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Agenda 2030, a che punto è l’Italia nello sviluppo sostenibile? I numeri dell’Istat


Sono passati dieci anni dalla firma dell’Agenda 2030 dell’Onu e ne restano solo cinque per raggiungere i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile. Nei giorni scorsi l’Istituto Nazionale di Statistica ha pubblicato un rapporto che fotografa la situazione dell’Italia

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25/07/2025

Sono già passati dieci anni da quel 25 settembre 2015 quando l’Assemblea Generale dell’Onu approvò e i 193 Paesi membri delle Nazioni Unite sottoscrissero l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e ne mancano appena cinque al raggiungimento dei suoi 17 Obiettivi, i Sustainable Development Goals (SDGs). Sconfiggere la povertà. Sconfiggere la fame. Salute e benessere di tutti. Istruzione di qualità. Parità di genere. Acqua pulita e servizi igienico-sanitari. Energia pulita e accessibile. Lavoro dignitoso e crescita economica. Imprese, innovazione e infrastrutture. Ridurre le disuguaglianze. Città e comunità sostenibili. Consumo e produzione responsabili. Lotta contro il cambiamento climatico. Vita sott’acqua. Vita sulla terra. Pace, giustizia e istituzioni solide. Partnership per gli obiettivi.

Nei giorni scorsi l’Istituto Nazionale di Statistica ha pubblicato un rapporto che fotografa la situazione dell’Italia rispetto a questi obiettivi. “L’analisi dell’evoluzione temporale delle misure statistiche, si legge nel rapporto, restituisce un quadro variegato che sottolinea, nel complesso, l’esigenza di un’accelerazione. Nonostante una quota maggioritaria di misure risulti in miglioramento, sia nell’ultimo anno (oltre il 50%), sia nel decennio (oltre il 60%), oltre il 20% delle misure sono caratterizzate da ‘stagnazione’ sia nel breve che nel lungo periodo e peggioramenti si evidenziano soprattutto nel breve periodo”.

“Da tutto ciò emerge con chiarezza – scrive nell’introduzione del rapporto Francesco Maria Chelli, presidente dell’Istat – come nel contesto dell’Agenda 2030 la statistica ufficiale non sia soltanto uno strumento di analisi, ma diventi un elemento essenziale di governance, fornendo l’evidenza necessaria per orientare le politiche, allocare le risorse in modo efficace e promuovere una cultura della valutazione basata sui dati. In questa prospettiva, la produzione di informazione rappresenta anche un’occasione per rafforzare la stretta collaborazione tra istituzioni statistiche nazionali, organismi internazionali, enti di ricerca e società civile”.

La sostenibilità non è una questione solamente ambientale. L’attuazione dell’Agenda 2030, infatti, richiede un forte coinvolgimento di tutte le componenti della società, dal settore pubblico alle imprese private, dalla società civile agli operatori dell’informazione e della cultura. Tutti i Paesi sono chiamati ad impegnarsi nel definire una propria strategia di sviluppo sostenibile che consenta di raggiungere gli obiettivi fissati, comunicando i risultati conseguiti alle Nazioni Unite.

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L’ultima versione della Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, aggiornata e approvata nel 2023, si divide in due sezioni: le cosiddette “5P” e i “Vettori di sostenibilità”. La prima descrive quali sono gli obiettivi dell’Italia, organizzati sulla base delle “5P”, appunto, dell’Agenda 2030: Persone, Pianeta, Prosperità, Pace, Partnership. La seconda sviluppa le “condizioni abilitanti”, cioè quei “fattori trasversali necessari per la realizzazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile a livello nazionale e territoriale, indispensabili per innescare autentici percorsi trasformativi all’interno delle amministrazioni centrali e territoriali e della società”.

Nell’area “Persone” sono comprese le scelte relative a una dimensione sociale che garantisca una vita dignitosa a tutta la popolazione. In quella “Pianeta” troviamo le azioni per la conservazione della biodiversità, la gestione sostenibile delle risorse naturali, la resilienza dei territori e delle comunità, la cura del paesaggio e dei beni culturali. Nella “Prosperità” la creazione di un nuovo modello economico, circolare, che garantisca lo sviluppo del potenziale umano e un più responsabile uso delle risorse minimizzando gli impatti negativi sull’ambiente. Nell’area “Pace” vengono promosse scelte verso società pacifiche, eque ed inclusive sia per i residenti che per i migranti; la lotta a ogni discriminazione di genere e di razza e il contrasto alla criminalità, alla corruzione e alla violenza. La “Partnership” è dedicata alla “dimensione esterna”, verso gli obiettivi della politica di cooperazione allo sviluppo.

