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Bayer: 125 anni tra innovazione e agricoltura – Economia e politica


Non capita tutti i giorni di spegnere 125 candeline e, soprattutto, non tutte le aziende possono dire di aver attraversato più di un secolo di storia continuando a innovare. Ma Bayer sì. 

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Per l’occasione, la storica sede milanese si è trasformata in un hub di racconti, visioni e proposte: istituzioni, mondo scientifico e realtà industriali si sono ritrovati per discutere le sfide di oggi e di domani, in un settore – quello delle Life Science – sempre più strategico.

Dalla salute all’agricoltura, passando per la sostenibilità, Bayer continua a reinventarsi, con una missione ambiziosa: “Health for all, hunger for none” (Salute per tutti, fame per nessuno).

 

Agricoltura, tra innovazione e complessità

Tra i protagonisti dell’evento anche Patrick Gerlich, da agosto 2023 amministratore delegato di Bayer Crop Science Italia, intervistato per l’occasione da Ivano Valmori, ceo di Image Line®, direttore responsabile e giornalista di AgroNotizie®.

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Tedesco, trentenne e con alle spalle un percorso internazionale tra Europa, Americhe e Asia, Gerlich ha lavorato su fusioni, strategie digitali e sostenibilità. Dopo l’Indonesia, ha scelto l’Italia per continuare a innovare, mettendo sempre al centro gli agricoltori e le sfide globali del settore.

 

Ne è nata una conversazione a tutto campo: dalle sfide normative europee alla sostenibilità ambientale, dalle nuove tecnologie in campo al ruolo chiave dei giovani, fino ai temi caldi come il glifosate. Un’intervista ricca di spunti che riflette la complessità, ma anche le opportunità, del settore sia italiano sia europeo.

 

(Fonte: Ivano Valmori – AgroNotizie®)

 

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Durante l’evento per i 125 anni di Bayer Italia si è parlato molto del ruolo dell’agricoltura nella transizione ecologica e digitale. In che modo Bayer Crop Science interpreta oggi questa sfida e quale ruolo vuole giocare per il futuro dell’agricoltura italiana ed europea?

“Per me le due transizioni – ecologica e digitale – sono strettamente collegate. In realtà, è una transizione sola, perché non può esserci una vera transizione ecologica senza quella digitale. Ci serviranno tutte le innovazioni disponibili per rendere questa transizione non solo sostenibile dal punto di vista ambientale, ma anche commerciale.

 

Come Bayer, investiamo ogni anno oltre 2,5 miliardi di euro in innovazione, integrando genetica, chimica convenzionale, soluzioni biologiche e strumenti digitali. L’obiettivo è offrire agli agricoltori una gamma completa e adattabile alle diverse realtà produttive. Perché coltivare in Piemonte non è come coltivare in Sicilia: le esigenze cambiano e servono risposte su misura.

 

L’Italia è un Paese agricolo unico, ma anche estremamente complesso: 19 regioni, 2 province autonome, oltre 350 colture diverse. Una frammentazione che richiede grande capacità di adattamento, anche per noi. Ma proprio questa diversità rappresenta un punto di forza, perché in un contesto globale instabile – tra mercati, prezzi e dazi – è anche una forma di resilienza: se una coltura soffre, un’altra può resistere.

Per questo Bayer continua a investire in Italia, non solo per una crescita bilanciata, ma perché qui troviamo le condizioni ideali per applicare concretamente le innovazioni sviluppate a livello globale, una volta registrate in Europa”.

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In che modo le soluzioni Bayer contribuiscono concretamente a migliorare la sostenibilità e la redditività delle aziende agricole italiane? Può farci un esempio concreto?

“Certo, faccio un paio di esempi, anche se va detto che ormai la sostenibilità è diventata un criterio fondamentale all’interno dei nostri processi di ricerca e sviluppo. Dieci, vent’anni fa, le priorità nella nostra pipeline R&D erano guidate principalmente dalla valutazione economica del business case. Oggi, invece, non portiamo avanti alcun prodotto se non è in grado di contribuire chiaramente alla transizione sostenibile, soprattutto dal punto di vista ambientale.

È un vero e proprio cambio di paradigma: abbiamo preso atto che se un prodotto non è sostenibile, semplicemente non ha futuro sul mercato.

 

Questo approccio è diventato tanto importante quanto il ritorno economico. Ed è un passaggio che avviene già nelle primissime fasi della ricerca.

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In Italia, riceviamo le innovazioni sviluppate a livello globale e ci impegniamo per adattarle e trasformarle in soluzioni concrete, in casi d’uso reali che aiutino gli agricoltori italiani ad affrontare le sfide di ogni giorno. Oggi la nostra visione per il futuro mette al centro l’agricoltura rigenerativa ma, attenzione, non ci poniamo come protagonisti. Il nostro obiettivo è essere il partner preferenziale degli agricoltori italiani, offrendo strumenti e soluzioni che li aiutino a rendere il loro modo di fare agricoltura sempre più rigenerativo”.

