EDITORIALE – Ci sono stati uomini in Basilicata, che – alla guida degli Enti che hanno diretto – hanno saputo interpretare e realizzare le idee, i progetti e i programmi dei Cattolici Democratici. Riservati, schivi, ma grandi lavoratori, hanno tradotto in fatti la grande intuizione della Dc lucana che intendeva favorire – con la propria azione politica -un interclassismo dinamico, una sorta di ascensore sociale, che permise a tanti poveri ed analfabeti di affrancarsi e affrancare i figli da quella condizione, in una prospettiva di sviluppo economico e sociale.
E’ grazie a questi uomini, alla fine degli anni ’80 del ‘900, la Regione Basilicata ha raggiunto risultati tali da consentirle di uscire dall’ “Obiettivo Uno” dell’Unione Europea e da ataviche condizioni di sottosviluppo.
Tra i tecnici in grado di mettere al servizio della Società la loro ricerca, i loro progetti e le loro realizzazioni c’è senz’altro Canio Glinni, che fu molto vicino ai più importanti politici ed amministratori democristiani di quegli anni: da Emilio Colombo, a Vincenzo Verrastro, a Decio Scardaccione e Tonio Boccia.
Nato ad Acerenza il 14 luglio 1927, laureato in Scienze Agrarie, fu assunto all’ Ente Irrigazione di Puglia e Basilicata e collaboratore, per il settore agricolo, del Prof. Rossi Doria; fu anche uno dei redattori del Piano di Sviluppo promosso dalla Camera di Commercio di Potenza guidata da Gabriele D’Aragona.
Eletto nel 1961 nel Consiglio Comunale di Potenza nella lista della Dc, fu Assessore ai Lavori Pubblici e – nel 1975 – fu candidato alla Provincia nel collegio di Acerenza. In tema di acqua, impianti di distribuzione e gestione irrigua era indispensabile.
Canio Glinni, tecnico di grande valore, fu tra gli artefici della ideazione, progettazione ed esecuzione dei più grandi Schemi Irrigui della Basilicata. Dal Rendina, all’Ofanto, da San Giuliano al Camastra, al Noce al Sauro. Oltre allo schema del Sinni, con l’invaso di Monte Cotugno, il più grande d’Europa in terra battuta; il Basento-Bradano, il Basento-Ofanto, l’Agri-Sinni, la Diga di Marsico Nuovo. E poi, schemi minori. Furono tutti da lui pensati diretti ed in parte eseguiti facendo superare la crisi idrica quando l’acqua negli anni 60 – 70 veniva erogata nei comuni solo per poche ore.
Purtroppo, la sua breve vita non gli ha concesso di vedere il frutto di tanti disegni, alcuni ancora oggi in fase di realizzazione. Ritardi che, sicuramente, la sua presenza avrebbe contribuito ad evitare, consentendo di scrivere una pagina diversa della storia delle nostre Opere Pubbliche e degli invasi in particolare. La sua – infatti – non era solo una competenza tecnica. Era in grado di fare anche valutazioni economiche. Considerava l’Irrigazione un elemento fondamentale per lo sviluppo dell’ agricoltura e – soprattutto – delle comunità.
Canio Glinni seppe esercitare in modo esemplare la sua funzione al servizio di tutte le Istituzioni Pubbliche, a cominciare dalla Regione Basilicata. Ideare, progettare, costruire e sperimentare: era questo l’iter che contraddistingueva il suo lavoro come dirigente dell’Ufficio Irriguo regionale negli anni ‘60-’70 del ‘900, il periodo più importante per la “partita delle acque” in Basilicata.
Canio Glinni – come ha scritto Vincenzo Verrastro ad un anno dalla sua scomparsa – pur appartenendo all’unico Ente che gestiva l’intera materia progettuale, esecutiva e gestionale dell’irrigazione in Puglia e Basilicata, fu un elemento di equilibrio fra gli interessi talvolta contrastanti fra le due regioni, senza mai venir meno al suo dovere primario di tutelare quelli della Basilicata. Il 27 dicembre 1966 su proposta di Aldo Moro il presidente della Repubblica Giuseppe Saragat conferì al giovane Canio Maria GLINNI 35 anni il titolo di cavaliere della Repubblica .
Un riconoscimento comunicato da Aldo Moro con telegramma al senatore Donato Pafundi con la motivazione del riconoscimento al dott . GLINNI di essere l’ispiratore della enorme quantità di progetti idrici nel trentennio 50-80 che hanno modificato l’economia e la geografia dell’intero meridione. Nel 1975, gli fu affidata la presidenza dell’IBRES, l’Istituto di Ricerca Economica Sociale e Programmazione, per la sua cultura, esperienza e preparazione tecnico-scientifica.
Un destino crudele, purtroppo, lo ha strappato troppo presto all’affetto della sua famiglia, dei suoi amici, delle Istituzioni, quando ancora poteva ed aveva tanto da dare! Ricordarlo, a 45 anni dalla sua scomparsa, il 20 luglio 1980, è rendere omaggio ad una personalità che è stato – senza dubbio – uno dei pilastri della crescita economica e sociale della nostra regione.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link