L’Intelligenza Artificiale è ovunque: se ne parla nei consigli di amministrazione, nei media, nelle promesse di trasformazione radicale dei processi. Ma tra entusiasmo, “AI-washing” e risultati concreti si apre un divario che molte imprese faticano a colmare.
In parte, succede perché, a differenza di altre tecnologie del passato, l’Intelligenza Artificiale è incredibilmente accessibile a chiunque, in modo semplice e spesso gratuito.Questa facilità crea l’illusione che sia tutto immediato, alla portata di chiunque, ma dietro l’apparenza si nasconde una realtà più complessa: senza obiettivi chiari e senza le giuste competenze, molti progetti partono male o non portano risultati. Così, l’IA rischia di diventare solo un esperimento curioso, invece che una risorsa utile per far crescere davvero l’azienda o aprirle nuove prospettive.
“In molte aziende vedo lo stesso schema: entusiasmo iniziale, test frettolosi, nessuna vera strategia e il valore promesso dall’IA si perde”, spiega Walter Tripi, esperto di strategia digitale e innovazione che affianca imprese di diversi settori nei percorsi di adozione tecnologica.
Il risultato? Progetti sperimentali avviati senza una strategia solida, che restano confinati in test isolati, mai integrati nei processi aziendali. È ciò che McKinsey definisce “pilot purgatory”: una fase di stallo in cui l’IA promette molto ma restituisce poco. Questo approccio frammentario limita il potenziale dell’IA e impedisce di ottenere un ritorno sull’investimento significativo. Eppure l’adozione dell’IA è in rapida crescita: secondo il report The State of AI 2024, il 72% delle organizzazioni ha già integrato l’IA in almeno una funzione aziendale, rispetto al 50% dell’anno precedente. L’utilizzo dell’IA generativa è raddoppiato in meno di un anno (dal 33% al 65%), con impatti concreti in marketing, vendite, sviluppo prodotto e IT: riduzione dei costi, aumento dei ricavi, maggiore efficienza.
Ma questi benefici riguardano solo una minoranza: solo il 21% delle aziende ha effettivamente integrato l’IA in modo efficace, ottenendo un impatto economico tangibile. Per tutte le altre, l’IA resta un test senza eredità.
IA in azienda: da dove si comincia (e cosa evitare)
In un contesto in cui la fretta di “fare qualcosa con l’IA” rischia di generare più confusione che crescita, Walter Tripi propone un approccio concreto e progressivo che colma il divario tra l’intenzione di innovare e la capacità di farlo davvero.
Affinché l’IA diventi una risorsa concreta per le imprese, Tripi propone 7 passaggi pensati per aiutare manager e imprenditori a introdurla in modo efficace, puntando su applicazioni reali e risultati misurabili. Passaggi che sono soprattutto di approccio, prima che tecnici.
Ecco i 7 step fondamentali per introdurre l’IA in modo strutturato:
1. Partire da una visione strategica Certo, provare le capacità di uno strumento IA senza troppi fronzoli è il primo passo. Ma quando si tratta di introdurla nei processi aziendali, l’impresa deve innanzitutto chiarire perché vuole farlo. Quali obiettivi può supportare? Quali processi possono essere migliorati? L’Intelligenza Artificiale va vista come un mezzo, non come un fine.
2. Valutare le competenze interne e coinvolgere Adottare nuove tecnologie senza le competenze adeguate porta spesso al fallimento, così come non coinvolgere il team può portare al rigetto. È fondamentale mappare le risorse esistenti e identificare i gap, così da costruire consapevolezza e preparazione, ma anche l’entusiasmo che può portare una nuova sfida.
3. Scegliere strumenti coerenti con i processi Non servono le soluzioni più “di moda”, ma quelle che si integrano realmente nei flussi di lavoro e che risultano familiari al team. Una scelta coerente riduce le resistenze e i costi nascosti, in un mercato che si sta espandendo a vista d’occhio con tool e strumenti sempre nuovi
4. Formare tutte le persone, non solo i tecnici L’IA non è una questione esclusiva di data scientist o responsabili IT. Per generare valore, deve essere compresa e utilizzata anche da chi prende decisioni operative ogni giorno. La formazione trasversale è un acceleratore di impatto.
5. Testare con metodo La fase pilota non è una sperimentazione casuale. Deve servire a raccogliere dati, osservare comportamenti e definire metriche chiare. Solo così si può capire se si sta andando nella giusta direzione.
6. Misurare l’impatto in modo realistico Tempo risparmiato, riduzione degli errori, miglioramento dei margini: per valutare un progetto di IA servono indicatori coerenti con gli obiettivi aziendali. L’efficacia non va percepita, ma dimostrata.
7. Integrare nei processi aziendali e restare aperti
Un progetto ben riuscito non si conclude con un test positivo. Il vero traguardo è trasformare ciò che funziona in un nuovo standard operativo. Solo così l’IA diventa un valore duraturo, non un esperimento temporaneo. E solo così avremo un vantaggio
competitivo dettato anche da un team pronto ai nuovi strumenti che si evolveranno a una velocità inimmaginabile.
Dalla tendenza alla strategia: l’IA non è (solo) una corsa alla novità
In un contesto in cui tutto cambia rapidamente, introdurre l’Intelligenza Artificiale in azienda non è più un’opzione per pochi visionari, è una necessità che riguarda l’efficienza, la competitività, la sostenibilità. Come ogni cambiamento profondo, richiede consapevolezza ricordando che l’IA non risolve i problemi ma apre le porte a una crescita complessiva dell’azienda, oltre ad aumentare la qualità del lavoro.
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