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Cina-Ue, che fare per rilanciare una vera partnership economica



Carlo Diego D’Andrea, vicepresidente Camera europea in Cina


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Il 2025 segna il cinquantesimo anniversario delle relazioni ufficiali tra Unione Europea e Cina. In mezzo secolo, i rapporti economici tra i due blocchi si sono trasformati in modo radicale: dagli appena 2 miliardi di euro di scambi annuali nel 1975, oggi si arriva a 2 miliardi di euro scambiati ogni singolo giorno. Eppure, questa cifra rimane solo il doppio del volume commerciale che l’UE intrattiene con la Svizzera.

Quest’anno ricorre anche il venticinquesimo anniversario della Camera di Commercio dell’Unione Europea in Cina, passata da 51 aziende associate alle oltre 1.700 attuali, distribuite in 9 sedi sul territorio cinese.

È in questo contesto che i vertici della Commissione europea si recheranno in Cina questa settimana per un incontro dal risultato ancora incerto. La visita arriva in un momento delicato, segnato dalle tensioni commerciali sia tra UE e Stati Uniti, sia tra Washington e Pechino. L’annuncio recente di un dazio del 30% sulle importazioni europee negli USA mette ulteriormente in discussione il futuro dei rapporti commerciali tra UE e Cina.

Proprio per questo, l’Unione Europea deve approfittare dell’occasione per far emergere le principali preoccupazioni delle imprese europee attive in Cina, che continuano a scontrarsi con barriere strutturali. Bruxelles dovrebbe spingere Pechino verso regole più trasparenti e prevedibili. La fiducia delle aziende europee nel mercato cinese, infatti, è ai minimi storici: solo il 12% delle imprese associate alla Camera considera la Cina una destinazione prioritaria per i futuri investimenti; persino a Shanghai – considerata la città più aperta e internazionale della Cina – la percentuale sale appena al 14%.

Oltre alle questioni politiche – come la guerra in Ucraina, che inevitabilmente occuperà parte del dialogo – è urgente affrontare anche temi economici e industriali. Nell’ultimo Position Paper, la Camera europea ha presentato oltre 1.058 raccomandazioni per migliorare l’ambiente d’affari in Cina, in aumento rispetto alle 940 del 2022. Vediamo i nodi principali.

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Il surplus commerciale

La Cina registra il più grande surplus commerciale della storia moderna. Con l’UE, il saldo positivo di Pechino è raddoppiato nell’arco di dieci anni, raggiungendo circa 300 miliardi di euro. Nel 2023, l’Unione Europea è stata la prima destinazione per le esportazioni cinesi, assorbendo oltre il 15% del totale. Questo squilibrio è uno dei fattori che hanno portato Bruxelles ad assumere, negli ultimi cinque anni, un atteggiamento sempre più assertivo e difensivo verso la Cina.

All’origine del problema c’è la sovraccapacità industriale cinese: Cina produce molto più di quanto il mercato interno ed estero riescano ad assorbire, generando un eccesso di offerta che finisce venduto a prezzi inferiori a quelli di mercato, con conseguente pressione sui produttori stranieri e aumento delle tensioni commerciali.

Nella prima metà del 2024, i funzionari dell’UE e degli Stati Uniti hanno più volte espresso preoccupazione per la sovrapproduzione cinese nelle tecnologie verdi e per l’impatto dei prodotti hi-tech sottocosto sui mercati occidentali. Alti funzionari cinesi hanno ammesso la questione sia alla conferenza centrale sull’economia del 2023 sia durante le Due Sessioni del 2024. Tuttavia, successivamente il Ministero del Commercio, il Ministero degli Esteri e lo stesso presidente Xi Jinping hanno negato che il problema esista, sostenendo che le esportazioni cinesi sono semplicemente più competitive e rispondono alla domanda dei consumatori esteri.

Appalti pubblici e accesso al mercato

Un’altra criticità storica per le imprese europee riguarda il limitato accesso agli appalti pubblici in Cina. La definizione stessa di “prodotto Made in China” rimane vaga e, anche per le aziende europee che hanno localizzato la produzione sul territorio, risulta difficile partecipare alle gare pubbliche. Nel settore delle apparecchiature mediche, ad esempio, si riscontrano discriminazioni “silenziose” dovute alla discrezionalità dei funzionari locali. Situazioni analoghe emergono nel settore ferroviario, dove i criteri di valutazione dei bandi prevedono un punteggio pieno per le imprese statali (SOE), mezzo punto per le joint venture (JV) e zero punti per le aziende a capitale estero (FIE), rendendo di fatto quasi impossibile per queste ultime vincere gare competitive.

Controlli sulle esportazioni di terre rare e magneti

Ad aprile, Cina ha introdotto nuovi controlli sulle esportazioni di terre rare (REE) e magneti permanenti, imponendo alle aziende di ottenere licenze per spedire all’estero componenti che contengono questi materiali. Una misura che appare come risposta ai dazi statunitensi, ma che ha effetti collaterali anche sui flussi verso l’UE.

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Questo è l’ennesimo esempio di come la guerra commerciale tra USA e Cina ricada negativamente sui rapporti tra Pechino e il resto del mondo. È vero che da allora la situazione è leggermente migliorata, con un aumento delle autorizzazioni concesse alle imprese europee, ma non abbastanza per evitare gravi interruzioni delle catene di approvvigionamento. Serve un processo più semplice e rapido, capace di passare dall’attuale gestione d’emergenza a un sistema stabile e prevedibile.

 E adesso?

Le attuali politiche statunitensi offrono alla Cina l’opportunità di dimostrare all’Europa di poter essere un partner commerciale e d’investimento affidabile. Una mossa di apertura da parte di Pechino contribuirebbe a ricostruire la fiducia delle aziende europee nel mercato cinese. Per farlo, la Cina dovrebbe affrontare le preoccupazioni irrisolte di Bruxelles, tra cui l’assenza di reciprocità nell’accesso al mercato, la mancanza di parità di condizioni per le imprese straniere e il crescente squilibrio commerciale.

 L’UE, dal canto suo, continuerà a monitorare il rischio di dipendenze strategiche dalla Cina in settori cruciali per la sicurezza economica. Tuttavia, resta un enorme potenziale per approfondire i rapporti commerciali e gli investimenti reciproci. Il cinquantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche UE-Cina, celebrato a maggio 2025, è stato un momento simbolico per rilanciare l’impegno verso una partnership sostenibile e di lungo periodo. Il vertice di questa settimana a Pechino potrebbe rappresentare il culmine di questo percorso, a patto che entrambe le parti dimostrino volontà di collaborare. (riproduzione riservata)

* Managing Partner di D’Andrea & Partners Legal Counsel, Vice Presidente Nazionale della Camera di Commercio dell’Unione Europea in Cina e Presidente dello Shanghai Chapter



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