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«Imprese guardano al Nord Europa»


Con i dazi Usa in Italia sono a rischio oltre 6mila imprese, con più di 140mila addetti. A lanciare l’allarme è l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (Ice) nel rapporto 2024-2025. Secondo l’Agenzia tra le imprese a rischio ci sarebbero quelle di piccola dimensione, mentre tra i settori più esposti, ci sarebbero anche mobili, farmaceutica, bevande e prodotti in metallo. Imprese che secondo Ice esportano verso gli Usa oltre 11 miliardi di euro.

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«La situazione è molto critica – afferma l’economista dell’Università Politecnica delle Marche Alessia Lo Turco – : la prospettiva dei dazi e il deprezzamento del dollaro rispetto all’euro acuiscono le difficoltà delle esportazioni e questo ancora di più per la nostra regione che vede una tendenza in negativo nelle esportazioni regionali».

A risentire dei dazi, secondo l’esperta, «saranno tutti i prodotti esportati negli Stati Uniti». A pesare, aggiunge, è «anche l’incertezza in sé che ha un costo notevole e paralizza le attività delle aziende».

Tra i settori del Made in Marche più esposti al rischio di subire gli effetti negativi dei dazi ci sono «manifattura, abbigliamento e prodotti vitivinicoli, per la maggiore sensibilità della domanda alle variazioni dei prezzi».

Le imprese però non restano a guardare e corrono ai riparti, riorganizzandosi per fronteggiare l’instabilità generata dalla prospettiva dei dazi e dalle tensioni geopolitiche internazionali (guerra in Ucraina e conflitto in Medio Oriente), un periodo complesso che porta le aziende a guardare verso altri mercati.

Nelle Marche «ci sono centinaia di imprese che hanno iniziato un percorso di indagine conoscitiva tesa all’ispezionare opportunità soprattutto nel nord Europa – spiega il direttore di Cna Ancona, Massimiliano Santini -, finalizzata ad esportare i loro prodotti di nicchia. Si tratta prevalentemente di meccanica, abbigliamento, calzature, alimentari e tutto il comparto del legno, arredo. La meccanica la fa la padrona e qui le aziende sono mediamente più strutturate per raggiungere anche i mercati più distanti sia nel Far East, come Singapore, Cina, ma anche l’Iran e i paesi del blocco ex sovietico, caucasico, il Turkmenistan, sia gli States, passando per il Medio Oriente come hub commerciale, ma anche il mercato africano».

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Santini evidenzia che l’export «vede un consolidamento della presenza dei nostri piccoli imprenditori nel nord Europa, ma anche una nuova apertura verso i due estremi del globo, gli States e l’area indo pacifica, che offre oggi grande opportunità, pur mantenendo ancora dei rischi connaturati nella complessità dei mercati. Certamente i dazi impatteranno nella capacità di entrare in certi contesti, soprattutto complessi dal punto di vista logistico, tuttavia – conclude – i nostri imprenditori sono moderatamente fiduciosi che la qualità e l’unicità del prodotto made in Italy possano comunque cogliere l’interesse di un target di consumatori medio alto e scrollarsi di dosso eventuali appesantimenti e balzelli che si intravedono all’orizzonte».





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