Il DL Infrastrutture introduce modifiche con effetti immediati su procedure, affidamenti e gestione degli appalti
Il decreto infrastrutture 2025 (Dl 73/2025) è legge: con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge 18 luglio 2025, n. 105, è stato convertito con modificazioni il dl 73/2025. Il provvedimento – in vigore dal 20 luglio – introduce modifiche rilevanti al codice dei contratti pubblici (Dlgs 36/2023), con effetti immediati su procedure, affidamenti e gestione degli appalti.
Di seguito presentiamo una guida dettagliata a tali novità, con focus sul settore delle costruzioni.
Le modifiche sono suddivise per tema (qualificazione imprese, affidamenti diretti ed emergenze, soglie, criteri di aggiudicazione, PNRR, tempistiche ecc.), corredate da tabelle comparative tra il testo previgente e quello risultante dalle modifiche, e commentate con interpretazioni pratiche per stazioni appaltanti e operatori economici.
Il cuore delle modifiche è l’art. 2 della nuova norma, riscritto in sede di conversione parlamentare, che interviene su numerose disposizioni del codice appalti.
Ecco le novità principali:
- art. 45: incentivi per funzioni tecniche;
- art. 57, co. 2: criteri ambientali minimi;
- art. 125, co. 1: anticipazione del prezzo;
- art. 136: coordinamento con norme della difesa;
- art. 140: procedure in caso di somma urgenza;
- nuovo art. 140-bis: interventi urgenti nei territori colpiti da eventi calamitosi;
- aggiornamento Allegato II.14;
- aggiornamento Allegato V.2.
Anticipazioni anche per i professionisti
La Commissione Ambiente e Trasporti della Camera ha approvato un emendamento che consente l’anticipazione del prezzo, finora riservata alle imprese di costruzioni, anche per i progettisti (ingegneri, architetti, geometri, ecc.).
Tale modifica segna un cambio di passo nell’attenzione verso i professionisti. La modifica dell’art. 125 del Codice dei contratti pubblici apre infatti la possibilità di concedere un’anticipazione del prezzo anche per i servizi di ingegneria e architettura, fino al 10%.
In particolare, dopo aver escluso in via generale l’anticipazione per i contratti di forniture e servizi di cui all’allegato II.14 (secondo il testo previgente), la norma ora aggiunge che tale esclusione non si applica ai servizi di ingegneria e architettura: infatti, “fatto salvo quanto previsto dall’articolo 33, comma 1-bis, del medesimo allegato II.14”, i progettisti possono ricevere un’anticipazione.
L’allegato II.14 stabilisce nel nuovo art. 33, comma 1-bis, che per questi servizi tecnici la stazione appaltante può prevedere nei documenti di gara un’anticipazione fino al 10% del corrispettivo, nei limiti delle somme a disposizione a quadro economico.
Resta ferma l’anticipazione ordinaria del 20% – elevabile al 30% – per gli appalti di lavori, mentre per le altre forniture/servizi diversi dalla progettazione continua a non spettare alcun anticipo.
Si tratta di una novità significativa a favore dei professionisti tecnici: per la prima volta viene ammessa una parziale anticipazione anche nei servizi di progettazione, seppur con aliquota ridotta.
Ciò permette ai progettisti di disporre di liquidità iniziale per avviare le prestazioni, analogamente a quanto avviene per le imprese esecutrici di lavori.
Operativamente, la stazione appaltante dovrà esplicitare nei documenti di gara la concessione dell’anticipo ai progettisti e imputarne l’onere nel quadro economico dell’intervento.
La misura può facilitare la partecipazione dei liberi professionisti agli appalti pubblici, mitigando gli oneri finanziari iniziali a loro carico.
La previsione è immediatamente vigente dal 20 luglio 2025, ma di fatto avrà agevole applicazione solo sui nuovi bandi di gara successivi a tale data.
CAM anche per gli appalti di ristrutturazione
L’articolo 57, comma 2, del Codice è stato modificato dal decreto infrastrutture per chiarire definitivamente che l’obbligo di applicazione dei criteri ambientali minimi (CAM) si estende anche agli appalti di ristrutturazione e non solo a quelli di nuova costruzione.
È stato infatti eliminato l’inciso “previa definizione di adeguati criteri”, che aveva sollevato dubbi interpretativi sull’effettiva operatività della norma.
La modifica rende immediatamente applicabili i CAM edilizia già esistenti che contengono indicazioni sia per interventi di nuova costruzione che di ristrutturazione.
Nello specifico, in sede di conversione è stato soppresso nell’art. 57 l’inciso che subordinava l’applicazione dei CAM edilizi all’emanazione di “adeguati criteri” da parte del MASE. La nuova formulazione dispone che i CAM si applicano “sulla base di quanto stabilito nei pertinenti criteri ambientali minimi relativi agli interventi edilizi”, senza attendere ulteriori atti ministeriali.
