di Giuseppe Pastore
ROMA (Public Policy) – Non solo i 200 milioni di euro per la continuità produttiva di ex Ilva, ma anche misure per affrontare altre crisi industriali in corso come quelle Beko-Whirlpool, La Perla e Piombino. È il contenuto del dl Crisi industriali approvato ieri (con fiducia) dal Senato e ora pronto a un veloce iter in seconda lettura alla Camera.
Nel testo, approvato dal Cdm del 12 giugno, spazio anche a interventi di sostegno per i lavoratori del settore della moda con l’estensione per un massimo di 12 settimane (tra il 1° febbraio 2025 e il 31 dicembre 2025) dell’integrazione salariale riconosciuta dall’Inps ai lavoratori dipendenti di datori di lavoro, anche artigiani, con un numero medio di dipendenti non superiore a 15.
Un decreto non scalfito dagli emendamenti parlamentari depositati in commissione Industria al Senato dove le votazioni sono durate un paio d’ore, concentrandosi in una sola giornata. Ritirati quelli di maggioranza, respinti quelli di opposizione: l’esame si è concentrato sulle sule proposte di modifica presentate dal Governo e dal relatore Salvo Pogliese (FdI).
La norma (ritirata) sulla prescrizione dei crediti da lavoro
È stato un emendamento del relatore, poi ritirato, ad alimentare le polemiche su questo provvedimento. Si tratta della norma (di cui le opposizioni hanno subito chiesto il ritiro) con cui si puntava a fare in modo che il termine di prescrizione quinquennale dei crediti da lavoro decorra non più dalla conclusione del rapporto di lavoro, ma “in circostanza di rapporto di lavoro”. E questo, solo per i crediti di lavoro del personale dipendente impiegato nelle imprese con più di 15 dipendenti nei cui confronti trovano applicazione le tutele nel caso di licenziamento illegittimo.
Ma i “tempi stringenti” per la conversione in legge del decreto hanno impedito un confronto approfondito in commissione, portando a ritirare l’emendamento. A spiegarlo è lo stesso senatore di FdI Pogliese, relatore e presentatore dell’emendamento: “Ritengo opportuno che questo emendamento sia oggetto di un articolato dibattito in commissione, data l’importanza e la delicatezza del tema. Verrà dunque ripresentato all’interno di un altro provvedimento legislativo con tempi più adeguati alla sua discussione”, ha detto in una nota.
L’emendamento Pogliese, inoltre, interveniva anche in materia di minimi retributivi prevedendo che “la retribuzione stabilita nell’accordo tra le parti, in applicazione di quanto indicato dal contratto collettivo si presume proporzionata e sufficiente ai sensi dell’art. 36 della Costituzione, salvo che venga accertata la grave inadeguatezza dello standard retributivo stabilito dal contratto collettivo di lavoro per il settore e la zona di svolgimento della prestazione, tenuto conto dei livelli di produttività del lavoro e degli indici del costo della vita, come accertati dall’Istat”.
Il bonus da 500 euro per i beneficiari dell’Assegno di inclusione
Tra le novità inserite nel provvedimento, arriva un “contributo straordinario” fino a 500 euro per i beneficiari dell’Assegno di inclusione che nel 2025 hanno concluso il primo periodo di fruizione del beneficio (18 mesi) e sono stati ammessi al rinnovo per i successivi 12 mesi.
La norma, predisposta dal Governo (ministero del Lavoro), prevede che ai nuclei familiari che hanno presentato domanda per il rinnovo dell’Assegno di inclusione, previa verifica della sussistenza dei requisiti previsti, spetta un contributo straordinario aggiuntivo pari all’importo della prima mensilità di rinnovo, comunque non superiore a 500 euro.
La proposta del Governo aggiunge che, ove spettante, il contributo straordinario aggiuntivo viene erogato con la prima mensilità di rinnovo dell’Assegno di inclusione e comunque entro e non oltre il mese di dicembre 2025. La misura ha un costo stimato di 234 milioni di euro per il 2025 calcolato sulla base di una platea di 506 mila nuclei familiari.
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