Una dotazione da 250 milioni di euro, da inserire nella prossima legge di bilancio, sotto forma di credito d’imposta a sostegno del made in Italy della moda.
È quanto emerso al ministero delle Imprese e Made in Italy, durante la riunione convocata per presentare le novità del Piano Italia oltre che per illustrare gli strumenti volti a certificare la sostenibilità e la legalità delle imprese.
Lo riferisce Unimpresa, secondo cui obiettivo del ministero è salvaguardare il “comparto moda” in questa fase di transizione, favorendo una crescita, consolidando la filiera con aggregazioni verticali e orizzontali.
Durante la riunione si è parlato anche dei dazi Usa e, fra tutti i partecipanti, è emerso l’auspicio di un accordo per una soluzione equa e sostenibile in favore delle aziende. Il mercato, comunque, non attraversa una fase di stagnazione per i dazi (che non sono ancora concretamente arrivati), ma per le mancate politiche di sostegno a chi produce e perché è stato perso di vista il rapporto tra chi fa le cose e chi le consuma.
Tra le criticità emerse: magazzini pieni, sia quelli degli operatori che fanno qualità sia di chi fa copie sia quelli di chi produce fast fashion. Nel frattempo, durante la riunione è stato spiegato che sono state redatte nuove regolamentazioni, tra cui una legge dedicata alla etichettatura per qualificare e riconoscere i prodotti italiani, dall’altra parte è stata riconfermata la fase emergenziale per molte aziende.
Il gruppo del Lavoro tecnico del tavolo della Moda, inoltre, sta ultimando uno schema di decreto responsabilità estesa del produttore al fine di ridurre l’impatto ambientale e per la gestione dei rifiuti dai prodotti tessili, incentivando il riuso per una maggiore sostenibilità.
Nel settore moda, il “Made in Italy” ha cominciato a soffrire di un grave disallineamento nel concetto di valore. In questo scenario, la finanziarizzazione, la poca attenzione alla durabilità e una politica sconsiderata di comunicazioni fraudolenta, hanno permesso a chiunque di infilarsi sotto il cappello del made in Italy. Forse non ci si è accorti che l’approccio del consumatore degli ultimi anni è cambiato.
Il social è diventato il mezzo di informazione principale per chi acquista beni di consumo e, al contempo, toglie i veli alle comunicazioni fraudolente. Negli ultimi due anni, grazie a reel di pochi secondi, noti marchi fashion italiani sono stati smascherati nel loro modo di operare poco etico. L’inflessione dei fatturati è dipesa dal ribaltamento della percezione del settore e della credibilità dei grandi marchi del lusso, la vacuità degli slogan, l’opacità del concetto del made in Italy.
«Noi continuiamo a sostenere le microimprese degli artigiani italiani che in silenzio, pazienti e diligenti cercano di portare avanti in modo onesto il loro lavoro, con passione e professionalità. È il momento di ritornare da dove eravamo partiti, alle botteghe, all’umanità, all’etica e all’estro e alla creatività. Queste dovrebbero essere le virtù che connotano il Made in Italy, per tornare alla ricchezza culturale ed estetica italiana. Le prossime agevolazioni dovrebbero dare sostegno alle piccole imprese, eredi e promotori di arti e mestieri che stanno scomparendo. Non basta investire su innovazione, sostenibilità e digitalizzazione. Recentemente un grosso gruppo toscano nazionale, per la difficoltà nella resa dell’e-commerce, è stato costretto a chiudere a Milano. Forse è davvero giunto il momento di cambiare passo con la globalizzazione. È finita l’epoca delle speculazioni e dello show off dei grossi gruppi, che cercano di nascondere la loro disgregazione. Il Made in Italy deve tornare ad essere sinonimo di qualità dei materiali, rispetto per chi fa le cose, durabilità e riciclabilità del prodotto. I nostri artigiani sono la nostra fortuna, perché senza di essi non esisterebbero le aziende. Il lusso deve tornare a essere credibile e se continua ad essere vuoto, indebolisce la sua brand reputation» commenta il consigliere nazionale di Unimpresa, Margherita de Cles. «Tutelare i piccoli vuol dire garantire un futuro al Made in Italy, lasciandoli lavorare alla loro attività creativa, togliendo la burocrazia dal loro lavoro, offrendo una burocrazia ipersemplificata, con una flat fax e dei bonus per chi assume, lasciando che il tempo vada a finire alla creatività che sentono. Auspichiamo che l’annuale disegno di legge sulle piccole e medie imprese, che sarà varato nel prossimo autunno, possa davvero essere una svolta positiva per le nostre microimprese» aggiunge de Cles.
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