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Il modello IIT per il trasferimento tecnologico


L’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) nasce oltre vent’anni fa con una duplice missione: condurre ricerca di caratura internazionale e generare un impatto tangibile sulla società. Questo secondo obiettivo si realizza attraverso un percorso strutturato di trasferimento tecnologico, pensato per tradurre le scoperte di laboratorio in valore per il tessuto industriale e, in ultima istanza, per la collettività. Si tratta di un approccio che Lorenzo De Michieli, oggi direttore del trasferimento tecnologico dell’IIT, ha contribuito a definire nel corso di quasi due decenni, ricoprendo diversi ruoli all’interno di una struttura che oggi conta circa 2000 persone provenienti da 70 paesi.

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L’impatto sociale della ricerca

La missione del trasferimento tecnologico, come sottolinea De Michieli, è chiara: “facilitare la traslazione dei risultati di ricerca per il beneficio della società”. L’impatto sociale è l’obiettivo primario, ancora prima del ritorno economico che, sebbene importante per il reinvestimento in ricerca, ne è una conseguenza.

Questa missione si fonda sull’attività scientifica focalizzata su quattro pilastri strategici: la robotica, declinata in tutte le sue forme, da quella industriale all’umanoide e assistiva; i nuovi materiali, tipicamente nanostrutturati e con proprietà innovative; le scienze della vita, con un forte accento sugli studi legati all’RNA e alla biologia molecolare; e le scienze computazionali, che agiscono da abilitatore trasversale, spaziando dall’intelligenza artificiale per i robot alla chimica computazionale per la scoperta di nuove molecole. Il valore aggiunto dell’istituto risiede nella capacità di far dialogare questi ambiti in progetti multidisciplinari, orientando la ricerca di base verso un fine applicativo definito.

La collaborazione con le imprese

Per tradurre la missione in pratica, la direzione del trasferimento tecnologico agisce su quattro aree di attività principali, che generano ogni anno circa 15 milioni di euro di ricavi, una cifra significativa rispetto al budget complessivo dell’istituto.

Partnership industriali e licensing

La collaborazione con le imprese si articola in tre modalità. La prima è la cessione in licenza di brevetti. L’IIT possiede un portafoglio di circa 450 invenzioni, che generano oltre 1300 brevetti, di cui il 25% è già stato licenziato ad aziende. La seconda via è la ricerca su commessa, in cui l’istituto mette a disposizione le proprie competenze per progetti specifici di interesse industriale. La terza, e forse più strategica, è la creazione di laboratori congiunti.

A fine 2024, l’IIT contava 17 laboratori congiunti attivi, di cui 11 con aziende e 6 con istituzioni. Questi spazi, spesso localizzati all’interno delle imprese partner, permettono ai ricercatori di “respirare la cultura aziendale” e lavorare su problemi e strumentazioni di scala industriale. Un esempio emblematico è la collaborazione con Novacart, azienda leader nelle forme per la cottura in carta per il settore alimentare. Da un laboratorio congiunto nato per valorizzare gli scarti di cellulosa è nata una proprietà intellettuale congiunta, che nel 2022 ha portato alla creazione della startup Alkivio Srl Società Benefit. Novacart ha investito circa 2 milioni di euro per portare sul mercato AlkiPaper, un innovativo materiale sostenibile. Compatibile con le principali tecnologie di trasformazione della plastica—come termoformatura, estrusione, stampaggio a iniezione, soffiaggio e stampa 3D—AlkiPaper può essere personalizzato in base alle esigenze industriali e trova applicazione in numerosi settori: dal packaging all’agricoltura, dallo sport al design, fino all’animal care, agli oggetti per la cura della persona e a molti altri ambiti.  Alkivio, a sua volta, ha siglato una partnership con Alessi per produrre componenti di design con le proprie bioplastiche, chiudendo il cerchio dalla ricerca al mercato. Grazie a questa collaborazione, AlkiPaper viene utilizzato per sostituire le componenti plastiche nei prodotti iconici di Alessi, promuovendo soluzioni più ecologiche senza rinunciare a qualità estetica e funzionale.

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Programmi strategici di collaborazione

Per rendere la collaborazione ancora più efficace l’IIT ha lanciato iniziative sistemiche. Una di queste è quella dei Laboratori Sistemici Congiunti, che estendono il modello non a una singola impresa ma a una rete, come una filiera o un territorio. Ne è un esempio il Joiint Lab, un programma di 11 anni siglato con Intellimech, consorzio di circa settanta aziende della meccatronica. Il laboratorio rappresenta un interessante modello di cooperazione tra ricerca e impresa per sostenere la competitività del manifatturiero italiano: focalizzato sulla robotica industriale, unisce competenze scientifiche e industriali per sviluppare soluzioni innovative nei campi della robotica e della meccatronica applicate all’industria. L’obiettivo è quello di accelerare l’innovazione tecnologica del sistema produttivo nazionale, promuovendo il trasferimento di tecnologie avanzate, la formazione di figure altamente specializzate e la diffusione di competenze sul territorio. Tra i suoi ambiti di ricerca principali ci sono la robotica collaborativa, il controllo remoto, gli esoscheletri e i sistemi di visione.

