Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, ha tenuto oggi, presso il Senato della Repubblica, un intervento al Convegno
‘Le opportunità del Piano Mattei per lo sviluppo dell’Africa’
Imprese, cooperative e associazioni protagoniste del cambiamento
Esattamente due anni fa, il 23 luglio 2023, l’Italia ospitava la “Conferenza di Roma”: alla Farnesina si riunirono i rappresentanti di numerosi Stati africani, del Medio Oriente, e delle più importanti istituzioni internazionali. Vengono poste le basi per un radicale rinnovamento delle forme di cooperazione con le nazioni africane. Anche da quella conferenza ha iniziato a prendere forma il Piano Mattei.
Un fattore importante che spinse a questo cambio di passo fu in quel momento, l’urgenza di arginare il fenomeno della migrazione irregolare.
Ma non fu il fattore centrale. Il Fattore decisivo era la consapevolezza della centralità dell’Africa nel futuro del Pianeta. Una centralità colpevolmente sottovalutata negli ultimi anni dall’Occidente, che, fatte tutte le distinzioni al proprio interno, al massimo si è interessato dell’Africa per questioni legate all’accesso e alla gestione delle riserve di materie prime.
Sono altri i fattori che rendono l’Africa il continente del futuro.
Il primo è la demografia. Età media mondiale: 30,7 anni, 43,4 anni in Europa occidentale, addirittura a 48,1 anni in Italia. In Africa è diverso, l’età media è di appena 19 anni. Entro il 2030 oltre il 40% della popolazione giovanile mondiale sarà africana. Entro il 2035 l’Africa avrà la più grande forza lavoro del mondo, superando Cina e India.
Diversi Stati africani – non soltanto quelli che si affacciano sul Mediterraneo – registrano una significativa crescita economica: secondo i dati della Banca Africana di Sviluppo, nella lista delle 20 economie più in crescita nel 2024, oltre la metà di queste, ben 11, sono africane; l’ONU stima che il PIL africano crescerà del 3,7% nel 2025 e del 4% nel 2026.
Certo, il Continente africano ha problemi storici non risolti. Con tutte le distinzioni da operare Nazione per Nazione, l’Africa sconta gravi debolezze interne: la crisi alimentare, l’estrema povertà, l’instabilità politica.
Il 23 luglio del 2023, uno dei tanti dati al tempo stesso reali e simbolici, partecipò alla Conferenza di Roma l’allora Primo Ministro del Niger che venne a Roma, ma non tornò più in Niger perché mentre si svolgeva la Conferenza – ma non c’è un nesso causale fra i due eventi – ci fu un colpo di Stato e l’allora Primo Ministro ha scelto luoghi per lui più sereni.
E infine la preoccupante insicurezza. Tutti abbiamo presente lo shock per l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Ma da anni il terrorismo islamico ha preso piede e radice in Africa. Anche in Occidente ha fatto degli errori. Il primo grosso errore di valutazione è stato quello di ritenere che la partita con il terrorismo islamico si fosse chiusa con la sconfitta dell’ISIS in Iraq e in Siria. Invece dopo quelle sconfitte si era andato diffondendo nel Corno d’Africa e nel Sahel. Quest’ultima area è tra le più martoriate al mondo: nel 2024 si sono contati il 51% del totale dei morti per attentati terroristici nel mondo.
Allo stesso modo, non è da ieri che la Russia e la Cina, con modalità diverse, si sono profondamente infiltrate in Africa. La Russia con una penetrazione soprattutto militare attorno ai giacimenti di materie critiche. La Cina con massicci investimenti di carattere infrastrutturale. Queste presenze influenzano decisioni politiche, commerciali, con effetti ben al di là dei confini del continente. Pensiamo soltanto al settore nucleare, di cui la Russia già detiene una posizione di mercato dominante, copre circa il 50% del fabbisogno di uranio arricchito USA e il 40% del fabbisogno della Ue. Questa posizione è destinata a crescere ulteriormente, grazie all’influenza dei russi su Stati africani in cui l’uranio è presente, penso ancora una volta al Niger.
Ci sono voluti una serie di colpi di Stato, sei in tre anni solo nel Sahel, e le immagini delle bandiere di alcuni Stati europei bruciate per strada, per farci comprendere come la penetrazione dei gruppi jihadisti e di potenze straniere sia ormai avanzata. Cosa che dovrebbe allarmarci ulteriormente: tutto ciò ha trovato terreno fertile nel crescente sentimento anti-occidentale che soprattutto nei confronti di alcune Nazioni cresce, e cresce soprattutto per la profonda delusione degli africani di fronte all’atteggiamento paternalistico e predatorio che per decenni ha caratterizzato l’atteggiamento dell’Occidente nei loro riguardi.