Quanto è importante per voi il dialogo con agricoltori, associazioni e mondo della ricerca? Come Bayer coinvolge gli stakeholder agricoli nei processi di innovazione?

“Ci sono diversi modi in cui coinvolgiamo agricoltori, associazioni e mondo della ricerca. Alcuni sono più tradizionali, come la partecipazione a eventi, le collaborazioni con università e ricercatori o le prove in campo.

Ma quello su cui stiamo puntando è un contatto diretto e continuo con chi lavora ogni giorno sul campo. Oltre al lavoro quotidiano della nostra rete sul territorio, circa un anno e mezzo fa abbiamo rivisto l’intera struttura organizzativa, superando il classico modello verticale.
Abbiamo messo il cliente al centro. E per “cliente” intendiamo tanto l’agricoltore quanto il distributore.

 

Siamo partiti da una domanda semplice, ma profonda: ‘Come dobbiamo organizzarci per servire al meglio il cliente?’
Da lì abbiamo capovolto il modello: invece di decidere dall’alto cosa fare in Puglia o in Veneto, partiamo dai bisogni espressi dal campo. Il mio compito, a quel punto, è creare le condizioni organizzative e trovare le risorse per rispondere concretamente a quelle esigenze.

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È un cambiamento radicale. Siamo ancora nel pieno della trasformazione, ma i primi risultati si vedono, soprattutto in termini di vicinanza tra la sede centrale di Milano e la realtà quotidiana dei nostri clienti.
Per noi questo è il cuore dell’innovazione: ascolto continuo, struttura flessibile e centralità del cliente.

Il settore agricolo è al centro di nuove direttive europee, tra Green Deal e riduzione degli input chimici. Come si concilia l’innovazione di Bayer Crop Science con queste normative?

“È sicuramente una sfida. Lo è sempre stata, soprattutto per la parte chimica del nostro portafoglio. Anche vent’anni fa l’accettazione degli agrofarmaci convenzionali da parte dei consumatori non era maggiore di oggi.
Detto questo, va ricordato che tutti i prodotti che sviluppiamo e immettiamo sul mercato a livello globale sono registrati e sicuri.
Vale la pena sottolinearlo: servono oltre sette anni e più di 100 milioni di euro solo per test, prove e iter registrativi. È un lavoro rigoroso e complesso.

C’è una differenza sostanziale tra un agrofarmaco registrato e altre categorie come corroboranti, sostanze di base o biostimolanti. Un agrofarmaco deve superare prove di efficacia e test sui residui, obblighi che gli altri non hanno. Il risultato è un prodotto efficace e sottoposto a controlli molto più severi.

Rispetto a qualche anno fa, oggi percepisco un clima più aperto e costruttivo.

 

Con la precedente Commissione europea, il Green Deal e il Farm to Fork erano impostati in modo molto rigido, quasi idealistico, con poco spazio al dialogo. Ora, anche grazie al lavoro delle associazioni agricole – italiane ed europee – si è capito che non si possono eliminare le innovazioni senza avere alternative valide e pronte.

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C’è più consapevolezza: la sostenibilità è necessaria, ma servono strumenti efficaci e soluzioni economicamente sostenibili. Questo mi rende più ottimista.

Naturalmente, resta una sfida: una parte importante del nostro fatturato arriva ancora dalla chimica convenzionale, ma si tratta di prodotti di alta qualità e frutto di continua innovazione.

Al tempo stesso, stiamo riequilibrando il nostro portafoglio: cresce la quota di soluzioni di origine naturale e ammesse in agricoltura biologica, e lavoriamo per integrarle con i prodotti esistenti, migliorandone l’efficacia. È questa la direzione che stiamo seguendo in Europa.

Voglio ribadirlo: i nostri prodotti sono sicuri. Lo sono sempre stati. E non metteremo mai sul mercato nulla che non rispetti gli standard europei.

 

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Patrick Gerlich durante l’evento dei 125 anni

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(Fonte: Bayer Crop Science)

 

Il glifosate è uno degli agrofarmaci più discussi. Qual è oggi la posizione di Bayer su questo tema e che garanzie potete offrire agli agricoltori e ai consumatori?

“È una discussione complicata, ma in realtà il tema è abbastanza semplice: glifosate è in uso da oltre 40 anni, anche in Italia, e le polemiche degli ultimi anni si scontrano con il consenso scientifico della maggior parte delle istituzioni internazionali.
Parliamo dell’Epa negli Stati Uniti, dell’Efsa in Europa e di molte altre autorità che, dopo valutazioni ripetute, continuano a confermare che, se usato correttamente, glifosate è sicuro.

 

Ci dispiace che esistano casi che generano allarme, perché creano difficoltà anche agli agricoltori, limitando l’uso di strumenti che restano fondamentali. 

Siamo in dialogo costante con le istituzioni e gli enti regolatori, per garantire che ogni decisione sia fondata su dati scientifici solidi. Anche in Italia.
Il nostro impegno non è solo legato all’importanza commerciale del prodotto, ma anche al suo valore per la competitività del settore agricolo e, più in generale, per la sovranità alimentare europea.