Il Sustainable Development Goals Report 2025 delle Nazioni Unite ha lanciato un segnale di allarme, sottolineando che, senza interventi straordinari, lo scenario più probabile nei prossimi anni è il fallimento su larga scala del raggiungimento degli obiettivi. “Il percorso dell’ultimo decennio è stato infatti degnato da shock esogeni – la crisi pandemica, l’aumento delle tensioni geopolitiche, la spirale inflazionistica innescata dall’incremento dei prezzi dei prodotti energetici – che hanno condizionato negativamente i percorsi di avanzamento e recupero a livello globale, nazionale e territoriale, sottraendo rilevanti risorse alla promozione dello sviluppo sostenibile”.

Per quanto riguarda l’Italia, nell’ultimo anno disponibile, i Goal che registrano minori progressi, collocandosi in una posizione di stabilità, se non di regressione sono quelli relativi alla Vita sulla terra (15), Pace giustizia e istituzioni (16), Acqua (6) e Parità di genere (5) con una percentuale di misure stabili e in peggioramento superiore al 60%. All’opposto i Goal 17 (Partnership per gli obiettivi), 8 (Lavoro e crescita economica) e 7 (Energia) registrano un marcato miglioramento, con un risultato leggermente superiore a quello dei Goal 4 (Istruzione), 12 (Consumo e produzione responsabili) e 11 (Città sostenibili).

Il posizionamento delle Regioni rispetto alla media nazionale si caratterizza per una “polarizzazione tra Centro-Nord e Mezzogiorno: nel Nord il 51,2% delle misure mostra valori migliori della media nazionale (48,4%); all’opposto nel Mezzogiorno il 52,2% risulta in posizione peggiore”. Quelli che contribuiscono maggiormente all’andamento sfavorevole nelle regioni meridionali sono l’8 (Lavoro e crescita economica), il 10 (Ridurre le disuguaglianze), l’1 (Sconfiggere la povertà) e il 4 (Istruzione), con più del 60% di misure peggiori rispetto alla media. Nelle regioni del Nord, invece, le maggiori criticità si riscontrano per i Goal 2 (Sconfiggere la fame), 14 (Vita sott’acqua) e 12 (Consumo e produzione responsabili). La Valle d’Aosta, la Lombardia e il Friuli-Venezia Giulia presentano la più alta incidenza di misure vantaggiose rispetto alla media nazionale.

Un focus particolare il rapporto lo dedica all’Unione europea e alle sue principali economie (Francia, Germania e Spagna). Il Green Deal rimane il punto di riferimento per l’attuazione dell’Agenda 2030. Esso, infatti, mira a orientare le economie dei Paesi europei verso la sostenibilità, promuovendo una transizione ecologica inclusiva, circolare e climaticamente neutra. Provvedimenti più recenti come la Bussola per la competitività e il Patto per l’industria pulita “riflettono una continuità nell’allineamento tra gli obiettivi di competitività e quelli di sostenibilità nelle politiche europee”. Tuttavia, la nuova Commissione ha ridimensionato o posticipato alcune misure previste dal Green Deal.

Il confronto tra le quattro maggiori economie europee dell’area euro diventa fondamentale in considerazione del loro peso economico e delle performance che influenzano la convergenza dell’UE27 verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Nell’area Persone, i migliori risultati vengono raggiunti dalla Francia e dall’Italia, che si collocano in prima posizione per cinque indicatori su quattordici. La Spagna eccelle nell’area Pianeta (sei prime posizioni su undici), mentre la Germania si distingue nell’area Prosperità (dieci prime posizioni su quindici). L’Italia, pur registrando progressi per alcuni indicatori, resta strutturalmente fragile soprattutto negli ambiti socio-economici dell’area Prosperità.

A settembre dello scorso anno i leader mondiali, riuniti a New York, hanno adottato un Patto per il futuro “per adattare la cooperazione internazionale alla realtà di oggi e alle sfide di domani”. Il Patto mira soprattutto a garantire che le istituzioni internazionali siano in grado di agire in un mondo che è cambiato radicalmente in questi anni. Come ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, “non possiamo creare un futuro adatto ai nostri nipoti con un sistema costruito dai nostri nonni”. Il nuovo accordo si concentra su temi come lo sviluppo sostenibile, la pace e la sicurezza, la cooperazione digitale, i giovani e le generazioni future, e la trasformazione della governance globale.

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Rimane il problema, al di là di tutti i proclami, di una reale volontà politica che possa portare a un effettivo cambiamento e una svolta nell’azione dell’Onu con l’indicazione di strumenti efficaci con i quali poter raggiungere un ordine globale sostenibile, giusto e pacifico per tutti e avviare un nuovo inizio del multilateralismo.



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