(Articolo pubblicato su L’Economista, inserto de Il Riformista)
C’erano una volta le zingarate di Amici miei: partenze “senza meta e senza scopi”, improvvisate, anarchiche, fatte di mappe cartacee. Oggi, quei viaggiatori avrebbero in tasca un assistente virtuale capace di proporre l’itinerario perfetto in base al meteo, agli interessi culturali, al livello di affollamento previsto e persino all’impronta ecologica. La tecnologia e l’intelligenza artificiale hanno innescato una trasformazione profonda, che riguarda tanto le abitudini dei turisti quanto il modo in cui il sistema Paese organizza la propria offerta e immagina le politiche pubbliche per il comparto.
Secondo un’indagine Doxa per Trainline pubblicata nei giorni scorsi, il 91% degli italiani utilizza strumenti basati su IA per pianificare viaggi, gestire prenotazioni e organizzare itinerari personalizzati. Una rivoluzione resa possibile da tecnologie mature e ormai mainstream, capaci di ottimizzare e personalizzare l’esperienza turistica. L’intelligenza artificiale è diventata una bussola digitale: invisibile, ma sempre più presente.
Le strategie di governance e promozione del turismo non sono immuni a questa trasformazione: l’IA, infatti, consente alle amministrazioni pubbliche, alle aziende e agli operatori territoriali di monitorare i flussi, prevedere la domanda, organizzare l’offerta e distribuire i visitatori sul territorio, riducendo la pressione nei luoghi sovraffollati e valorizzando aree meno conosciute.
«L’IA è uno strumento potente» dichiara l’On.Gianluca Caramanna, Consigliere del Ministro del Turismo, durante una conferenza stampa su questi temi ospitata martedì al Senato della Repubblica «a cui non possiamo affidarci senza una strategia per governarlo. È fondamentale che sia sempre l’uomo a mantenere il controllo sui contenuti e che l’intelligenza artificiale non si sostituisca all’esperienza umana, ma la affianchi».
La rilevanza del tema è stata ribadita dalla ministra Santanchè nel corso di un intervento all’Ocse, annunciando l’intenzione del Ministero del Turismo di realizzare un incubatore internazionale permanente per l’IA applicata al turismo, a guida italiana, per rafforzare la collaborazione tra governi, esperti e imprese, con un focus particolare su formazione, innovazione e PMI. «Èchiaro» – continua Caramanna – che il futuro vada sempre di più in questa direzione e le istituzioni hanno la responsabilità di accompagnare questa transizione. Alla Camera abbiamo da poco licenziato il decreto sull’IA, stiamo rimettendo mano al Piano Strategico per il Turismo 2023-2027 includendo l’intelligenza artificiale che è stata uno dei temi centrali dell’agenda durante il G7 Turismo, per la prima volta ospitato in Italia».
Nel frattempo, il mercato sta rispondendo con numeri significativi. Secondo un’analisi di Cognitive Market Research, il valore dell’IA applicata al turismo in Italia nel 2025 è stimato in oltre 78 milioni di dollari, con un tasso di crescita annuo di oltre il 27%. I benefici economici sono evidenti: una ricerca Eurispes suggerisce che le aziende del settore che hanno integrato l’IA nella loro operatività hanno registrato un aumento medio del 20% nei profitti e una riduzione del 15% nei costi operativi. A livello macro, i dati WTTC parlano chiaro: nel 2023 il turismo ha contribuito per 215 miliardi di euro al PIL italiano, con oltre 3 milioni di posti di lavoro, e le stime per il 2025 indicano un’ulteriore crescita.
La posta in gioco non è solo economica, ma anche culturale e politica. Governare la transizione digitale significa difendere l’identità dei territori, promuovere un turismo più consapevole e sostenibile, rafforzare la competitività nazionale. Il rischio, altrimenti, è sostituire le “zingarate” con viaggi tutti uguali, preconfezionati da un algoritmo. Il compito delle istituzioni è fare in modo che l’IA non spenga la libertà del viaggiatore, ma diventi una leva per valorizzare il meglio del nostro patrimonio umano e naturale.
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