L’idrogeno in Europa non riesce a prendere piede. È di pochi giorni fa la notizia che Stellantis ha abbandonato la tecnologia fuel cell, a causa della limitata disponibilità di infrastrutture di rifornimento, degli alti costi d’investimento e dell’assenza di incentivi adeguati all’acquisto.
Ma la decisione di Stellantis non è l’unica: diversi Paesi stanno facendo marcia indietro sull’idrogeno, considerata una tecnologia ancora prematura e caratterizzata da sfide complesse, sia sul piano finanziario che su quello burocratico.
La situazione in Italia
Otre allo stop di Stellantis, in Italia si continua a parlare di idrogeno. E lo si fa grazie al progetto “SouthH2 Corridor“ è sicuramente tra i più rilevanti a livello nazionale. Il corridoio energetico per il trasporto di idrogeno rinnovabile dal Nord Africa all’Europa, passando per Algeria, Tunisia e Bel Paese, fino a raggiungere Germania e Austria, mira a integrare il mercato europeo dell’idrogeno favorendo decarbonizzazione e indipendenza energetica del continente.
Ma al momento non esiste ancora alcuna infrastruttura fisica: quella strategica è in fase di sviluppo e richiederà molti anni prima di entrare in funzione. Nel quadro delle politiche europee condivise, è la Strategia Nazionale sull’idrogeno, presentata lo scorso novembre, a delineare lo sviluppo e la direzione del mercato italiano. Il piano è coerente con gli impegni assunti nel PNIEC al 2030 e nel Net Zero al 2050, e prevede un mix di strumenti per la decarbonizzazione dei consumi
Attraverso il Pnrr sono stati destinati 2 miliardi di euro (su 2,9 totali) all’idrogeno. Tuttavia, a oggi, al di là di piccoli traguardi – come una stazione di rifornimento inaugurata in Lombardia – non si registrano segnali concreti di avanzamento
Stop anche in Germania
Anche negli altri Paesi si stanno registrando ritardi e stop alla corsa all’idrogeno. Lo testimonia il report Hydrogen Compass, che evidenzia lo stallo di numerosi progetti in Germania e Regno Unito, aggravato dalla frammentazione normativa che ostacola l’attuazione degli obiettivi RED III per il trasporto.
In Germania, l’azienda ambientale Ewe ha cancellato il progetto da 50 MW a Brema dopo il ritiro di ArcelorMittal dall’iniziativa per l’acciaio verde, nonostante fossero stati promessi 1,3 miliardi di euro di sussidi. Il Gruppo fa sapere che porterà avanti altri progetti nell’ambito dell’iniziativa Clean Hydrogen Coastline, ma ha lanciato un appello per riforme immediate. Come quelle per l’energia, burocrazia, fondi e infrastrutture, fondamentali per ristabilire la fiducia degli investitori.
Avanza invece nel Regno Unito, a fatica
Nel Regno Unito, la compagnia Air Products ha sospeso il progetto da 2 miliardi di sterline per un terminale di importazione di ammoniaca verde e idrogeno nel porto di Immingham. L’autorizzazione per produrre fino a 76.000 tonnellate di idrogeno l’anno era già stata ottenuta, ma mancava un supporto politico concreto: né sussidi, né investimenti diretti da parte del governo. L’azienda non ha escluso la ripresa futura del progetto, ma ha ribadito che servono impegni vincolanti di acquisto (offtake) sostenuti da politiche mirate.
Ma sempre nel Regno Unito ci sono invece aziende che stanno continuando a puntarci. L’inglese ITM Power, per esempio, sta portando avanti il progetto Humber H2ub da 120 MW, destinati a fornire idrogeno alla raffineria di Philips 66. Il progetto è stato selezionato nell’ambito del programma britannico Hydrogen Allocation Round 2 (HAR 2) e punta a entrare in funzione entro il 2029, previa decisione finale d’investimento.
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