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L’ondata di nuove assunzioni nei prossimi 5 anni: servono almeno 3 milioni di nuovi lavoratori. Le regioni con più occasioni e chi cercano le aziende


Le previsioni di Unioncamere anticipate dal Sole 24 ore sulla massiccia uscita dal mercato del lavoro dei pensionati e la necessità di coprire il turn-over. I laureati più ricercati dalle aziende e le opportunità, che non arriveranno solo dalle imprese del Nord

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Nei prossimi cinque anni, alle imprese italiane serviranno almeno 3,3 milioni di lavoratori, con punte fino a 3,7 milioni nello scenario migliore. È una massiccia operazione di reclutamento quella prevista dal report del sistema Excelsior di Unioncamere, realizzate con il ministero del Lavoro, anticipate dal Sole 24 ore. Da qui al 2029 potrebbero essere assunti fino a 3,7 milioni di lavoratori, cifra che scenderebbe a 3,3 milioni in caso di congiuntura economica sfavorevole.

L’ondata di pensionati e le nuove assunzioni

Lo scenario positivo si basa sulle stime di crescita del Pil contenute nel piano strutturale di bilancio del governo dello scorso settembre. Quello negativo considera invece i rischi che possono frenare l’economia: la frenata del commercio internazionale, i rincari nel settore dell’energia e delle materie prime, inflazione in accelerazione, difficoltà di accesso al credito e l’incertezza geopolitica globale, compresa la minaccia dei dazi americani. I nuovi posti di lavoro per lo più serviranno a rimpiazzare chi andrà in pensione. Il report stima oltre tre milioni di uscite dal mercato del lavoro per i prossimi cinque anni. Si tratta dell’82% del fabbisogno, nello scenario positivo, del 93% in quello negativo. I nuovi occupati saranno molti meno: tra 237mila e 679mila unità, a seconda dell’andamento economico.

In quali regioni ci saranno più opportunità di lavoro

In Lombardia si concentrerà oltre il 18% dell’intera domanda nazionale, con un fabbisogno stimato tra 592mila e 683mila nuovi occupati. Seguono a distanza il Lazio con 327-369mila unità, Veneto (280-321mila), Campania (280-314mila) ed Emilia-Romagna (275-313mila). Comunque l’intero Sud Italia, Isole comprese, secondo il report di Unioncamere esprime quasi il 30% del fabbisogno complessivo, con previsioni tra 977.800 e 1.093.900 ingressi. Il Nord Ovest si attesta al 28% (913.400-1.048.100 assunzioni), il Nord Est al 22% (719.800-819.800) e il Centro chiude con il 20% (668.300-759.600).

In quali settori si cercano più lavoratori

Sotto il profilo dei tipi di contratto, il quadro è variegato. I dipendenti privati restano la parte più consistente della domanda: fino a 2.181.900 assunzioni nello scenario positivo, 1.865.100 in quello negativo. I lavoratori autonomi potrebbero raggiungere quota 740.600 nello scenario migliore, fermandosi a 615.200 in quello peggiore. Il settore pubblico mantiene una domanda stabile di 798.900 dipendenti, indipendentemente dall’andamento macroeconomico. Per settori, i servizi la fanno da padrone con 2.423.100-2.740.500 ingressi previsti, seguiti dall’industria (755.000-873.000) e dall’agricoltura (101.100-108.000).

Il bisogno di lavoratori stranieri

Per quanto riguarda i lavoratori stranieri, nello scenario positivo se ne cercheranno circa 617mila nel settore privato, pari al 21,1% della domanda totale. La necessità di manodopera straniera si concentra particolarmente in agricoltura (34,3% del fabbisogno settoriale) e industria (28,1%). Per filiere, spiccano la moda con il 47,1% di fabbisogno straniero, seguita da mobilità e logistica (33%), agroalimentare (31,8%), costruzioni e infrastrutture (29,4%) e legno e arredo (27,8%).

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Il buco nero della formazione: i laureati che non si trovano

Sul fronte dell’istruzione, il 37-39% delle posizioni richiederà una formazione terziaria (laurea, diploma Its Academy o Afam), mentre il 45-46% del personale dovrà possedere un diploma tecnico-professionale quinquennale o qualifiche IeFP, quindi triennale. E torna l’atavico problema del mancato incrocio tra domanda e offerta, che Unioncamera quantifica in 44 miliardi di euro di mancato valore aggiunto, che avrebbe portato almeno a una crescita del Pil del 2,5%. I profili Stem, che siano ingegneri, matematici o laureati in materie scientifico-tecnologiche, restano i più difficili da trovare: secondo il report, i lavoratori necessari sono oltre il 60% degli ingressi previsti. Un dato superiore alla media del 45% della situazione attuale, cioè quasi un’assunzione su due.

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