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Lavorare per non tornare: così il carcere diventa rieducazione vera




24 Luglio 2025


GIUSTIZIA | L’intervento del Sottosegretario

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Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari delinea la strategia del Governo per ridurre la recidiva e il sovraffollamento carcerario. Al centro: formazione professionale, collaborazione con le imprese e reinserimento sociale come strumenti di sicurezza e giustizia vera

Roma, 24 luglio 2025 – Non una concessione, ma un investimento in sicurezza e dignità. È così che il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari descrive il lavoro in carcere nel suo editoriale pubblicato oggi su Il Sole 24 Ore, in occasione del bilancio del progetto governativo “Recidiva Zero”. Un piano avviato dal Governo Meloni fin dall’insediamento nel 2022, con l’obiettivo dichiarato di ridurre il tasso di recidiva attraverso la rieducazione effettiva dei detenuti, a partire dal lavoro.

Il richiamo alla dignità delle persone detenute è il filo conduttore dell’intervento di Ostellari. Ricorda che la detenzione non può e non deve mai significare esclusione o annientamento sociale. Anche chi ha sbagliato ha diritto a un percorso di riscatto e reinserimento, tanto più se ciò contribuisce alla sicurezza collettiva. È in questa logica che la rieducazione – prevista dalla Costituzione come fine della pena – assume una funzione concreta, utile alla comunità prima ancora che all’individuo.

Nel testo, il sottosegretario ripercorre simbolicamente la data del 17 giugno, ricordando l’arresto di Enzo Tortora, esempio di grave errore giudiziario e di profonda ingiustizia. Ma affianca a questo anche il tributo a coloro che lavorano nel sistema penitenziario, spesso in condizioni difficili: dagli agenti ai funzionari, fino alle vittime del sistema stesso, come i tanti suicidi tra la popolazione detenuta.

Il lavoro come antidoto alla recidiva

Ostellari sottolinea con forza i dati che supportano la strategia del Governo: il 98% di chi svolge un’attività professionale durante la detenzione, una volta uscito, non torna a delinquere. Un risultato che giustifica – spiega – il forte impegno politico per ampliare le opportunità lavorative dietro le sbarre. Al momento, circa 21.200 detenuti lavorano, pari al 34,3% della popolazione carceraria. La maggior parte sono impiegati direttamente dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, ma cresce significativamente il numero di quelli assunti da imprese private e soggetti del Terzo settore, che offrono – osserva Ostellari – regole, disciplina e percorsi concreti di reinserimento.

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Dal 2022 al 2024, il lavoro alle dipendenze del DAP è aumentato del 5%, mentre quello esterno ha registrato un +30%. Merito anche del rilancio della Legge Smuraglia, potenziata dal decreto “Sicurezza”, che prevede agevolazioni fiscali per le imprese che assumono persone detenute. Il numero delle aziende coinvolte è passato da 519 nel 2023 a 730 nel 2024, con un incremento del 40,6%.

Misure innovative e riforme in arrivo

Il Governo ha introdotto anche ulteriori novità, tra cui un elenco nazionale delle strutture esterne in grado di accogliere detenuti in misura alternativa che non dispongano di un domicilio. Questa misura, contenuta nel decreto “Carcere sicuro”, mira a ridurre il sovraffollamento e a garantire percorsi alternativi realmente attuabili, anche per i soggetti più fragili.

Ostellari richiama poi l’attenzione su un’altra urgenza: l’edilizia penitenziaria. Gran parte delle carceri italiane sono vecchie, inadeguate e inadatte ad accogliere laboratori o attività trattamentali. Per questo il Governo punta anche sul Commissario straordinario per l’edilizia carceraria, figura chiamata a intervenire con risorse mirate e rapidità di esecuzione.

Comunicare per costruire consenso

Non manca un appello alla comunicazione: è necessario – afferma il sottosegretario – spiegare ai cittadini che investire sul lavoro in carcere non è solo un atto di umanità o un dovere costituzionale, ma anche una scelta economicamente razionale e socialmente efficace. I vantaggi ricadono su tutta la collettività: meno recidiva, meno spese per la sicurezza, più reinserimento, più coesione sociale.

