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le PMI campane corrono tra rischi e nuove chance


Le imprese campane oscillano fra l’allarme per i nuovi dazi statunitensi e le promettenti agevolazioni introdotte dalla Zes unica, mentre intelligenza artificiale e passaggio generazionale ridisegnano modelli organizzativi e competitività in un contesto di rapida evoluzione.

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

Il colpo dei dazi statunitensi sull’export campano

L’annuncio proveniente dall’amministrazione Trump di applicare dal 1° agosto un dazio aggiuntivo del 30% sui prodotti europei ha fatto scattare un campanello d’allarme nei distretti produttivi della Campania. In un colloquio con il nostro giornale, Antonio Cennamo, vicepresidente del Gruppo Piccola Industria dell’Unione Industriali di Napoli, riconosce che «il clima di incertezza sta già incidendo sulle decisioni quotidiane delle aziende». Molte pmi, spiega, hanno congelato ordini di materia prima e rivisto le stime di vendita Oltreoceano, temendo che l’impatto doganale possa tradursi in un’immediata contrazione dei margini. Il timore dominante è di non avere il tempo necessario per riadattare listini e logistica prima che la nuova barriera tariffaria diventi operativa.

In base ai dati elaborati dall’associazione, gli Stati Uniti assorbono tra il 9 e il 12% delle vendite estere campane: nel 2024 ciò equivale a circa 1,2 miliardi di euro. Le merci maggiormente esposte spaziano dall’agroalimentare – formaggi, conserve, vini – alla moda, senza trascurare componentistica automotive e aerospazio. Un dazio così elevato rischia di rendere meno competitivo il made in Campania rispetto a concorrenti extra-Ue: l’onere doganale verrebbe infatti scaricato sul prezzo finale oppure assorbito dalle imprese, comprimendo utili e capacità di investimento. Di fronte a questa prospettiva, l’intero ecosistema si interroga sul proprio posizionamento internazionale.

Contromisure e scelte strategiche delle imprese

Per arginare l’onda d’urto, l’Unione Industriali di Napoli suggerisce alle aziende di accelerare la diversificazione geografica, puntando su mercati con dazi più contenuti o con accordi preferenziali già in vigore. Secondo Cennamo, ciò significa intensificare la presenza in Medio Oriente, Sud-Est asiatico e America Latina, senza però sacrificare il radicamento negli Usa. Parallelamente, la parola d’ordine è qualità certificata: tracciabilità, sostenibilità di filiera e logiche di branding ad alto valore aggiunto vengono considerate leve decisive per ridurre la pressione sui prezzi. L’obiettivo è uscire dalla guerra dei listini e competere sulla reputazione del prodotto.

Al di là delle scelte aziendali, il vicepresidente dell’associazione ritiene indispensabile un intervento delle istituzioni nazionali e di Bruxelles. Viene chiesto un pacchetto di misure di compensazione – dagli aiuti temporanei di Stato a linee di finanziamento dedicate – in grado di neutralizzare, almeno in parte, l’extra-costo doganale. «Le pmi non possono essere lasciate sole in un contesto così volatile», avverte. Prima che la tensione sfoci in un’escalation di dazi incrociati, serve una risposta compatta capace di tutelare le eccellenze manifatturiere e occupazionali del territorio.

Zes unica, nuovo scenario di sviluppo per il Mezzogiorno

La contemporaneità delle preoccupazioni sui dazi trova un contraltare positivo nell’entrata a regime della Zes unica, che per la prima volta offre al Sud un quadro normativo e fiscale omogeneo. L’eliminazione della precedente frammentazione tra zone economiche separate consente alle imprese di elaborare piani industriali con maggiore chiarezza e tempi autorizzativi ridotti. Cennamo osserva che, da quando il provvedimento è operativo, «si registra un netto risveglio dell’iniziativa imprenditoriale», favorito da incentivi cumulabili con le agevolazioni ordinarie. La Campania intravede così la possibilità di rafforzare il proprio ruolo di ponte logistico nel Mediterraneo.

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I numeri citati dal rappresentante industriale parlano di decine di progetti superiori alla soglia minima dei 200mila euro, con punte che oltrepassano i 20 milioni di investimento in logistica integrata, agroalimentare evoluto, manifattura avanzata e meccatronica. Oltre la metà delle domande pervenute all’organo di gestione della Zes, sostiene Cennamo, riguarda proprio la Campania, che si conferma l’area più attrattiva per capitali esteri e nazionali. Il messaggio è chiaro: quando le regole sono semplici e stabili, il Mezzogiorno diventa competitivo.

Credito d’imposta: procedura da snellire

Nonostante il successo dell’iniziativa, rimangono criticità operative legate al meccanismo del credito d’imposta. Oggi le imprese devono prenotare la quota agevolativa e presentare una rendicontazione a consuntivo che, di fatto, procrastina nel tempo la monetizzazione dell’incentivo. Secondo l’Unione Industriali, questa articolazione rallenta gli investimenti più corposi, costringendo le pmi a sostenere anticipi finanziari gravosi. Velocizzare la fruizione significherebbe trasformare subito l’intenzione di investimento in cantieri reali, con ricadute immediate su occupazione e indotto.