 

Per quanto riguarda la trasparenza, abbiamo reso pubblici tutti i dati disponibili: oltre 1.500 studi – di cui 100 nuovi – condotti da istituzioni indipendenti confermano la sicurezza del glifosate. Tutti questi studi hanno composto un dossier di rinnovo di oltre 180mila pagine che rappresenta il più grande e accurato della storia. 

È vero che esistono anche studi con conclusioni diverse – come quello recente dell’Istituto Ramazzini – ma si tratta di valutazioni condotte con metodologie differenti da quelle richieste a livello regolatorio.

Noi ci basiamo sui dati scientifici ufficiali e disponibili. Abbiamo piena fiducia in essi, e per questo continueremo a commercializzare il prodotto finché sarà consentito.

Che messaggio vuoi lanciare ai giovani che si affacciano oggi al mondo dell’impresa agricola?

“L’agricoltura di oggi non è più quella di una volta: è un settore ricco di innovazione e i giovani lo stanno capendo sempre di più. Posso dirlo anche per esperienza personale: fino a poco tempo fa ero anch’io uno di loro.

Oggi si parla molto del bisogno di fare un lavoro che abbia un senso, un impatto positivo. Parliamo di nutrizione globale, ma anche di tutela ambientale: produrre cibo e allo stesso tempo proteggere le risorse naturali.

Se riusciamo a comunicare meglio tutto questo, possiamo cambiare la percezione del settore: non più vecchio o in crisi, ma un mondo dove fare davvero la differenza.

Io credo che le opportunità in agricoltura siano molto più grandi dei rischi. Servono impegno, passione e investimenti, ma soprattutto una nuova generazione pronta a crederci. Perché tra qualche anno, se non coinvolgiamo i giovani, sarà difficile andare avanti.

 

Aggiungo una cosa: l’agricoltura non avrà mai un vero ‘sostituto’. Possiamo digitalizzare, automatizzare, usare l’Ia… ma la produzione di cibo resterà sempre una necessità fondamentale.

Scegliere questo settore significa scegliere un lavoro sicuro, ma anche un impatto reale sul mondo – sul cibo, sull’acqua, sull’ambiente in cui viviamo.
È una responsabilità grande, ma anche un’opportunità bellissima”.

Quali sono le soluzioni e innovazioni più recenti che Bayer Crop Science ha introdotto o sta per introdurre nel mercato italiano?

“Tutte le innovazioni che portiamo sul mercato hanno un obiettivo chiaro: aumentare la produttività degli agricoltori, tutelando le risorse naturali. È questo che guida il nostro lavoro, a prescindere dal tipo di tecnologia.

Sul fronte della genetica, stiamo lavorando su nuovi ibridi di mais, sia completamente inediti che come parte del nostro programma di life cycle management, con miglioramenti continui anche su linee già esistenti.

 

Per la protezione delle colture, stiamo rilanciando prodotti storici come Decis, un insetticida ora con etichetta estesa su più colture, e introducendo nuove soluzioni biologiche, sviluppate anche con il contributo diretto di agricoltori italiani.

Abbiamo poi la linea Vynyty basata sulla confusione sessuale disponibile per frutta, vite e orticole.

Sempre in ambito biologico, lanceremo Elizea, un biostimolante che migliora la resistenza alla siccità e garantisce stabilità delle rese, valorizzando l’investimento genetico.

 

Anche sul fronte digitale stiamo evolvendo. FieldView continua a crescere: stiamo migliorando compatibilità e funzionalità, per offrire agli agricoltori strumenti sempre più personalizzati.

Questi sono solo alcuni esempi. Molti sono già disponibili, altri arriveranno nei prossimi mesi. Ma la direzione è chiara: innovare in modo concreto e applicabile, direttamente in campo”.

 

Sul finale dell’intervista, Ivano ha rivolto a Patrick un’ultima domanda.

Cosa ti auguri per l’agricoltura italiana?

Non mollare – ha risposto Patrick -. Non so se è una risposta accettabile, ma è la prima che mi viene in mente. Perché oggi più che mai serve resilienza. Le difficoltà ci sono, è vero, ma l’opportunità è enorme, pazzesca, come diciamo noi. Dobbiamo solo prenderla. E per questo serve continuare ad andare avanti, prendendo tutta l’innovazione che esiste sul mercato e imparando a usarla nel modo giusto. Noi siamo qui anche per questo: per stare al fianco degli agricoltori italiani e aiutarli a farlo al meglio”.

 

Bayer, anche sui francobolli

Presente in Italia dal 1899, Bayer ha celebrato questo traguardo con un riconoscimento speciale da parte del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, che gli ha dedicato un francobollo.

 

Stampato dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. in 225mila esemplari e a cura del bozzettista Matias Hermo, il francobollo appartiene alla serie tematica “Le eccellenze del sistema produttivo e del made in Italy” dedicata al settore farmaceutico. Una serie che celebra la capacità imprenditoriale riservata ad aziende che, come Bayer, hanno portato innovazione e valore al tessuto economico e sociale italiano.

 

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(Fonte: Bayer)

 

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