Solo con una nuova rivoluzione industriale l’isola potrà avere un futuro davvero ecosostenibile
Legambiente: “Per poter avere un futuro green la Sardegna ha bisogno di una giusta transizione energetica ma anche di intervenire sul territorio da bonificare. Le più di mille aree contaminate aspettano da anni che le istituzioni provvedano e investano su innovazione, lotta alla crisi climatica e trasparenza”
Bonifiche, decarbonizzazione, lotta alla crisi climatica e innovazione. Sono questi i quattro pilastri al centro di una nuova rivoluzione industriale di cui si deve far portavoce la Sardegna, un territorio dove sono anche troppe le ferite ambientali da sanare e i siti inquinati da bonificare. È questo il messaggio che lancia oggi da Cagliari Goletta Verde di Legambiente, nel suo primo giorno di tappa, facendo il punto sul “Clean Industrial Deal” che serve al territorio sardo a partire dal Sulcis Iglesiente Guspinese e il SIN di Porto Torres dove le bonifiche procederono al rallentatore. In questa partita è fondamentale coinvolgere comunità, imprese, cittadini e associazioni.
Il censimento del 2019 della Sardegna inquinata parla di 169 siti industriali, 151 siti minerari e 9 siti militari a cui si aggiungono 404 discariche e 257 siti legati alla distribuzione di carburanti. In totale: più di mille aree, piccole e grandi, il 25% delle quali ricade in classe di priorità alta o medio-alta. In Sardegna ci sono 2 Siti di Interesse Nazionale che sono quello del Sulcis Iglesiente Guspinese e il SIN di Porto Torres, nel 2008 venne dichiarato di interesse nazionale anche il sito dell’ex arsenale de La Maddalena, successivamente declassato a sito di interesse regionale per modificati criteri di identificazione. Dei due siti di interesse nazionale, quello del Sulcis-Iglesiente-Guspinese occupa una superficie complessiva di 52.167 ettari all’interno della quale ricadono i tre dei principali complessi industriali dell’Isola (Macchiareddu, Sarroch e Portovesme).
Una realtà complessa, dunque, che è al centro del dibattito regionale per tanti motivi, in cui si intersecano il disimpegno delle aziende, distanti dai territori, e la conseguente crisi economica e sociale delle comunità. Una pesante eredità di inquinamento, sottolinea Legambiente, che troppo facilmente passa in secondo piano rispetto alle aspettative di ripresa e di sviluppo e agli scenari relativi all’approvvigionamento energetico per il rilancio produttivo, che sembrano andare in direzione opposta rispetto all’ineludibile percorso di decarbonizzazione.
A Portovesme, da circa vent’anni la falda inquinata da metalli pensanti attende un intervento di bonifica ma il progetto interaziendale di disinquinamento, improntato al principio chi inquina paga, si è arenato per l’assenza di una adeguata regia istituzionale ed è oggi smembrato in interventi parziali di competenza delle singole imprese responsabili, destando ovvie preoccupazioni non solo sulla realizzazione, ma soprattutto sulla successiva fase di gestione. Nel frattempo, si affacciano sulla scena di un territorio fragile progetti industriali come quello sul recupero del nucleo delle batterie elettriche (black mass) che, dietro un’apparenza di sostenibilità, nascondono il rischio concreto di ulteriore inquinamento e di consumo di risorse secondo un modello industriale che vogliamo considerare superato.
“Per il Sulcis, come per il resto della regione, Legambiente auspica una nuova rivoluzione industriale, fondata su lotta alla crisi climatica, circolarità e innovazione, che coinvolga le istituzioni, il mondo delle imprese, del lavoro e della ricerca e le comunità – dichiara Marta Battaglia, presidente Legambiente Sardegna. É fondamentale riconoscere la priorità del ripristino degli equilibri ecologici nelle aree compromesse come base per costruire uno sviluppo che non lasci indietro nessuno. Il Just Transition Fund è in questo senso un’occasione imperdibile per dare gambe alla transizione verde del Sulcis Iglesiente, e i progetti di risanamento attivati da Iglesias come i finanziamenti per il miglioramento delle performance energetiche delle piccole e medie imprese vanno sicuramente nella giusta direzione”.
“Sei milioni di cittadine e cittadini vivono in aree contaminate, a loro viene negato il diritto alla salute. La nostra campagna nazionale “Ecogiustizia subito, in nome del popolo inquinato” – dichiara Alice De Marco, portavoce di Goletta Verde – è nata con lo scopo di riaccendere i riflettori su questi territori che aspettano la bonifica ormai da decenni. Insieme alle altre associazioni nel viaggio dell’Italia del Popolo inquinato stiamo chiedendo impegni concreti e tempi certi per le bonifiche, l’applicazione del principio chi inquina paga, il diritto alla salute e alla transizione ecologica come strategia per garantire lo sviluppo economico e sociale dei territori inquinati. Anche per la bonifica dei Sin della Sardegna le istituzioni devono accelerare i tempi, mettere al centro la salute dei cittadini e delle cittadine e garantire giustizia ambientale e sociale”
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