di Oliviero Casale, CTS Terzo Settore di Conflavoro
A quasi quattro anni dalla pubblicazione del Piano d’Azione per l’Economia Sociale della Commissione Europea (COM(2021) 778 final), ci troviamo oggi in un momento cruciale per riflettere su quanto è stato fatto e, soprattutto, su cosa resta ancora da costruire per un’autentica trasformazione sistemica dell’Europa sociale.
Il Piano d’Azione del 2021: un punto di partenza strategico
Il Piano d’Azione del 2021 è stato un documento di svolta. Non solo perché riconosce formalmente che l’economia sociale costituisce una parte significativa del tessuto economico europeo – con oltre 2,8 milioni di entità e il 6,3% dell’occupazione –, ma perché pone le basi per una strategia integrata a lungo termine, fondata su tre assi portanti:
- Creare condizioni favorevoli per l’economia sociale.
- Offrire opportunità per sviluppare capacità e accedere a finanziamenti.
- Favorire il riconoscimento e il ruolo dell’economia sociale a livello globale.
Nel Piano, la Commissione definisce l’economia sociale come «insieme di imprese e organizzazioni, come cooperative, mutue, fondazioni, associazioni e imprese sociali, che producono beni, servizi e conoscenze perseguendo un obiettivo primario sociale e/o ambientale». Tuttavia, anche se non si nomina esplicitamente il concetto di “bene comune”, esso è chiaramente sotteso: le entità dell’economia sociale sono viste come attori che generano valore collettivo, rigenerano i territori e promuovono coesione sociale.
Le conclusioni del Consiglio Europeo: la dimensione politica e strategica
Il Consiglio dell’Unione Europea, nelle Conclusioni del marzo 2024 (SN 02167/24), ha riaffermato con forza l’impegno strategico degli Stati membri verso una dimensione sociale dell’UE più equa, resiliente e inclusiva, ponendo particolare attenzione al rafforzamento delle politiche pubbliche orientate al benessere delle persone e alla giustizia sociale. Il documento sottolinea l’importanza di rafforzare i partenariati multilivello tra attori pubblici, privati, economici e della società civile, riconoscendo il contributo degli attori dell’economia sociale e delle comunità locali nella costruzione di modelli sostenibili di welfare territoriale.
Si evidenzia inoltre la necessità di sviluppare indicatori di impatto sociale coerenti con le priorità della transizione verde e digitale, promuovendo approcci integrati che valorizzino la coesione territoriale, l’uguaglianza di opportunità e la partecipazione attiva dei cittadini.
Viene anche sottolineato il valore delle infrastrutture sociali come pilastri per una società coesa, insieme al ruolo delle PMI socialmente responsabili, delle cooperative di comunità e delle reti civiche.
Una visione perfettamente coerente con quanto delineato nel nuovo Piano per l’Economia Sociale emerge anche dai più recenti orientamenti internazionali in tema di sviluppo territoriale e politiche industriali. L’approccio place-based, proposto dall’OCSE nel documento dedicato alle regioni emergenti e in transizione, insiste sulla necessità di costruire politiche pubbliche fondate sulla valorizzazione delle specificità locali, delle reti collaborative e delle capacità istituzionali distribuite. Il territorio viene riconosciuto come spazio generativo in cui coesione sociale, innovazione e resilienza si alimentano reciprocamente, attraverso modelli di governance multilivello e processi di apprendimento collettivo.
In questo quadro, l’economia sociale si configura come componente essenziale di una strategia industriale moderna e inclusiva, capace di promuovere benessere condiviso, sostenibilità e giustizia territoriale. Le organizzazioni del Terzo Settore, insieme alle imprese sociali e cooperative, rappresentano attori chiave in grado di attivare risorse latenti, generare valore diffuso e facilitare transizioni giuste, soprattutto nei contesti più fragili.
L’OCSE sottolinea inoltre l’urgenza di superare le metriche standardizzate, promuovendo sistemi di valutazione capaci di misurare l’impatto trasformativo delle politiche, tenendo conto degli esiti sociali, ambientali e relazionali.
Queste riflessioni rafforzano l’idea di un’economia sociale intesa non solo come insieme di soggetti giuridici, ma come infrastruttura sistemica in grado di accompagnare l’Europa verso modelli più equi e antifragili. È all’interno di questo nuovo paradigma che il Terzo Settore può consolidare il proprio ruolo strategico, contribuendo alla co-progettazione di politiche pubbliche più vicine ai bisogni delle persone e dei territori.
Tutti elementi che convergono pienamente nella visione evolutiva proposta da Oliviero Casale e Paola Rinaldi nella pubblicazione Paradigma 5.0.
