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Commento Capital Group – Mercati azionari, nuovi catalizzatori di crescita « LMF Lamiafinanza


Le multinazionali diventano multi-local, con il cambio di rotta della globalizzazione

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L’aumento dei dazi e le guerre commerciali in corso rappresentano una minaccia per le imprese multinazionali, che sembrerebbero le più impattate dalle attuali problematiche dei commerci globali. In realtà, molte multinazionali sono ben posizionate per affrontare la tempesta – semplicemente perché navigano acque turbolente già da anni.

Molte multinazionali stanno sviluppando un approccio ‘multi-local’ al business, avvicinandosi ai clienti nei Paesi in cui operano. Stanno trovando nuove modalità per adattarsi e avere successo indipendentemente dalle circostanze.

L’ultimo esempio è il colosso industriale tedesco Siemens, che ha recentemente inaugurato un impianto di produzione di apparecchiature elettriche da 190 milioni di dollari a Fort Worth, Texas. Le società statunitensi, che notoriamente fabbricano i loro prodotti all’estero, stanno adottando il medesimo approccio. Apple ha recentemente annunciato che investirà 500 miliardi di dollari in nuovi impianti di produzione negli USA nei prossimi quattro anni.

Questo è un modo per aggirare i dazi.

Verrebbe da pensare che le società orientate al mercato domestico siano posizionate nella maniera ideale in questo contesto commerciale. Alcune, infatti, lo sono. Ma le società multinazionali e diversificate su scala globale hanno la flessibilità, le risorse e le competenze gestionali per competere in maniera molto efficace, anche quando il contesto è incerto.

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Europa: nuovi catalizzatori e innovazione

L’Europa ha raggiunto un punto di svolta? Con la geopolitica sotto i riflettori, i governi europei hanno intrapreso azioni coraggiose per rafforzare la loro sicurezza e capacità economica collettiva in risposta a un potenziale riallineamento globale.

La Germania ha allentato le sue regole fiscali, annunciando un pacchetto di stimolo da 1.000 miliardi di euro. L’aumento della spesa pubblica potrebbe innescare un ciclo industriale più solido nei prossimi tre anni, potenzialmente incentivando le società attive nella difesa, nei materiali da costruzione e nelle infrastrutture – settori più rappresentati negli indici europei rispetto all’indice S&P 500.

Tuttavia, l’Europa non dipende solamente dai settori della Old Economy. Infatti, gli ultimi ranking globali mostrano che sette dei primi 10 Paesi in termini di innovazione sono europei.

Le società farmaceutiche europee sono da tempo associate all’innovazione: Novo Nordisk è stata la prima a lanciare i farmaci GLP-1 per il diabete e la perdita di peso e la britannica AstraZeneca ha un franchise oncologico pionieristico. La francese EssilorLuxottica, proprietaria di Ray-Ban e altri marchi eyewear, sta sviluppando i propri smart glass.

Considerando le incertezze sui dazi, una ripresa significativa della crescita in Europa potrebbe non concretizzarsi fino al 2026. Ma un contesto normativo più orientato agli investimenti potrebbe segnare un cambiamento decisivo rispetto al passato.

Il Giappone come motore del libero scambio

Mentre gli USA tirano il freno sul libero scambio senza barriere, il Giappone è ben posizionato per emergere come leader globale.

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Il livello medio dei dazi del Paese era tra i più bassi al mondo all’inizio del 2025, segno del potenziale per trattative proficue in un contesto di crescenti timori di una guerra commerciale.

Negli ultimi anni, il Giappone ha siglato numerose partnership economiche e accordi di libero scambio con blocchi come l’Unione Europea e diverse nazioni dell’Asia Pacifico. Oltre l’87% degli scambi commerciali del Giappone interessa Paesi che hanno firmato (o stanno negoziando) un EPA o FTA.

Il Giappone ha inoltre siglato accordi commerciali e digitali con gli Stati Uniti durante il primo mandato di Trump, e i due Paesi continuano a collaborare in aree come le reti 5G, l’esplorazione dello spazio e la ricerca medica.

Le principali aziende giapponesi stanno inoltre costruendo impianti produttivi negli USA, a supporto di uno dei principali obiettivi dell’amministrazione Trump. Ad esempio, il produttore di sistemi per il condizionamento dell’aria e la refrigerazione Daikin ha aperto un impianto a Houston.

Le società giapponesi hanno annunciato investimenti per circa 1.000 miliardi di dollari negli USA, e ne prevediamo altri nei prossimi mesi.

Questo non significa che non ci sono rischi. Il Giappone rimane un grande esportatore: il 20% dei suoi beni è diretto verso gli USA – e il 30% sono automobili. Più a lungo durano i dazi, maggiore è il rischio che possano ostacolare la reflazione in atto nell’economia giapponese. Ma questo non invertirebbe il trend a lungo termine, perché la logica della carenza di manodopera, aumento dei salari e maggiore efficienza delle aziende permane.

 

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