È su quest’ultimo aspetto che interviene il Piano Mattei, con un approccio radicalmente. Non è di un piano calato dall’alto, né è sottoposto a rigide condizionalità, come fanno alcune organizzazioni internazionali quando vogliono imporre forme di ‘colonizzazione ideologica’ utilizzo un’espressione cara a Papa Francesco a danno della popolazione locale. È una piattaforma di cooperazione aperta e paritaria, in cui il contenuto dei progetti viene definito insieme, dopo approfonditi confronti con i nostri partner africani, sulla base delle esigenze da loro rappresentate.
Un secondo pilastro portante del Piano Mattei, che ne sta assicurando la riuscita, è la sua governance. il Piano abbandona un approccio burocratico-centralistico, e poggia su una governance che potremmo definire multilivello, che raccoglie e integra i contributi di tutti i principali soggetti a vario titolo coinvolti nel processo:
- al vertice opera la Cabina di Regia, guidata dalla PdC, di cui fanno parte i Ministeri competenti, la Conferenza delle Regioni, la Conferenza dei Rettori, rappresentanti della società civile, del Terzo settore, di enti pubblici o privati, le imprese partecipate dallo Stato, le imprese industriali;
- il supporto tecnico e strategico alla Cabina di Regia è assicurato dalla “Struttura di Missione”, diretta dal Consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio, Fabrizio Saggio;
- vi è poi Comitato tecnico, che valuta i progetti finanziati dal Piano.
Per le imprese si aprono importanti e concrete opportunità di investimento: nella cornice del Piano Mattei esse possono davvero tradursi sul territorio africano in sviluppo economico, in formazione e trasferimento di competenze, di miglioramento delle condizioni di vita della popolazione.
L’esempio più evidente proviene dal settore agro-alimentare. In Algeria, Bonifiche Ferraresi ha investito, a partire dal 2024, 420 milioni di euro per recuperare e mettere a coltura 36.000 ettari di terreno fino al giorno prima arido: secondo le stime del The European House – Ambrosetti, ciò porterà alla produzione di 40-45 mila tonnellate annue di cereali e legumi, con un impatto su circa 600mila persone beneficiarie, con 6.000 unità di personale locale impiegate, di cui 1.500 a tempo indeterminato. Negli scorsi mesi, l’iniziativa ha portato alla costruzione di numerosi sistemi irrigui e alla prima semina. Analoghe iniziative sono in corso in Libia, in Congo, in Costa d’Avorio e altre Nazioni africane.
È stata attivata una linea di finanziamento di 200 milioni di euro garantita da SACE in favore del Ministero delle Finanze della Costa d’Avorio per programmi di investimento nel settore agribusiness, in particolare quelli collegati alle filiere di cereali, riso e mais. L’iniziativa intende anche stimolare l’export dall’Italia, attraverso l’organizzazione di incontri tra aziende italiane, ministeri ivoriani competenti e alcune società controllate dal Governo.
Grazie all’integrazione tra Piano Mattei e il progetto europeo Global Gateway, presentata al vertice di Villa Pamphili del 20 giugno scorso – che porta le risorse disponibili complessive ad un totale di 1,2 miliardi di euro – è diventato operativo il programma TERRA – Transforming and Empowering Resilient and Responsible Agribusiness, che combina risorse finanziarie europee e capitali privati per promuovere lo sviluppo della catena del valore in campo agricolo nel Continente africano.
Ma il Piano Mattei non riguarda soltanto il pur importante settore alimentare: vi sono progetti che riguardano la sanità, l’energia, l’istruzione, le infrastrutture, le nuove tecnologie. Appena un mese fa è stato inaugurato l’Hub di I.A. per lo Sviluppo Sostenibile: è un progetto guidato dal Mimit col supporto delle Nazioni Unite, col coinvolgimento di oltre 300 start-up africane. Ha lanciato due programmi pilota su innovazioni industriali e digitalizzazione delle lingue locali.
Al di là dei singoli progetti, il dato più rilevante è che gli Stati africani percepiscono la sincerità dell’impegno che l’Italia ha messo in campo in questi due anni. Non parlo soltanto delle Nazioni che hanno aderito formalmente al Piano Mattei – in un anno e mezzo sono passate da 9 a 14 e ce ne sono altre che chiedono e noi dovremmo dotarci delle strutture per far fronte a queste richieste – ma anche di quelle nazioni che si sono allontanate dalla sfera occidentale, ma non dall’Italia. Penso al Niger, in cui, proprio in forza della nuova credibilità conquistata dall’Italia sul campo, è presente un unico contingente militare occidentale: quello italiano.
Ringrazio, pertanto, gli organizzatori del convegno, che rappresenta una preziosa occasione per far conoscere più da vicino alle imprese partecipanti questa cruciale progettualità strategica, ma anche per ricevere da loro suggerimenti e critiche: il suo spirito, i suoi aspetti più pratici-organizzativi e, soprattutto, le opportunità che il Piano Mattei ha la potenzialità di generare, a beneficio di tutti.
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