La proposta è duplice: semplificare la documentazione necessaria e prevedere un meccanismo di riconoscimento automatico, magari tramite piattaforma digitale, nei limiti delle risorse stanziate. «Se non si interviene presto – ammonisce Cennamo – rischiamo di disperdere l’entusiasmo degli investitori internazionali che hanno scelto il Sud per le sue nuove condizioni fiscali». L’associazione vede con favore la creazione di un tavolo permanente tra Agenzia delle Entrate, ministeri competenti e rappresentanze datoriali per individuare soluzioni condivise. La semplificazione è, in ultima analisi, il vero fattore competitivo dei territori.

Intelligenza artificiale: leva competitiva imprescindibile

Nel panorama campano, la diffusione dell’intelligenza artificiale è ancora embrionale: solo una parte ristretta delle pmi, in linea con il dato nazionale del 6% tra le imprese con almeno dieci dipendenti, ha già integrato algoritmi di machine learning o soluzioni di automazione evoluta. Eppure, sottolinea Cennamo, l’IA si sta rivelando un driver essenziale di produttività, capace di ridurre gli sprechi, ottimizzare la manutenzione predittiva e aprire nuovi canali di vendita digitali. La sfida è trasformare la curiosità tecnologica in vantaggio economico misurabile.

Il sistema associativo propone un percorso in quattro tappe: formazione mirata di imprenditori e dipendenti, accesso agevolato a strumenti finanziari dedicati alla digitalizzazione, creazione di ecosistemi tecnologici locali che mettano in rete università, Digital Innovation Hub e centri di ricerca, e, infine, la diffusione della cultura dell’innovazione dentro le filiere più tradizionali. A livello politico, si ipotizza un credito d’imposta specifico per l’IA, ritenuto decisivo per accompagnare le aziende in un’evoluzione che possa tradursi in maggiore apertura ai mercati internazionali e in un incremento strutturale dell’efficienza operativa. Guardare avanti ora significa investire in cervelli digitali tanto quanto in macchinari.

Ecosistemi tecnologici in crescita

Nel territorio campano si moltiplicano le collaborazioni fra atenei, start-up e aziende mature. I bandi regionali, spesso affiancati da risorse europee, favoriscono la nascita di laboratori congiunti in cui sperimentare tecnologie di visione artificiale, robotica collaborativa e analisi predittiva. Cennamo rileva che la contaminazione fra ricerca e produzione sta riducendo il divario tra idea e prototipo, accelerando l’immissione sul mercato di soluzioni su misura per i distretti locali. È un segnale di vitalità che ridisegna la mappa dell’innovazione dal centro alla periferia.

Tuttavia, l’adozione di IA su larga scala richiede un tessuto imprenditoriale preparato a gestire le ricadute etiche, occupazionali e di sicurezza informatica. L’associazione insiste su un approccio bilanciato: investire in cyber-security, aggiornare i contratti di lavoro alle nuove competenze digitali e coinvolgere i sindacati nelle scelte di automazione. Solo un ecosistema che coniuga tutela e slancio innovativo può garantire un progresso condiviso e duraturo.

Passaggio generazionale: sfida di continuità e innovazione

Fra le preoccupazioni che animano gli imprenditori campani figura anche il passaggio generazionale. Tra il 2016 e il 2023, circa il 10% delle pmi italiane ha cambiato guida, ma, complice l’inverno demografico, si stima che il 30% delle imprese prossime alla transizione possa trovarsi senza un successore preparato. Cennamo invita a concepire la successione non come un evento improvviso, bensì come un processo da preparare anni prima, attraverso formazione manageriale, definizione chiara dei ruoli e graduale coinvolgimento dei giovani in ruoli decisionali. Pianificare per tempo significa preservare il patrimonio di competenze e relazioni accumulato nel tempo.

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Le nuove generazioni mostrano sensibilità marcate verso sostenibilità ambientale, digitalizzazione e apertura ai mercati globali. Molte realtà campane stanno sperimentando l’inserimento di manager esterni per affiancare o integrare la guida familiare, portando know-how strutturato e una visione internazionale. Il cambio di testimone diventa così un’occasione per ripensare il modello di business, senza rinnegare le radici. Tale processo, insiste l’associazione, permette di valorizzare l’approccio innovativo dei giovani senza disperdere la memoria storica dell’impresa, creando un equilibrio virtuoso fra continuità e cambiamento.

Finanza per la successione e nuovi investitori

Tra gli strumenti che facilitano una staffetta generazionale ordinata spicca l’apertura del capitale aziendale. Secondo Cennamo, l’ingresso di partner finanziari o la quotazione su Euronext rappresentano soluzioni concrete per acquisire risorse destinate alla crescita, distribuendo nel contempo il carico di responsabilità tra il fondatore e i successori. La finanza di mercato, se ben gestita, può trasformarsi da semplice fonte di liquidità a propellente di innovazione e trasparenza. Questo passaggio, oltre a rafforzare la governance, impone una maggiore disciplina nella rendicontazione e nelle strategie di medio termine, aspetti che si riflettono positivamente sulla credibilità verso banche e stakeholder.

Non mancano esempi di imprese che, grazie a tale apertura, hanno accelerato percorsi d’internazionalizzazione e digitalizzazione, contribuendo a rinvigorire la catena del valore regionale. Tuttavia, avverte l’Unione Industriali, il successo dipende dalla capacità di accompagnare l’operazione con un reale cambio di governance e con piani industriali solidi. I numeri dimostrano che continuità e rinnovamento possono coesistere, purché siano supportati da strategie lucide e da un capitale umano preparato ad affrontare le trasformazioni dell’economia contemporanea.



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