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Aree interne e sviluppo agricoltura biologica


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agricoltura aree interne
Immagine da Depositphotos

Le aree interne, spesso considerate marginali, si rivelano invece centrali per affrontare alcune delle sfide più urgenti del nostro tempo: crisi climatica, sicurezza alimentare, equilibrio ecologico e tenuta socio-economica dei territori. In particolare, l’agricoltura che vi si pratica può divenire non solo presidio del passato, ma avanguardia del futuro rurale italiano

Con il termine aree interne ci si riferisce a territori caratterizzati da una significativa distanza dai principali poli di erogazione dei servizi essenziali – istruzione, sanità e mobilità – e da una bassa densità demografica.

Questa classificazione, introdotta formalmente nell’ambito della Strategia Nazionale per le Aree Interne (Snai), elaborata dal Dipartimento per le Politiche di Coesione, individua le aree interne come zone lontane dai centri urbani di riferimento, spesso montane o collinari, soggette a spopolamento, invecchiamento della popolazione e rarefazione dei servizi pubblici.

Secondo i dati Istat e i criteri della Snai queste aree coprono circa il 60% del territorio nazionale e ospitano il 23% della popolazione italiana. Sono quindi componente strutturale e vasta del nostro Paese, che, pur soffrendo di marginalità infrastrutturale e sociale, rappresenta un asset strategico sotto il profilo ambientale, culturale e produttivo.

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Le aree interne sono il futuro dell’agricoltura biologica e rigenerativa

Quindi, queste aree rilevanti del nostro territorio sono fondamentali e vanno protette perché più fragili, seppur ricche di potenzialità. Come ci scrive il presidente dell’Unione Coltivatori Italiani, Mario Serpillo, in questa lettera aperta che pubblichiamo su GreenPlanner.

Le aree interne, purtroppo a rischio di spopolamento, sono tesori preziosi che custodiscono un ricco patrimonio ambientale, culturale, paesaggistico e turistico. La loro salvaguardia è essenziale per il futuro del nostro Paese e per garantire uno sviluppo rurale sostenibile.

Negli ultimi venti anni, l’Italia ha visto un drastico calo del numero di aziende agricole, con una perdita del 52% a livello nazionale, concentrata principalmente nelle aree interne, dove il 75% delle aziende agricole scomparse erano localizzate.

Questo fenomeno è strettamente legato al difficile mantenimento della popolazione nelle zone più isolate, che non riescono a sostenere i modelli agricoli intensivi tradizionali. Tuttavia, i territori interni, purtroppo marginalizzati, sono fondamentali per il nostro equilibrio ecologico e rappresentano una risorsa fondamentale da valorizzare.

L’agricoltura biologica e rigenerativa si pone come un’alternativa vincente per restituire vitalità produttiva e sociale a queste zone. Le pratiche della rotazione colturale, del sovescio e dell’allevamento sostenibile non solo contribuiscono alla rigenerazione degli ecosistemi, ma permettono anche di creare valore economico nelle aree interne, generando nuove opportunità di lavoro e di sviluppo per le comunità locali.

Investire nell’agricoltura biologica e nelle pratiche rigenerative non è solo una scelta ecologica, ma una strategia vincente per la crescita economica delle nostre comunità rurali.

Il Complemento regionale veneto per lo sviluppo rurale (Csr) 2023-2027 ha già finanziato 1.385 aziende biologiche nei primi due anni, con un investimento di oltre 52 milioni di euro, superando le performance dell’intero Piano di sviluppo rurale 2014-2022.

Tale tendenza dimostra come l’agricoltura biologica stia diventando un pilastro fondamentale per la sostenibilità ambientale e lo sviluppo economico delle aree rurali, inclusi i territori più marginali.

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Studi del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) confermano che le aziende biologiche possono generare valore economico non solo attraverso il premium price dei prodotti, ma anche valorizzando servizi ecosistemici come il paesaggio e la biodiversità.

Infatti, la multifunzionalità dell’agricoltura biologica, che include attività come agriturismo e fattorie didattiche, contribuisce a creare occupazione locale e a contrastare l’abbandono delle zone rurali.

Inoltre, politiche alimentari che promuovono la produzione agroecologica, il ritorno dei produttori nei mercati locali e la diffusione di cibo biologico nelle mense scolastiche e nella ristorazione collettiva sono strumenti chiave per connettere le aree interne con le città.

Le food policy, come quelle adottate in alcune grandi città italiane, favoriscono la transizione verso un sistema alimentare più sostenibile ed equo, mettono l’agricoltore al centro del rapporto con i consumatori e i cittadini e rinforzano la sovranità alimentare del nostro Paese.

Connettere le aree interne con i mercati urbani può stimolare la crescita economica, creare occupazione, contrastare il loro spopolamento e al contempo, ridurre gli sprechi alimentari.

Le aree interne sono il cuore verde dell’Italia e meritano di essere al centro di un nuovo sviluppo sostenibile“.

Crediti immagine: Depositphotos

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