Si accelera dunque l’integrazione dei criteri di sostenibilità ambientale negli appalti di ristrutturazione. In pratica, le stazioni appaltanti possono fin da subito far riferimento diretto ai CAM edilizia esistenti per lavori di recupero, restauro, demolizione/ricostruzione, senza dover attendere apposite linee guida. Ciò rende immediatamente operativa la considerazione dei profili green anche negli interventi di recupero del patrimonio edilizio pubblico, garantendo uniformità con gli appalti di nuova costruzione.
La modifica si applica alle procedure avviate a partire dal 20 luglio 2025, eliminando di fatto qualunque periodo di attesa: i CAM edilizia sono ora self-executing per le ristrutturazioni.
Cosa sono i CAM
Uno degli approcci strategici per raggiungere obiettivi green è l’adozione dei criteri ambientali minimi (CAM), che rappresentano uno strumento di grande impulso per la sostenibilità ambientale delle attività della pubblica amministrazione (e non solo).
I CAM sono una serie di requisiti tecnici e di prestazione che materiali e processi devono rispettare per essere considerati sostenibili. Questi criteri sono stati sviluppati per promuovere la sostenibilità lungo tutto il ciclo di vita degli edifici, dalla progettazione alla demolizione.
Questi criteri mirano a ridurre il consumo di risorse e le emissioni inquinanti, incentivando al contempo l’adozione di pratiche di economia circolare.
Volendo riprendere la definizione data dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della Pubblica amministrazione, i CAM sono le “misure volte all’integrazione delle esigenze di sostenibilità ambientale nelle procedure d’acquisto di beni e servizi delle amministrazioni competenti”.
I CAM assumono un ruolo fondamentale nella transizione ecologica, ponendosi i seguenti obiettivi:
- ridurre gli impatti ambientali;
- promuovere modelli di produzione e consumo “circolari”;
- diffondere l’”occupazione verde”;
- razionalizzare i consumi della PA, riducendone la spesa.
Il Codice appalti stabilisce specifici obblighi e previsioni per l’utilizzo dei CAM e include criteri premiali per la sostenibilità ambientale.
L’art. 57, comma 2, del codice prevede che i CAM debbano essere considerati trasversalmente in ogni tipo di appalto. Questo significa che ogni fase del processo di approvvigionamento, dalla progettazione all’esecuzione, deve integrare questi criteri e garantire la necessaria sostenibilità.
Secondo l’art. 83, comma 2, i CAM devono essere espressamente specificati nei bandi di gara con indicazioni dettagliate nel documento di indirizzo alla progettazione e tra i criteri di approvvigionamento dei materiali.
In tema di criteri di aggiudicazione, inoltre, il Codice stabilisce che il soddisfacimento dei CAM preveda un punteggio premiale nella valutazione delle offerte tecniche, in particolare per servizi di ristorazione e concessioni. I criteri premiali sono inclusi negli atti di gara per incentivare pratiche sostenibili: es. le stazioni appaltanti possono attribuire punteggi aggiuntivi alle offerte che dimostrano un minor impatto ambientale o che utilizzano materiali riciclati o ecocompatibili.
Incentivi per funzioni tecniche: ok anche per il personale dirigenziale
Il comma 4 dell’art. 45 del Codice è stato riscritto, introducendo la possibilità di corrispondere gli incentivi per funzioni tecniche anche al personale con qualifica dirigenziale, in deroga al principio di onnicomprensività stipendiale previsto dal Dlgs 165/2001. Cade, dunque, il divieto previgente di remunerare i dirigenti con la quota incentivante legata alle funzioni tecniche: d’ora in avanti i dirigenti potranno percepire tali incentivi aggiuntivi.
Contestualmente, la norma impone alle stazioni appaltanti di trasmettere agli organi di controllo i dati annuali sugli importi incentivanti erogati ai dirigenti e il numero dei beneficiari, a garanzia di trasparenza.
Resta invariato il tetto massimo annuale degli incentivi, pari alla retribuzione annua lorda del dipendente.
Inoltre, per le amministrazioni che procedono con metodologia BIM (gestione informativa digitale) è prevista maggiorazione del 15% dell’incentivo.
Con il decreto infrastrutture 2025 viene risolta un’incertezza applicativa: ora i dirigenti pubblici possono essere destinatari degli incentivi tecnici al pari del resto del personale, superando il precedente limite normativo. Ciò potrebbe valorizzare l’apporto dei dirigenti nelle attività tecniche, potenzialmente motivandoli a un maggior coinvolgimento.
Per quanto riguarda l’applicazione, le nuove regole sono in vigore dal 20 luglio 2025 (data di entrata in vigore della legge 105/2025) e potranno applicarsi anche alle gare bandite prima di tale data purché le attività incentivabili siano svolte dal dirigente dopo il 31 dicembre 2024.
Si precisa che la trasparenza è garantita “attraverso la trasmissione annuale dei dati agli organi di controllo, secondo quanto previsto dall’Allegato I.10”.
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