La Call for Evidence 2025: un’occasione per rilanciare la visione sistemica
Con la Call for Evidence, la Commissione punta a raccogliere opinioni qualificate sui progressi, le lacune e le priorità future in vista di una possibile revisione del Piano. L’obiettivo dichiarato è duplice: valutare gli impatti reali delle 75 azioni avviate con il Piano d’Azione del 2021 e costruire una nuova traiettoria strategica capace di rafforzare la dimensione sociale dell’UE in modo sistemico e duraturo.
La consultazione si rivolge a un’ampia platea di stakeholder – istituzioni pubbliche, parti sociali, enti locali, organizzazioni della società civile, imprese sociali e cittadini – invitati a contribuire con esperienze, dati, riflessioni e proposte concrete.
Le aree chiave su cui si chiede un confronto includono: il rafforzamento della coesione territoriale, la riduzione delle disuguaglianze, l’equità nell’accesso alle opportunità, la promozione del lavoro dignitoso e il sostegno all’economia sociale nei processi di transizione verde e digitale.
Particolare attenzione è posta sull’efficacia degli strumenti attuativi adottati finora e sulla necessità di integrare meglio le politiche sociali con quelle economiche, occupazionali e ambientali. La Commissione mira a identificare leve trasformative e rimuovere ostacoli persistenti, come la scarsa visibilità dell’economia sociale in alcuni Stati membri, la frammentazione normativa o le difficoltà di accesso al credito e alla finanza di impatto.
In questa fase è cruciale non limitarsi a un aggiornamento tecnico del Piano, ma costruire una visione più ambiziosa, ispirata ai principi della giustizia sociale, della sussidiarietà orizzontale e dell’antifragilità sistemica.
Come Comitato Tecnico Scientifico Terzo Settore di Conflavoro PMI, riteniamo essenziale che la consultazione sia un punto di svolta verso una governance partecipata e orientata al bene comune, che riconosca il ruolo generativo delle comunità, delle PMI sociali e delle reti civiche nei percorsi di innovazione territoriale.
I nuovi orientamenti per l’occupazione
Il riconoscimento dell’economia sociale come leva strategica per la promozione dell’occupazione inclusiva è pienamente confermato anche dagli Orientamenti 2025 per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione. Il documento ribadisce l’importanza di valorizzare tutti gli attori che operano per sostenere le transizioni giusta, verde e digitale, compresi i soggetti dell’economia sociale e le organizzazioni del Terzo Settore, ritenuti cruciali per attivare percorsi di inserimento e reinserimento lavorativo, in particolare per le persone vulnerabili e per quelle più distanti dal mercato del lavoro.
Tra le azioni raccomandate agli Stati membri, figura lo sviluppo di ecosistemi locali per l’occupabilità, in cui i soggetti dell’economia sociale possano contribuire in modo integrato con servizi di orientamento, formazione, innovazione sociale e accompagnamento personalizzato. Le imprese sociali sono riconosciute come soggetti in grado di sostenere l’occupazione di qualità, favorire il lavoro dignitoso e valorizzare le competenze locali, contribuendo a costruire sistemi di attivazione più resilienti, equi e territorialmente radicati.
L’attenzione è rivolta anche al rafforzamento della cooperazione tra servizi pubblici per l’impiego, attori dell’economia sociale e autorità regionali e locali, per promuovere una governance multilivello che consenta l’innovazione e la diffusione di pratiche inclusive. In questo quadro, le politiche attive del lavoro si intrecciano sempre più con le finalità solidaristiche e generative dell’economia sociale, delineando uno scenario in cui il valore del lavoro si connette strettamente con il valore sociale prodotto.
L’orientamento all’antifragilità
Nel percorso evolutivo delle politiche europee, il concetto di resilienza ha assunto un ruolo crescente, rappresentando inizialmente la capacità di “assorbire shock” e mantenere la coesione sociale anche in contesti avversi. Tuttavia, già nel Piano d’Azione per l’Economia Sociale del 2021 (COM(2021) 778 final), la Commissione Europea riconosce che l’economia sociale contribuisce in modo sostanziale alla “resilienza delle comunità locali”, valorizzando modelli economici che rafforzano la coesione e promuovono forme inclusive di innovazione sociale.
Le conclusioni del Consiglio del marzo 2024 (SN 02167/24) insistono ulteriormente sul ruolo strategico dell’economia sociale nel “rafforzare la resilienza sociale” dell’Unione. In particolare, si sottolinea che le imprese sociali e le reti civiche agiscono da “stabilizzatori territoriali”, capaci di rispondere alle crisi sanitarie, climatiche e occupazionali in modo più integrato e partecipato rispetto alle logiche settoriali tradizionali. È in questa prospettiva che si promuove un’economia “più resiliente, sostenibile e coesa”.
Anche gli Orientamenti per l’occupazione 2025 riconoscono esplicitamente la necessità di “aumentare la resilienza del mercato del lavoro” attraverso una strategia più inclusiva, che valorizzi la collaborazione tra attori pubblici, imprese sociali e comunità territoriali, nella costruzione di ecosistemi dell’inclusione e dell’innovazione sociale.
