“È incostituzionale il limite di sei mensilità imposto dalla legge per i risarcimenti di chi è vittima di licenziamento illegittimo nelle piccole imprese che non rientrano nell’applicazione dell’articolo 18″. Il limite infatti, spiega la Consulta, non consente al giudice di personalizzare il risarcimento in modo adeguato rispetto al danno subito dal lavoratore. Lo ha stabilito la Corte costituzionale, nella sentenza numero 118 depositata ieri 21 luglio.
Secondo la Corte, l’imposizione di un simile limite massimo, fisso e insuperabile, a prescindere dalla gravità del vizio del licenziamento, fa sì che l’ammontare dell’indennità sia circoscritto entro una forbice così esigua da non consentire al giudice di rispettare i criteri di personalizzazione, adeguatezza e congruità del risarcimento del danno sofferto dal lavoratore illegittimamente licenziato, né da assicurare la funzione deterrente della stessa indennità nei confronti del datore di lavoro.
La Corte esprime, inoltre, l’auspicio di un intervento legislativo sul tema dei licenziamenti di dipendenti di imprese sotto soglia, in considerazione del fatto che, nella legislazione europea e in quella nazionale, sia pur inerente ad altri settori (come ad esempio la crisi dell’impresa), il criterio del numero dei dipendenti non costituisce l’esclusivo indice rivelatore della forza economica dell’impresa e quindi della sostenibilità dei costi connessi ai licenziamenti illegittimi.
“La Corte costituzionale certifica le ragioni dei promotori e dei 13 milioni di cittadini che hanno votato il referendum”, dicono dal Pd
Secondo Unimpresa, invece, la sentenza della Corte costituzionale introduce un importante principio di tutela individuale ma con il rischio di produrre gravi conseguenze sull’equilibrio e sulla tenuta economica e occupazionale del sistema produttivo italiano. Secondo l’Unione nazionale delle imprese l’impatto potenziale è ampio e profondo: un’azienda con quattro dipendenti e un fatturato di 250.000 euro annui, se condannata a pagare una indennità non più contenuta nel limite di sei mensilità, potrebbe trovarsi a versare 12-18 mensilità di retribuzione (in media 30.000–40.000 euro) a fronte di un solo rapporto di lavoro, con la concreta possibilità di dover ricorrere a indebitamento, dismissioni o cessazione dell’attività.
“Una giurisprudenza che non tiene conto delle condizioni strutturali delle imprese rischia di trasformarsi in un boomerang per l’intero mondo del lavoro”, osserva il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. “Il principio costituzionale della tutela del lavoro non può essere realizzato scaricando sulle imprese più piccole l’intero peso della disciplina sanzionatoria” e “il rischio – secondo Longobardi – è che questa pronuncia contribuisca a congelare il mercato del lavoro nelle microimprese. Se assumere comporta un potenziale danno patrimoniale incalcolabile, molti piccoli imprenditori preferiranno non crescere, non formalizzare i rapporti, o peggio, rinunciare a investire nel lavoro stabile”
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