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Terzo Settore: irrisolta la distinzione tra ENC, ONLUS e imprese sociali


Il documento normativo conseguente al testo approvato preliminarmente dal Consiglio dei Ministri del 22 luglio 2025 non sarà disponibile prima della fine di settembre, ma, come vedremo non risolve tutte le criticità di alcune disposizioni sicuramente errate in materia di IVA.

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Le nuove incertezze

Il caso di maggior rilievo riguarda la norma che avrebbe riservato l’esenzione da IVA per alcune importanti attività (ambulanze, spedalizzazione, istruzione) agli “enti del Terzo Settore di natura non commerciale”.

Questa locuzione era venuta dall’art. 89 c. 7 del Codice del Terzo Settore, per sostituire il termine ONLUS. Primo errore, risalente alla legge ONUS del 1990: scritto così sembrerebbe che questi enti beneficiano dell’esenzione anche se non autorizzati, convenzionati, riconosciuti. Così non è perché, se vogliono l’esenzione devono rispettare le regole oggettive per l’esenzione.

Secondo errore: le cooperative sociali, enti di natura commerciale, erano ONLUS di diritto, e quindi non si può sostituire questo termine con la qualificazione non commerciale.

Il decreto legislativo, ora in itinere, di fatto non corregge il primo errore, perché continua a nominare i nuovi soggetti: ben si sarebbe potuto evitare di richiamarli, proprio perché il loro status non dà diritto all’esenzione senza gli altri requisiti.

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Tornando alla qualificazione della natura non commerciale, questo inserimento nel DPR 633/72 avrebbe dovuto entrare in vigore il 1° gennaio 2026. Ma la banca dati del MEF (def.finanze.it) lo riporta come vigente dal 30 giugno 2021, inducendo l’Agenzia delle Entrate a rispondere (Risp. AE 15 luglio 2021 n. 475) con la negazione dell’esenzione ad una impresa sociale.

Questa risposta, cui hanno fatto seguito altre da parte delle Direzioni Regionali, ha indotto le (poche) ONLUS che sono già migrate nel registro del Terzo Settore a qualificarsi come “altri enti”, rifuggendo dall’impresa sociale, che meglio sarebbe stata pertinente.  

Ma il provvedimento non risolve il problema, anzi:

  • esenzioni dell’art. 10 DPR 633/72, n. 12 (cessioni gratuite per finalità di assistenza, beneficenza, educazione) e n. 15 (trasporto malati o feriti) riservate alle cooperative sociali ed alle imprese sociali non costituite in forma di società. I casi più diffusi di impresa sociale sono quelli gestiti da fondazioni;
  • esenzioni dei n. 19 (ospedalizzazione), 20 (istruzione) e 27-ter (assistenza a soggetti disagiati), agli ETS comprese le cooperative sociali e i loro consorzi, ma escluse tutte le imprese sociali.

Con buona pace dell’art. 133 direttiva 2006/112/CE, che dice l’esatto contrario, che lo Stato può limitare le esenzioni agli enti for profit. Con la nuova disposizione si santifica il fatto che una clinica privata convenzionata è esente da IVA, mentre non lo è una clinica gestita da un’impresa sociale.

Quindi le 9.000 ONLUS che devono ancora migrare al registro (i tre quarti di quelle tenute a questo adempimento) continueranno a rifuggire dall’impresa sociale, rifugiandosi nella nicchia degli “altri enti”.

Un’altra disposizione del nuovo decreto legislativo riguarda il regime forfetario (redditività 1% dei ricavi per le organizzazioni di volontariato – ODV e 3% per le associazioni di promozione sociale – APS), oltre che di franchigia IVA. Una disposizione transitoria aveva già concesso a questi enti il regime sino al vecchio limite di 65.000 euro. Si va ora ad 85.000 euro (con quale regime transitorio?) e si toglie la soglia teorica del 130.000 euro (il doppio del vecchio regime) in attesa dell’autorizzazione europea. Che non risulta sia stata chiesta.

Inoltre, dall’anno prossimo, quando dovrebbero acquisire la partita IVA, perdendo l’esclusione soggettiva, gli enti che rimangono nel regime forfetario saranno esonerati dalla certificazione dei corrispettivi, cioè dalla tenuta del registratore di cassa. Il richiamo alla lettera hh) dell’art. 2 DPR 696/72 riguardava l’esonero da certificazione per “le cessioni e le prestazioni poste in essere dalle associazioni sportive dilettantistiche che si avvalgono della disciplina di cui alla L. 398/91 (che rimane per questi enti sino a  400.000 euro di proventi commerciali), mentre viene meno la sua applicabilità per le associazioni senza fini di lucro e le associazioni pro-loco, in quanto enti del Terzo Settore, la cui esenzione si ferma a 85,000 euro, se viene applicato il regime forfetario.

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Un’ultima disposizione, collocata nell’articolo 1 del provvedimento, ma non riguardante l’IVA, concede la non concorrenza al reddito per le plusvalenze nel passaggio da attività commerciale a non commerciale. Ovvie le condizioni relative al cambio di destinazione ed al non realizzo.



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