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Gli impatti internazionali della One Big Beautiful Bill, cresce l’allarme sul debito USA


La nuova legge fiscale americana stimola l’economia ma alimenta deficit e incertezze. Mercati divisi tra crescita e rischi inflazionistici.

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Con l’approvazione della cosiddetta One Big Beautiful Bill, la politica economica statunitense assume una svolta decisa verso stimoli fiscali e incentivi agli investimenti, pur sollevando forti preoccupazioni per l’aumento del debito pubblico.

La nuova legge, voluta dall’amministrazione Trump e approvata malgrado i forti dissensi anche nella maggioranza Repubblicana, proroga i tagli fiscali e introduce importanti agevolazioni per la produzione industriale e la ricerca, ma rischia di pesare sui conti pubblici, con un deficit stimato intorno al 7% del PIL nei prossimi anni.

Secondo l’analisi di Capital Group, l’impatto sull’economia statunitense sarà duplice: da un lato una modesta spinta alla crescita, dall’altro l’ulteriore pressione su tassi di interesse e inflazione.

Le previsioni indicano una crescita del PIL compresa tra l’1% e l’1,5%, mentre il maggior fabbisogno di finanziamento da parte del Tesoro potrebbe spingere al rialzo i rendimenti obbligazionari, irrigidendo la curva dei tassi e complicando le prossime mosse della Federal Reserve.

L’aumento strutturale del debito pubblico statunitense (stimato in +3,3 trilioni di dollari nel prossimo decennio) potrebbe influenzare i tassi globali, con tassi USA più alti per attrarre acquirenti di Treasury che potrebbero tradursi in tassi più elevati anche nei mercati emergenti, aumentando il costo del debito e il rischio di default.

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Il provvedimento ha effetti differenziati sui settori produttivi.

Ne beneficiano le aziende ad alta intensità di capitale, come l’industria dei semiconduttori, i produttori di macchinari e le imprese tecnologiche attive nei data center, centrali per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale.

Favoriti anche i contractor della difesa, grazie ai nuovi stanziamenti. A perdere terreno potrebbero invece essere i produttori di veicoli elettrici, colpiti dalla fine degli incentivi, e le energie rinnovabili, penalizzate da un ridimensionamento dei sussidi.

Le misure di incentivo alla produzione interna e alla R&S (come l’ammortamento bonus al 100%) pongono nuove pressioni competitive sugli altri Paesi: l’Europa in particolare potrebbe essere costretta a rivedere le proprie politiche fiscali e industriali per evitare una fuga di investimenti verso gli Stati Uniti.

Se da una parte l’aumento del deficit potrebbe alimentare dubbi sulla sostenibilità a lungo termine del debito, dall’altra i rendimenti reali positivi e il potenziale di crescita interna mantengono elevata l’attrattività del biglietto verde nel breve periodo. Questo potrebbe portare a un rafforzamento del dollaro che potrebbe mitigare l’impatto dei dazi che ormai sembrano strutturali, almeno nei confronti di molte nazioni.

Eventuali segnali di rallentamento della crescita globale o una ripresa in Europa potrebbero però cambiare rapidamente il quadro.

Nel complesso, la nuova legge disegna un futuro incerto per l’economia americana: a fronte di un’accelerazione degli investimenti in settori strategici, il peso crescente del debito rischia di comprimere il margine di manovra fiscale, mettendo alla prova la fiducia degli investitori e la resilienza dei mercati.

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