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PNRR, svolta o compromesso? Il nodo della mobilità sostenibile


A oltre tre anni dal via libera, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza entra in una nuova fase. Lo scorso giugno, l’Italia ha riscritto buona parte del PNRR: 67 misure riviste, un terzo dei target modificati, nel tentativo di adattare lo strumento alle nuove condizioni economiche e operative. Un ribilanciamento che però, in alcuni settori chiave come la mobilità sostenibile, sta sollevando dubbi e tensioni politiche.

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Il caso più emblematico è quello delle colonnine di ricarica per veicoli elettrici. Il target iniziale di oltre 21mila punti è stato ridotto a 12mila, dopo che i bandi 2023–2024 hanno assegnato solo il 15% dei fondi disponibili. Un risultato che ha portato il governo a dirottare parte delle risorse verso incentivi all’acquisto di auto elettriche, con l’obiettivo di rottamare 39mila veicoli inquinanti.

«I bandi hanno avuto esiti disomogenei: boom in area urbana, scarso riscontro in quella extraurbana», ha spiegato Fabrizio Penna, Capo Dipartimento Unità di Missione PNRR-MASE, ospite del format Largo Chigi su Urania Tv. «Per questo abbiamo messo in sicurezza le risorse con una nuova misura: una sorta di “rottamazione” che preferiamo definire incentivo all’acquisto di veicoli elettrici. Essendo un piano di performance, la spesa si valuta sull’ultimo miglio, anche dopo il 2026: se serve uno switch di risorse per centrare i target, lo facciamo. E la Commissione Ue ci ha dato ragione».

Penna ha ricordato come il PNRR, a differenza dei fondi strutturali europei, sia legato non alla semplice spesa, ma al raggiungimento di obiettivi verificabili: «Abbiamo lavorato sulla rimodulazione in maniera sinergica con Palazzo Chigi, con un’unica parola d’ordine: mettere in sicurezza il piano».

Ma la rimodulazione non convince tutti. Il Partito Democratico ha espresso forti critiche, soprattutto sul taglio delle colonnine. «Ci riteniamo insoddisfatti dell’andamento del Pnrr. Siamo indietro con la spesa delle risorse erogate e per noi la soluzione non è rimodulare, per mettere le risorse dove sono subito impiegabili», ha dichiarato Valentina Ghio, deputata PD e membro della Commissione Trasporti alla Camera, intervenendo anche lei a Largo Chigi. «Ridurre il target di colonnine è sbagliato. Vero che nel contesto Ue non abbiamo una media bassissima, ma sul nostro territorio la distribuzione è insufficiente. Senza capillarità non può diffondersi l’elettrico».

Secondo Ghio, le difficoltà strutturali del mercato vanno affrontate con strumenti adeguati, a partire da un sostegno più incisivo all’acquisto di auto elettriche e da un piano industriale mirato. «Il mercato è poco accessibile anche alla classe media. Si deve pensare a un incentivo sul full electric e a una politica industriale volta alla transizione. Considerate invece che, nel Dl Infrastrutture appena votato, i soldi per la mobilità sostenibile vengono in parte spostati sulla rigassificazione. Un segno che non ci si crede davvero».

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La deputata dem ha rilanciato infine l’idea di un Fondo europeo dedicato all’automotive e a un percorso di modernizzazione per le piccole e medie imprese, in linea con gli obiettivi climatici.

I numeri restano un paradosso tutto italiano: la rete di ricarica è tra le più estese d’Europa, ma le auto elettriche si fermano a una quota di mercato del 5%, contro una media UE del 17%. «Oggi colonnine e veicoli elettrici immatricolati rappresentano circa il 10%», ha osservato ancora Penna. «Ma i grandi player dell’energia restano cauti e serve più coordinamento con i Comuni».

La puntata integrale di Largo Chigi







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