Un semestre nero, peggio di quanto previsto. Il primo bilancio del 2025 per Stellantis in Italia è impietoso: la produzione complessiva tra gennaio e giugno ha segnato un crollo del 27% rispetto allo stesso periodo del 2024. A renderlo noto è un’analisi della FIM-CISL, che evidenzia in particolare il forte tracollo delle automobili, in calo del 33,6%. In totale, sono usciti dagli stabilimenti italiani 221.885 veicoli, tra auto e mezzi commerciali.
Il quadro che emerge non lascia spazio a interpretazioni: Stellantis sta affrontando una delle fasi più critiche della sua presenza industriale sul territorio nazionale. I segnali negativi, già emersi lo scorso anno, si sono aggravati ulteriormente, nonostante l’azienda abbia più volte annunciato piani di rilancio e nuovi investimenti.
Dietro i numeri si nasconde un progressivo svuotamento produttivo degli impianti italiani, su cui si regge una parte fondamentale dell’occupazione del settore automotive. La crisi non risparmia nessuna delle sedi storiche, colpite da riduzioni drastiche dei volumi e dal ricorso crescente agli ammortizzatori sociali.
Stellantis, stabilimenti in sofferenza
Il caso più emblematico riguarda lo stabilimento Maserati di Modena, dove la produzione è precipitata del 71,9%, fermandosi a sole 45 unità rispetto alle 160 dello stesso periodo del 2024. I giorni effettivi di lavoro sono stati appena 11, mentre il resto è stato coperto dal contratto di solidarietà.
Non va meglio a Melfi, che registra una flessione del 59,4%. A Mirafiori, cuore storico dell’industria torinese, si contano 15.315 vetture prodotte, con un calo del 21,5%. Il rilancio della Fiat 500 ibrida è stato rimandato a novembre, con eventuali effetti positivi rimandati al 2026.
Anche Pomigliano d’Arco fatica: le auto uscite dai reparti sono 78.975, il 24% in meno rispetto all’anno precedente. Si attende qui l’introduzione della nuova piattaforma STLA Small, ma il debutto è fissato per il 2028. Nel frattempo, si lavora su modelli a fine ciclo produttivo, con impatti inevitabili sulla competitività.
Il contesto si complica ulteriormente con l’ennesimo rinvio della gigafactory di Termoli, l’impianto destinato a produrre batterie per veicoli elettrici. L’apertura, inizialmente prevista per il 2026, è stata posticipata, mentre le 1.800 assunzioni annunciate restano solo sulla carta. I sindacati hanno chiesto un confronto immediato con il ministro delle Imprese Adolfo Urso per ottenere risposte concrete.
Urso ha attribuito la crisi alle rigide norme europee del Green Deal e alla congiuntura globale sfavorevole. La FIM-CISL, però, individua anche gravi responsabilità interne: Stellantis, pur partendo da una posizione di leadership nel mercato europeo, ha faticato a gestire la transizione elettrica e digitale, puntando invece sul restyling di modelli obsoleti. Il risultato è una perdita di terreno rispetto ai concorrenti asiatici e statunitensi, più reattivi nell’innovazione e nella trasformazione industriale.
Secondo le stime sindacali, entro fine 2025 la produzione nazionale non supererà le 400mila unità, suddivise in 250mila automobili e 150mila veicoli commerciali leggeri. Un nuovo arretramento rispetto al 2024, quando si erano toccate 475.090 unità complessive. Il rischio è l’ennesimo ricorso massiccio a cassa integrazione e contratti di solidarietà, con ricadute pesanti su lavoratori diretti e indotto.
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