I rischi che caratterizzano gli ambienti di lavoro sono divisi dalla legge in più categorie. Considerati dal d. lgs. 81/2008 sono fisici, chimici, meccanici, ambientali-logistici, psicosociali, ergonomici-posturali ma anche biologici.
Ebbene, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo) è recentemente intervenuta proprio in materia di rischio biologico, adottando una Convenzione che rappresenta un importantissimo passo avanti per la tutela dei lavoratori contro i microorganismi nocivi. La novità è eclatante perché, come spiega Inail sul suo sito web, per la prima volta un trattato internazionale mira espressamente a tutelare i lavoratori dall’esposizione a virus, batteri, agenti patogeni e allergeni di origine vegetale o animale, con regole rigorose per la prevenzione e gestione degli incidenti.
Considerato l’evidente interesse per tutti coloro che lavorano con questa tipologia di rischio, vediamo allora più da vicino i risultati raggiunti nella giornata conclusiva della 113esima Conferenza internazionale del lavoro (Ilc) svoltasi recentemente a Ginevra.
La Convenzione C192 sul rischio biologico è il primo trattato internazionale in materia
Come appena accennato, l’Ilo ha adottato la Convenzione C192 – Biological Hazards in the Working Environment Convention – il primo testo di portata globale, che definisce obblighi precisi per governi e imprese su formazione, prevenzione, allerta e tutela dei lavoratori. Il rischio biologico non può più essere una variabile da accettare passivamente, ma un fattore contro cui agire in via preventiva.
Particolarmente interessante è notare che alla redazione del documento ha partecipato anche l’Italia, tramite Inail. La delegazione del nostro paese è stata nominata dal Ministero del Lavoro ed era formata anche da esperti della Consulenza tecnica salute e sicurezza centrale e del Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila). Potrà sorprendere ma soltanto ora, nel 2025, si giunge alla prima pietra miliare “internazionale” per la prevenzione dei rischi biologici sul lavoro.
La Convenzione inquadra questi pericoli, definendoli nello specifico, e si applica a tutti i settori e ambiti lavorativi, del pubblico e del privato. Tra i settori più esposti troviamo ad es. sanità, agricoltura, biotecnologie, gestione dei rifiuti o edilizia. Secondo le comuni regole, il testo sarà vincolante con il meccanismo della ratifica da parte dello Stato membro.
Quanto prima, gli Stati membri saranno quindi auspicabilmente mossi dalla volontà di integrare nella politica nazionale di sicurezza del lavoro una valutazione dei rischi biologici, che tenga conto del testo in oggetto. In particolare, l’Italia dovrà monitorare evoluzione e tendenze di questi pericoli, garantendo aggiornate misure di protezione e prevenzione.
La distinzione tra biological hazard e biological risk secondo la Convenzione Ilo
In particolare, nel testo del trattato internazionale si chiarisce che per “biological hazards“, si intendono fondamentalmente tutti i microrganismi, le cellule o le colture cellulari, gli endoparassiti o le entità microbiologiche non cellulari (compresi quelli geneticamente modificati), ma anche allergeni, tossine e sostanze irritanti di origine vegetale o animale, a cui si può essere esposti durante il lavoro e che possono causare danni all’uomo. I danni alla salute umana causati dall’esposizione a queste minacce nell’ambiente di lavoro, precisa la Convenzione, includono malattie e infortuni (che vanno tenute ben distinte tra loro).
Invece, con “biological risk” ci si riferisce alla combinazione della probabilità che si verifichi un evento pericoloso, causato dall’esposizione al rischio biologico, e della gravità delle lesioni o dei danni alla salute delle persone causati dall’evento stesso. La distinzione è importante perché costituisce una sorta di “vocabolario” di base per tutti coloro che saranno chiamati ad applicare le norme del trattato.
Gli impegni per autorità nazionali e datori di lavoro
Poco sopra abbiamo detto che l’Italia seguirà con attenzione il tema e, infatti, nella Convenzione si menziona espressamente la valutazione dei rischi biologici da parte delle autorità competenti, al fine di supportare l’elaborazione di un quadro normativo aggiornato e linee guida interne.
Questa valutazione dovrà tenere conto delle caratteristiche dei minacce, della disponibilità di diagnosi, della profilassi e trattamento efficaci e dei rischi per la salute pubblica in termini di diffusione alla popolazione o all’ambiente.
Perciò la Convenzione C192 richiede ai governi, ma anche alle aziende, di mettere in atto regole e protocolli aggiornati, dalla prevenzione al pronto intervento in emergenza. Accurate valutazioni periodiche dei rischi, sinergia con i lavoratori, utilizzo di dispositivi gratuiti di protezione individuale, formazione con aggiornamento periodico, e continua sorveglianza sulle condizioni ambientali e sanitarie sono e saranno elementi chiave per assicurare la piena consapevolezza dei dipendenti.
Non solo. Chi lavora a potenziale contatto con un rischio biologico, avrà diritto a essere consultato circa i rischi e le misure adottate e potrà accedere a cure mediche apposite, in caso di malattia correlata all’esposizione. Saranno inoltre garantiti strumenti di segnalazione riservati e protezione contro eventuali ritorsioni dell’azienda.
Gli Stati membri devono prevedere sistemi di reporting e registrazione per malattie professionali connesse a rischi biologici, inclusa la pubblicazione di statistiche annuali. Devono inoltre assicurare ispezioni, formazione per gli ispettori e sanzioni appropriate per chi viola le regole, garantendo così l’effettiva applicazione della Convenzione.
Le linee guida non vincolanti
L’Ilo ha dato il via libera anche a un atto non vincolante, ma comunque utile per una serie di istruzioni operative che offre alle autorità nazionali e alle aziende.
Si tratta della Raccomandazione n. 209 che, ad esempio, offre chiarimenti sui settori più esposti al rischio biologico (si pensi agli operatori sanitari, agli addetti alla raccolta rifiuti, ai ricercatori di laboratorio oppure agli addetti agli impianti di depurazione), sui sistemi di allerta precoce e sulla formazione. Infine, l’atto in oggetto raccomanda inoltre l’adozione di adeguate misure interne di tutela contro il licenziamento disciplinare per chi deve assentarsi dal lavoro, per rispettare obblighi sanitari di prevenzione.
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