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gli europei vogliono i dazi anti-Trump, italiani divisi


Il 69% dei cittadini Ue è favorevole alle ritorsioni contro le tariffe statunitensi, ma in Italia il consenso si ferma al 56%. Meloni e Giorgetti frenano, Bruxelles prepara contromisure storiche.

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Opinione pubblica europea: un fronte compatto

La crescente tensione commerciale tra Stati Uniti ed Europa, innescata dalle “tariffe di Liberazione” di Donald Trump e dalle successive minacce di dazi fino al 30 %, ha catalizzato l’attenzione delle opinioni pubbliche del Vecchio Continente. I sondaggi più recenti tracciano un quadro netto: una larga maggioranza europea e una solida maggioranza italiana sono pronte a reagire con dazi di ritorsione.

Un’inchiesta YouGov – condotta tra il 6 e il 24 marzo 2025 in Danimarca, Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia e Regno Unito – rileva che il 69 % degli intervistati sostiene l’imposizione di dazi in risposta alle misure statunitensi. Le percentuali più alte si registrano in Danimarca (79 %), UK (71 %) e Germania (68 %), mentre in Italia il supporto si attesta al 56 %, il valore minimo tra i sette Paesi analizzati.

Il sondaggio PollingEurope, che ha coinvolto i 27 Stati membri, conferma: due terzi dei cittadini UE (circa 67 %) vogliono misure di ritorsione, con la crescente preoccupazione per l’inflazione – indicata come rischio numero uno dal 41 % degli europei.

La percezione dell’impatto economico è altrettanto condivisa: il 70 % dei cittadini europei prevede effetti significativi sui mercati domestici, e in Italia questo valore tocca proprio il 70 %.

L’Italia divisa tra pragmatismo politico e pressione economica

In Italia, il governo nazionale ha adottato una linea più cauta:

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“Dazi di ritorsione potrebbero far più danni a noi”, ha avvertito il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti il 5 aprile 2025, invitando a una de-escalation e chiedendo flessibilità fiscale per supportare imprese e consumi.

Il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, a fine marzo, ha raccomandato un approccio “reasoned” alla guerra dei dazi per difendere l’unità transatlantica, evitando reazioni impulsive.

Con una visita a Washington ad aprile 2025, Meloni ha fatto leva sui suoi legami personali con Trump, puntando a mediare una soluzione negoziata e sventare dazi draconiani.

Mentre la pubblica opinione, con il 56 % favorevole, spinge verso misure di ritorsione, l’esecutivo cerca un equilibrio tra difesa degli interessi delle imprese esportatrici – in settori come moda, automotive, vino e macchine – e la preservazione di relazioni pacate con gli Usa.

Il contesto politico e commerciale: dall’apertura alla clausola di coercizione

Il 2 aprile 2025, Trump ha imposto un dazio base del 10 % sull’Ue, con aliquote fino al 25 % su acciaio, alluminio e auto, quindi sospese fino a luglio solo se non venivano applicate ritorsioni.

Bruxelles ha reagito annunciando dazi per 21–23 miliardi di euro, quindi sospesi per consentire negoziati.

Il 13 luglio 2025 la Commissione ha annunciato un rinvio fino al 1 agosto delle “misure di controparte”, in attesa di un accordo.

Il 21 luglio 2025, Trump ha minacciato dazi del 30 % sui beni UE se l’Ue retaliasse. Bruxelles ha reagito potenziando i piani non solo con ulteriori dazi (fino a 70 miliardi di euro), ma anche pensando a “misure anti-coercizione” su servizi, appalti pubblici e investimenti statunitensi in caso di stallo negoziale.

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Commenti e dichiarazioni illuminanti

Ursula von der Leyen (Commissione UE, luglio 2025): “Pronti a tutte le misure necessarie per difendere gli interessi europei”.

Giancarlo Giorgetti (Economia Italia, 5 aprile): “Dazi di ritorsione dannosi, serve testa fredda”.

Giorgia Meloni (Senato e stampa, marzo–aprile): favore a trattativa pragmatica, opportunità con Trump e richiamo all’unità transatlantica.

Diplomatici UE (recentemente): puntano sull’utilizzo di “strumenti anti‑coercizione”, diversi dai dazi convenzionali per colpire anche servizi e appalti statunitensi.

Scenari futuri e riflessioni

Rischio escalation: se l’Ue applicasse dazi e Trump rilanciasse con il 30 %, potrebbe scattare una spirale che danneggerebbe entrambi i blocchi. Da qui la spinta dell’Italia verso una de-escalation negoziata.

Percezione sociale: la pressione pubblica – con oltre la metà degli europei favorevoli alla ritorsione – spinge i governi a mostrarsi risoluti, pena un calo nella fiducia popolare.

Armi non tradizionali: l’Ue sta preparando strumenti innovativi, come limiti all’accesso degli Usa al mercato interno, che completano la risposta commerciale.

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Le imprese: sono in allerta rispetto a potenziali danni a export italiano per oltre 70 miliardi di dollari (2024). Questa vulnerabilità influenza tanto la politica pubblica quanto la narrativa di governo.

Una partita delicata, gli europei guardano (e giudicheranno l’UE)

L’opinione pubblica europea – inclusa quella italiana – chiede una risposta forte ai dazi Trump. Tuttavia, Roma e Bruxelles si muovono con prudenza, premendo su negoziazione, flessibilità fiscale e strumenti più sofisticati di difesa. La chiave sarà trovare un equilibrio tra la legittima pressione pubblica e la necessità di evitare reciproche ritorsioni che danneggerebbero consumatori, imprese e la coesione transatlantica.



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