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Contratti pirata, “chiudere un occhio” può costarti parecchio!


Proliferano i “contratti pirata”, per effetto di quel fenomeno definito dumping contrattuale che indebolisce il mercato del lavoro e crea concorrenza sleale tra le imprese.
Vediamo di cosa si tratta. E perché i contratti pirata non convengono. Mai!

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Alla vigilia della presentazione della seconda edizione del Manuale sul dumping contrattuale nei pubblici esercizi a cura di Fipe Confcommercio, riaccendiamo i riflettori su un fenomeno che sta destabilizzando il mercato del lavoro nel terziario: la proliferazione dei cosiddetti “contratti pirata”.

 

Cosa sono i contratti pirata

Si tratta di contratti collettivi firmati da sigle sindacali e soprattutto datoriali prive di effettiva rappresentatività, utilizzati per comprimere i costi del lavoro attraverso il taglio delle retribuzioni e delle tutele: il cosiddetto dumping contrattuale.

L’assenza di una legge sulla rappresentatività permette oggi alle imprese l’adozione di qualunque Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, anche se firmato da sigle marginali.
La legittimità di un contratto collettivo non si misura però solo sulla sua esistenza formale o sul deposito al CNEL, ma sulla rappresentatività delle parti che lo sottoscrivono.

 

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I contratti pirata non hanno riconoscimento normativo, fiscale e contributivo

Solo i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro firmati da organizzazioni sindacali e datoriali realmente rappresentative, come Confcommercio, hanno valore ai fini del riconoscimento normativo, fiscale e contributivo.
Con il suo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro Confcommercio copre oggi l’84,5% dei lavoratori nel settore e oltre 2 milioni e 400 mila addetti: un dato che testimonia la sua enorme influenza e diffusione.
Secondo gli osservatori universitari citati dal CNEL, il dumping contrattuale non si limita più ai minimi tabellari, ma agisce su più fronti: sotto-inquadramenti professionali, meno permessi, nessuna quattordicesima, welfare ridotto.
Un cassiere (IV livello) può subire una perdita di retribuzione annua lorda superiore ai 4.600 euro, a cui si aggiunge una decurtazione contributiva di oltre 1.500 euro, che avrà un impatto diretto sulla futura pensione.
All’azienda può apparire un vantaggio. Ma non lo è!
Confcommercio Umbria invita pertanto tutte le imprese a prestare la massima attenzione alla scelta del contratto collettivo da applicare. Sui contratti “pirata” chiudere un occhio non paga!

 

Più controlli… e alla fine il conto è salato

Come abbiamo già avvisato, i controlli da parte dell’Ispettorato del Lavoro sono sempre più frequenti. L’azienda deve sapere che la scelta di un contratto pirata può portare ad un risparmio, che però è solo temporaneo.
Le ispezioni del lavoro e le sentenze dei tribunali non lasciano scampo: un’impresa che non applica il contratto di riferimento è obbligata a regolarizzare la posizione dei dipendenti, versando le differenze salariali, gli oneri contributivi e le mensilità aggiuntive non corrisposte. Un conto salato che può annullare in un solo colpo anni di “risparmi” e gravare pesantemente sulla liquidità aziendale.

 

Chi adotta i contratti pirata perde agevolazioni, sgravi e incentivi

Le imprese che operano in un sistema di dumping contrattuale perdono l’accesso a una vasta gamma di agevolazioni, incentivi e sgravi che sono invece riservati a chi applica i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro sottoscritti dalle associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

 

Chi adotta i contratti pirata è escluso dai bandi di gara pubblici

L’applicazione di questi contratti può portare all’automatica esclusione da bandi di gara pubblici, come confermato dalle recenti sentenze della Corte di cassazione e del TAR. Questo scenario taglia fuori l’impresa da importanti opportunità di crescita, condannandola a operare in un circuito chiuso e meno redditizio.

 

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L’adozione di contratti pirata può portare un danno reputazionale pesante

Chi adotta contratti non qualificati viene percepito come scorretto, tanto da clienti quanto da lavoratori. In un mercato che premia la qualità e il rispetto delle regole, il dumping è una trappola che compromette credibilità, competitività e futuro dell’impresa.

Applicare un contratto privo della giusta rappresentatività, insomma, è come guidare a fari spenti nella nebbia: quando sbatti, è troppo tardi. Le sanzioni arrivano, i contributi si recuperano, gli incentivi e i bandi si perdono. E il danno per l’impresa diventa una voragine.





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