[Publiredazionale in collaborazione con “Concetto è”]
C’è chi fa impresa contando le cifre. E c’è chi, oltre ai numeri, guarda le persone, l’ambiente, il contesto in cui opera. Sempre più aziende stanno scegliendo questa seconda strada, che porta a incontrare il Terzo Settore. Non solo per “fare del bene”, ma per costruire qualcosa che abbia radici profonde, visione, impatto.
Quando un’azienda e un ente non profit si mettono fianco a fianco, succede qualcosa che separatamente non potrebbero mai fare. Le imprese portano capitale, know-how, struttura. Gli ETS portano il cuore, il territorio euna direzione chiara: essere utili, davvero.
Il risultato? Un impatto che non si limita a fare “bella figura”. Ma che cambia le cose. Per le persone. Per il pianeta. Per tutti.
Concetto è: come si può tradurre un valore in gesto
Il legame tra aziende e Terzo Settore non è più solo teoria: è entrato a pieno titolo nel modo in cui si parla – e si pratica – la Responsabilità Sociale d’Impresa. Eppure, servono esempi concreti che mostrino cosa significa davvero “fare rete” in modo virtuoso.
Concetto è lo dimostra ogni giorno. Sostenere attivamente un ente del Terzo Settore non è solo una scelta etica: è un passo dentro un circolo virtuoso, dove la crescita economica si intreccia in modo armonico con la sostenibilità sociale.
Le imprese che scelgono consapevolmente di adottare comportamenti responsabili possono affidarsi a gadget promozionali ecosostenibili offerti da questo punto di riferimento italiano, che per gli enti del Terzo Settore propone sconti dedicati. In questo modo, ogni gadget diventa simbolo di un impegno concreto, visibile e misurabile.
Il volontariato fattivo
C’è un tipo di volontariato che non si vede nei telegiornali. Niente pettorine, niente raccolte fondi con lo scatolone. È un volontariato fattivo, dove i dipendenti di un’azienda mettono a disposizione ciò che sanno fare meglio: una consulenza, una strategia digitale, una revisione dei processi, una formazione mirata.
Questo è il volontariato che lascia il segno. Quello che aiuta un ETS a strutturarsi, a evolvere, a trovare risorse.
E quando le imprese si legano a start up sociali, nasce qualcosa di ancora più potente: innovazione condivisa, fatta di soluzioni concrete, pensate insieme. Qui il valore economico e l’impatto sociale non si escludono: si rafforzano a vicenda.
Scambio alla pari, benefici reciproci
Spesso si pensa che le imprese diano e gli ETS ricevano. Ma non funziona così. Non più. L’impresa porta struttura, solidità, visione. Il Terzo Settore offre sensibilità sociale, ascolto del territorio, connessione con le persone.
È uno scambio, non una donazione. L’ente non profit guadagna stabilità, organizzazione, strumenti. L’azienda diventa più credibile, guadagna fiducia, costruisce reputazione. E intanto, le comunità locali ricevono servizi migliori, risposte più efficaci, presenza concreta. Non promesse. Azione.
I nodi da sciogliere, la strada non è tutta in discesa
Certo, non è una passeggiata. Quando due mondi così diversi si incontrano, qualche inciampo è inevitabile. Tempi diversi. Modi diversi di lavorare. Visioni da allineare. Serve ascolto. Serve pazienza. Serve capacità di mediazione.
E poi ci sono questioni pratiche: la fiscalità, i budget ibridi, la difficoltà di misurare l’impatto in modo serio. Ma sono ostacoli, non muri. Basta guardarli per quello che sono: passaggi da affrontare insieme, non problemi insormontabili.
Fiducia, numeri e collaborazione: gli strumenti giusti esistono
Costruire un’alleanza che funzioni non si improvvisa. Servono strumenti adatti. Uno su tutti: l’amministrazione condivisa. Una modalità che parte dal principio di sussidiarietà e che mette insieme cittadini, enti e istituzioni. Tutti sullo stesso piano.
E poi c’è la Valutazione d’Impatto Sociale. Uno strumento che traduce le azioni in risultati. Che racconta, con numeri e storie, ciò che spesso resta invisibile. E che permette a tutti – stakeholder, donatori, partner – di credere in qualcosa di concreto.
Le imprese sociali: quel ponte naturale tra profitto e missione
In mezzo tra il fare impresa e il “fare bene” c’è chi ha deciso di fare entrambe le cose, insieme. Sono le imprese sociali.
Non sono un compromesso: sono una nuova forma di impresa. Hanno una missione sociale, ma sanno reggere il mercato. Generano valore economico, ma con lo sguardo rivolto all’impatto. La Riforma del Terzo Settore le ha riconosciute, finalmente, per quello che sono: protagoniste di un cambiamento reale. E forse, la chiave di volta per il futuro.
L’Italia che funziona: quando il territorio si muove
Nel nostro Paese, le buone pratiche non mancano. Ce ne sono ovunque. Piccole e grandi. Dal nord al sud. Realtà territoriali dove aziende e ETS lavorano fianco a fianco, e fanno la differenza, sul serio.
Grazie anche a una normativa più chiara, oggi è più facile costruire alleanze strategiche, per promuovere la cultura della valutazione, sostenere chi innova, valorizzare il volontariato di competenza. Non si tratta di sperimentare. Si tratta di trasformare in modello ciò che già funziona.
Non un’eccezione, ma una nuova normalità
L’obiettivo? Far sì che questo modo di lavorare insieme diventi la regola. Non il “caso raro”, ma il modello dominante. Dove impresa e Terzo Settore non sono mondi separati, ma due lati della stessa visione.
Una visione fatta di inclusione, sostenibilità, innovazione sociale, cura dei territori. E i risultati? Si
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