiunto. Inoltre, permette di condividere il rischio dell’innovazione e di creare un vantaggio competitivo sostenibile, anche in mercati maturi o regolamentati.
Il modello TIM: casi emblematici
In Italia, Telecom Italia (oggi TIM) è stata una delle prime aziende del settore a investire in modo sistematico nell’open innovation. Il programma TIM WCAP (Working Capital Accelerator Program), lanciato nel 2009 e progressivamente evoluto, ha permesso di selezionare e supportare centinaia di startup, offrendo finanziamenti seed, mentorship e possibilità di test sul campo.
Nel 2021 è diventato un completo programma di open innovation integrato nel business di tutto il Gruppo TIM, non più un tradizionale acceleratore per start-up early-stage. Obiettivo principale è quello di far collaborare startup, PMI e scale-up già mature con le business unit e le fabbriche digitali del Gruppo, attraverso processi agevolati di scouting, proof of concept, integrazione, e inserimento nelle forniture. Negli ultimi tempi, però, scarseggiano le notizie su queste attività.
Altro pilastro è rappresentato dai TIM Open Labs, presenti a Torino, Milano, Roma, Napoli e Catania: veri e propri hub di co-sviluppo dove TIM lavora fianco a fianco con aziende, università e centri di ricerca su tecnologie chiave come cloud, 5G, edge computing, quantum computing e AI. Anche il TIM Growth Platform rappresenta un’iniziativa strategica: una piattaforma di collaborazione con partner nazionali e internazionali focalizzata su ambiti come la sicurezza, l’intelligenza artificiale, il fintech e le smart city. Tra i progetti si segnala il TIM AI Challenge, risalente al 2023: una sfida lanciata con Digitiamo e causaLens per esplorare nuove applicazioni di AI predittiva.
Open Fiber e l’innovazione
Oltre a TIM, anche Open Fiber si sta muovendo con decisione in questa direzione, adottando pratiche di innovazione aperta per sviluppare nuove soluzioni nel campo della fibra ottica e dell’interconnessione territoriale, con un occhio particolare ai territori a fallimento di mercato e alle aree rurali. La società ha avviato collaborazioni con partner tecnologici, startup e università per sperimentare modelli di deployment avanzati, come l’automazione del monitoraggio delle reti, l’uso di AI per la manutenzione predittiva e lo sviluppo di servizi smart city basati sulla connettività FTTH.
Telco e innovation: la scena globale
Lo scenario internazionale conferma come le telco abbiano compreso il valore strategico dell’apertura verso l’ecosistema dell’innovazione. AT&T, ad esempio, ha creato le sue Foundry, hub di co-innovazione dislocati tra Stati Uniti e Israele, in cui l’azienda collabora con startup, centri di ricerca e clienti enterprise per sviluppare soluzioni in ambiti come 5G, edge computing e AI. Il modello Foundry si distingue per la rapidità: i progetti devono essere prototipati in 90 giorni, in una logica di sperimentazione agile e co-design industriale.
Un approccio ancora più strutturato è quello di Telefónica, che ha dato vita a Wayra, una delle reti di accelerazione corporate più capillari in Europa e America Latina. Wayra non solo investe in startup early stage, ma le accompagna in percorsi di integrazione commerciale con Telefónica e i suoi clienti. Ad oggi, oltre 800 startup hanno collaborato con la telco spagnola, generando valore non solo in termini di innovazione, ma anche di nuove linee di business.
Anche Orange ha costruito un proprio programma di open innovation, Orange Fab, che seleziona e supporta startup in grado di rispondere a bisogni tecnologici specifici del gruppo e dei suoi partner internazionali. Il programma non si limita al supporto finanziario o alla mentorship: l’obiettivo è l’integrazione commerciale, con pilot attivi in ambito cybersecurity, IoT e servizi fintech.
In Germania, Deutsche Telekom ha scelto di radicarsi nel cuore dell’ecosistema berlinese con Hubraum, un incubatore focalizzato su AI, XR, IoT e, più recentemente, su tecnologie quantistiche. Hubraum lavora a stretto contatto con le business unit del gruppo per testare le innovazioni in ambienti reali e creare sinergie tra startup e grandi clienti industriali.
A supporto di queste strategie, si affermano nuovi standard tecnologici aperti, capaci di rendere l’intero settore telco più flessibile e competitivo. Tra questi, spicca l’esperienza dell’O-RAN Alliance, un consorzio globale che promuove un’architettura aperta, modulare e interoperabile per le reti radio mobili (RAN). Questo approccio consente di disaggregare i componenti hardware e software della rete, favorendo l’ingresso di nuovi player e riducendo la dipendenza da vendor proprietari. Per le telco, ciò si traduce in maggiore controllo, rapidità evolutiva e opportunità di personalizzazione.
Telco e innovation: sfide e prospettive
Nonostante i successi, l’adozione dell’open innovation nel settore TLC non è priva di ostacoli. In Italia, le principali barriere riguardano la cultura aziendale ancora troppo verticale, la difficoltà nel gestire i processi di procurement con startup, la necessità di superare i silos interni e la mancanza di modelli di business condivisi.
Tuttavia, le prospettive sono promettenti: l’avvento del 6G, le reti autonome, l’intelligenza artificiale generativa e l’evoluzione delle smart city offriranno nuovi orizzonti per l’innovazione aperta. L’Unione Europea sta inoltre sostenendo con forza modelli di innovazione collaborativa, attraverso programmi come Horizon Europe, e misure di policy come il Digital Networks Act.
Per le telco italiane, il futuro dell’open innovation passa dalla capacità di diventare hub di innovazione territoriale, di aprirsi ai settori contigui (energia, mobilità, sanità) e di rafforzare il legame con le startup e il mondo della ricerca. In sintesi, si tratta di passare da una logica di fornitura a una logica di co-creazione, in cui la rete diventa piattaforma abilitante per nuovi servizi e nuovi modelli economici.
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