In conclusione, Ostellari definisce il progetto ambizioso ma realizzabile: un sistema penitenziario moderno, in grado di diventare modello europeo, capace di coniugare legalità, efficienza e umanità. Una giustizia che non sia vendetta, ma risarcimento alla società e occasione di riscatto per chi ha sbagliato.


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Roma, 24 luglio 2025 – Non una concessione, ma un investimento in sicurezza e dignità. È così che il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari descrive il lavoro in carcere nel suo editoriale pubblicato oggi su Il Sole 24 Ore, in occasione del bilancio del progetto governativo “Recidiva Zero”. Un piano avviato dal Governo Meloni fin dall’insediamento nel 2022, con l’obiettivo dichiarato di ridurre il tasso di recidiva attraverso la rieducazione effettiva dei detenuti, a partire dal lavoro.

Il richiamo alla dignità delle persone detenute è il filo conduttore dell’intervento di Ostellari. Ricorda che la detenzione non può e non deve mai significare esclusione o annientamento sociale. Anche chi ha sbagliato ha diritto a un percorso di riscatto e reinserimento, tanto più se ciò contribuisce alla sicurezza collettiva. È in questa logica che la rieducazione – prevista dalla Costituzione come fine della pena – assume una funzione concreta, utile alla comunità prima ancora che all’individuo.

Nel testo, il sottosegretario ripercorre simbolicamente la data del 17 giugno, ricordando l’arresto di Enzo Tortora, esempio di grave errore giudiziario e di profonda ingiustizia. Ma affianca a questo anche il tributo a coloro che lavorano nel sistema penitenziario, spesso in condizioni difficili: dagli agenti ai funzionari, fino alle vittime del sistema stesso, come i tanti suicidi tra la popolazione detenuta.

Il lavoro come antidoto alla recidiva

Ostellari sottolinea con forza i dati che supportano la strategia del Governo: il 98% di chi svolge un’attività professionale durante la detenzione, una volta uscito, non torna a delinquere. Un risultato che giustifica – spiega – il forte impegno politico per ampliare le opportunità lavorative dietro le sbarre. Al momento, circa 21.200 detenuti lavorano, pari al 34,3% della popolazione carceraria. La maggior parte sono impiegati direttamente dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, ma cresce significativamente il numero di quelli assunti da imprese private e soggetti del Terzo settore, che offrono – osserva Ostellari – regole, disciplina e percorsi concreti di reinserimento.

Dal 2022 al 2024, il lavoro alle dipendenze del DAP è aumentato del 5%, mentre quello esterno ha registrato un +30%. Merito anche del rilancio della Legge Smuraglia, potenziata dal decreto “Sicurezza”, che prevede agevolazioni fiscali per le imprese che assumono persone detenute. Il numero delle aziende coinvolte è passato da 519 nel 2023 a 730 nel 2024, con un incremento del 40,6%.

Misure innovative e riforme in arrivo

Il Governo ha introdotto anche ulteriori novità, tra cui un elenco nazionale delle strutture esterne in grado di accogliere detenuti in misura alternativa che non dispongano di un domicilio. Questa misura, contenuta nel decreto “Carcere sicuro”, mira a ridurre il sovraffollamento e a garantire percorsi alternativi realmente attuabili, anche per i soggetti più fragili.

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Ostellari richiama poi l’attenzione su un’altra urgenza: l’edilizia penitenziaria. Gran parte delle carceri italiane sono vecchie, inadeguate e inadatte ad accogliere laboratori o attività trattamentali. Per questo il Governo punta anche sul Commissario straordinario per l’edilizia carceraria, figura chiamata a intervenire con risorse mirate e rapidità di esecuzione.

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Non manca un appello alla comunicazione: è necessario – afferma il sottosegretario – spiegare ai cittadini che investire sul lavoro in carcere non è solo un atto di umanità o un dovere costituzionale, ma anche una scelta economicamente razionale e socialmente efficace. I vantaggi ricadono su tutta la collettività: meno recidiva, meno spese per la sicurezza, più reinserimento, più coesione sociale.

In conclusione, Ostellari definisce il progetto ambizioso ma realizzabile: un sistema penitenziario moderno, in grado di diventare modello europeo, capace di coniugare legalità, efficienza e umanità. Una giustizia che non sia vendetta, ma risarcimento alla società e occasione di riscatto per chi ha sbagliato.


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