Questi elementi disegnano un’evoluzione concettuale che apre il campo a una visione più matura e trasformativa: l’antifragilità. Non più solo capacità di resistere, ma attitudine ad apprendere, rigenerarsi e prosperare a partire dalle crisi. L’economia sociale, in questa chiave, non è solo uno strumento di protezione, ma un motore evolutivo per un’Europa capace di valorizzare l’incertezza come leva di coesione e sviluppo umano.
Le evidenze raccolte nei documenti del JRC – da Industry 5.0: A Transformative Vision for Europe fino a Supporting the Digital Transformation of VET – confermano la necessità di andare oltre l’Industry 4.0. Occorre affrontare congiuntamente le sfide dell’Industry 5.0 e della Society 5.0, come delineato anche nel Paradigma 5.0. La futura economia sociale europea dovrà rappresentare uno spazio di convergenza tra impatto sociale, innovazione sistemica e sviluppo umano.
Solo integrando queste dimensioni sarà possibile costruire un’Europa capace di prosperare nell’incertezza, valorizzando la coesione territoriale, la partecipazione civica e la rigenerazione del bene comune.
Alla luce della consultazione pubblica 2025 per il nuovo Piano d’Azione per il Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, è auspicabile che la futura strategia riconosca in modo più sistemico il ruolo delle imprese e delle organizzazioni dell’economia sociale nei percorsi di transizione verde e digitale. Ciò richiede il rafforzamento delle sinergie tra politiche industriali, occupazionali e di coesione sociale, superando la tradizionale separazione tra i comparti economici e quelli sociali.
Conclusioni
È tempo che l’economia sociale, già riconosciuta in alcuni passaggi del Green Deal europeo come leva per una transizione giusta, venga pienamente integrata nelle strategie ambientali e nei dispositivi di sicurezza sociale, assumendo un ruolo strutturale come infrastruttura attiva per la rigenerazione territoriale.
Per dare concretezza a questa visione, si propone che la Commissione Europea includa nel futuro Piano d’Azione:
- la creazione di ecosistemi territoriali dell’inclusione, che integrino economia sociale, innovazione e formazione come dispositivi per l’attivazione e l’occupazione di qualità;
- il sostegno allo sviluppo di modelli organizzativi antifragili, capaci di trasformare la vulnerabilità in apprendimento e rigenerazione, soprattutto nei contesti periferici e a rischio di marginalità;
- il riconoscimento della complementarità tra PMI sociali, pubbliche amministrazioni locali e reti civiche, come architetture istituzionali ibride di nuova generazione al servizio del bene comune.
Conflavoro, attraverso il proprio Comitato Tecnico Scientifico del Terzo Settore, continuerà a sostenere attivamente le PMI socialmente orientate, le reti di comunità e i territori che ogni giorno contribuiscono a costruire – dal basso – una società europea più giusta, inclusiva e antifragile.
Solo attraverso questa convergenza sarà possibile dare piena attuazione al Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, trasformando l’economia sociale in un motore di innovazione istituzionale, rigenerazione culturale e transizione produttiva per l’Europa del futuro.
Bibliografia
- Commissione Europea (2019), Il Green Deal europeo, COM(2019) 640 final, Bruxelles, 11 dicembre 2019.
- Commissione Europea (2021), Piano d’Azione per l’Economia Sociale, COM(2021) 778 final, Bruxelles, 9 dicembre 2021.
- Consiglio dell’Unione Europea (2024), Conclusioni del Consiglio sull’economia sociale: una dimensione essenziale della dimensione sociale dell’Unione Europea, Documento SN 02167/24, Bruxelles, marzo 2024.
- Commissione Europea (2025), Call for Evidence – Preparazione del nuovo Piano d’Azione per il Pilastro Europeo dei Diritti Sociali (2025), Consultazione pubblica aperta dal 22 maggio al 16 luglio 2025
- Commissione Europea (2023), Orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell’occupazione, COM(2023) 696 final, Bruxelles, 20 febbraio 2025.
- Joint Research Centre (2021), Industry 5.0: A Transformative Vision for Europe, JRC Science for Policy Report, ISBN 978-92-76-25394-2, DOI: 10.2760/406183.
- Joint Research Centre (2022), Supporting the Digital Transformation of Vocational Education and Training in Europe: A Systemic Approach, EUR 31137 EN, DOI: 10.2760/460653.
- OECD (2025), Place-Based Industrial Policy – Shaping an Inclusive and Sustainable Future, OECD Publishing, Paris. DOI: 10.1787/65ba6b98-en.
- Casale, O. & Rinaldi, P. (2024), Paradigma 5.0 – Il nuovo paradigma, oltre Society 5.0 e Industry 5.0. Come affrontarlo?, MB Edizioni, ISBN: 979-12-210-1882-4.
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