Il presidente Donald Trump ha deciso di ritirare nuovamente gli Stati Uniti dall’UNESCO, accusando l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, la Comunicazione e l’Informazione di essere su posizioni “anti-americane”, “anti-israeliane” e di promuovere un’agenda “woke”. Una decisione ideologica dunque, almeno nelle intenzioni dichiarate.
Ma oltre alle motivazioni politiche, le ragioni economiche hanno avuto un ruolo significativo nella scelta di Trump: principalmente l’arretrato accumulato e il desiderio di ridurre il peso dei contributi e degli impegni finanziari degli Stati Uniti verso organismi multilaterali percepiti come poco vantaggiosi.
Una scelta che segue una revisione di 90 giorni ordinata lo scorso febbraio, incentrata sull’analisi di eventuali tendenze antisemite o anti-Israele all’interno dell’organizzazione.
“Il presidente Trump ha deciso di ritirare gli Stati Uniti dall’UNESCO, che sostiene cause culturali e sociali divisive e lontane dal buonsenso che gli americani hanno scelto a novembre”, ha dichiarato la vice portavoce della Casa Bianca, Anna Kelly, come riportato dal New York Post.
A stretto giro arriva il Dipartimento di Stato a confermare le anticipazioni di stampa, citando una “agenda globalista e ideologica per lo sviluppo internazionale in contrasto con la nostra politica estera ‘America First'” e definendo la decisione di ammettere lo ‘Stato di Palestina’ come Stato membro “altamente problematica, contraria alla politica statunitense”, nonché capace di contribuire “alla proliferazione della retorica anti-israeliana all’interno dell’organizzazione”.
La risposta dell’UNESCO: “Ritiro degli Usa deplorevole, ma era atteso”
“Profondo rammarico” è stato espresso dalla direttrice generale dell’Unesco, Audrey Azoulay, per la decisione di Trump. “Per quanto deplorevole possa essere, questo annuncio era previsto el’Unesco si stava preparando”, ha aggiunto.
Trump ne uscì già nel 2017, e Biden aderì nuovamente nel 2023
Il 12 ottobre 2017, l’amministrazione Trump annunciò l’intenzione degli Stati Uniti di uscire dall’UNESCO, all’epoca la decisione fu motivata da una presunta “parzialità anti-Israele” e dalla necessità di riforme profonde e dalla crescita del debito nei confronti dell’organizzazione. La procedura di uscita si concluse formalmente il 31 dicembre 2018: da quel momento gli Stati Uniti persero lo status di membri effettivi, mantenendo solo lo status di osservatori.
Storicamente, gli Usa avevano già lasciato UNESCO sotto Reagan nel 1984, per poi rientrare nel 2002. Lo stop dei finanziamenti era iniziato nel 2011 (durante il mandato Obama) in seguito al riconoscimento della Palestina come Stato membro, ma la vera uscita è avvenuta solo con Trump.
Nel giugno 2023, l’amministrazione Biden annunciò la volontà di rientrare a pieno titolo in UNESCO, come parte di una politica di rafforzamento delle alleanze e della leadership statunitense negli organismi multilaterali. La decisione fu ufficializzata durante una cerimonia il 25 luglio 2023 a Parigi, con la partecipazione della First Lady Jill Biden e l’alzabandiera presso la sede parigina dell’agenzia.
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