Per le aziende medio-grandi, è stato invece avviato l’Industrial Liaison Program. Ispirato a modelli internazionali, crea un network di imprese che, attraverso un confronto continuo con l’istituto, possono mettere a fuoco e sviluppare opportunità di innovazione congiunta. Il programma è partito in fase pilota nel 2025 con una decina di imprese. Si tratta di un’iniziativa pensata per costruire un ponte diretto tra il mondo della ricerca e quello industriale, offrendo alle aziende l’accesso alle tecnologie emergenti, alle competenze scientifiche e all’ecosistema dell’innovazione di IIT. Ogni azienda aderente viene seguita da un Liaison Officer dedicato, che facilita il dialogo con i ricercatori, organizza attività di scouting tecnologico, identifica possibili ambiti di collaborazione e supporta la co-progettazione di soluzioni avanzate. Il programma prevede anche attività opzionali come l’Industrial Secondment, che prevede che un dipendente dell’azienda sia ospitato in IIT per un periodo di tempo limitato per svolgere attività di scouting su temi di interesse aziendale, o il Reverse mentoring, in cui i ricercatori IIT aiutano le aziende a comprendere meglio le potenzialità e le applicazioni industriali di tecnologie a cui lavorano. L’affiliazione è annuale, modulare e personalizzabile, con percorsi pensati per adattarsi alle strategie di innovazione delle singole imprese. Oltre al supporto diretto, il programma include incontri, workshop e visite ai laboratori, con l’obiettivo di creare relazioni, condividere conoscenze e generare valore concreto per il sistema produttivo nazionale.

Creazione di startup

Un altro esito fondamentale dell’attività di ricerca è la creazione di nuove imprese. Ad oggi sono 38 le startup nate dall’istituto, con un tasso di sopravvivenza dell’80%. L’ecosistema ha raccolto sul mercato finanziario capitali per oltre 150 milioni di euro. Il successo si basa su un processo di selezione che premia la solidità della proprietà intellettuale e, soprattutto, del team imprenditoriale. Tra le storie di eccellenza figurano BeDimensional (grafene), che ha raccolto 40 milioni di euro, e Iama Therapeutics, che con 30 milioni sta sviluppando un farmaco per la sindrome di Down, in procinto di iniziare la sperimentazione clinica di fase due.

BeDimensional è una scale-up nata nel 2016 come spin-off dell’Istituto Italiano di Tecnologia, specializzata nella produzione e commercializzazione di materiali bidimensionali avanzati, come il grafene. Questi materiali, grazie alle loro proprietà uniche di resistenza, conducibilità e sostenibilità, trovano applicazioni in settori diversi, dal design industriale alle batterie, dai materiali compositi alla moda di lusso, contribuendo alla transizione verso tecnologie più green e innovative. L’anno scorso è stato inaugurato il nuovo impianto a Genova, il primo al mondo in grado di produrre cristalli bidimensionali su scala industriale. Con una capacità produttiva iniziale di 3 tonnellate, BeDimensional punta a superare le 30 tonnellate entro il 2028 e a raggiungere 70 tonnellate in pochi anni, rafforzando così la leadership italiana ed europea nel settore. Il sito produttivo rappresenta un’importante accelerazione industriale e prevede nuove assunzioni, un significativo investimento economico e il lancio di un secondo stabilimento in Italia.

IAMA Therapeutics è una startup biofarmaceutica nata nel 2021 specializzata nella scoperta, sviluppo e commercializzazione di nuovi farmaci per i disturbi del neurosviluppo, con particolare attenzione all’autismo. Fondata sull’esperienza pluriennale in neurofarmacologia e chimica farmaceutica dei gruppi di ricerca IIT, la startup ha sviluppato il candidato farmaco IAMA-6, una molecola innovativa progettata per modulare l’attività neuronale in modo selettivo.

Cultura dell’imprenditorialità e proprietà intellettuale

La quarta leva è lo sviluppo di una cultura dell’imprenditorialità rivolta ai ricercatori, per mostrare percorsi di carriera alternativi a quello puramente accademico. Questo è intrinsecamente legato a una gestione strategica della proprietà intellettuale, considerata un asset fondamentale per l’istituto e, a maggior ragione, per le startup che da esso nascono. Con un portafoglio brevettuale maturo (il 70% dei titoli è già stato concesso) l’IIT dimostra una solida capacità di proteggere e valorizzare le proprie invenzioni.

Attrarre e trattenere i talenti

La capacità di generare ricerca di alto livello si fonda sulla capacità di attrarre i migliori cervelli, sia dall’estero sia favorendo il rientro di ricercatori italiani. Su questo fronte la strategia dell’IIT è chiara: offrire accesso a laboratori e strumentazioni allo stato dell’arte.

“La chiave di volta”, spiega De Michieli, “è dare la possibilità di accedere a laboratori che difficilmente si trovano in altre parti del mondo”. All’IIT insomma si trova una concentrazione di tecnologia, competenze e finanziamenti, in ambiti come la robotica o le neuroscienze, in grado di creare un ambiente unico e fortemente attrattivo, dove il 30% del personale è straniero e un ulteriore 20% è costituito da italiani rientrati dopo importanti esperienze all’estero.

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Lorenzo De Michieli

La robotica come piattaforma per il futuro

Nell’immaginario collettivo l’IIT è spesso associato al robot umanoide iCub. A differenza di quanto comunemente si immagina, iCub non è un prodotto finito ma una piattaforma di ricerca utilizzata da molti laboratori IIT ed esportata anche in altri centri di ricerca ed università all’estero, tra cui Giappone e Stati Uniti. Su iCub si testano nuovi sensori, materiali innovativi e, soprattutto, nuove forme di intelligenza artificiale; inoltre viene anche impiegato per studiare l’interazione tra robot ed esseri umani allo scopo di sviluppare capaci di interagire in modo più naturale con le persone.

Le ricadute di questa ricerca si muovono su due direttrici principali. La prima, con un orizzonte temporale più vicino, è l’industria: robot capaci di collaborare in modo sicuro e integrato con l’uomo, senza più bisogno di essere confinati in gabbie di sicurezza. La seconda, più a lungo termine, è quella dell’assistenza alla persona, in contesti ospedalieri o domestici. In questo scenario, come conferma De Michieli, robotica industriale e di servizio sono destinate a una progressiva convergenza.



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