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Assicurazione anti hacker, esiste ma le aziende non la usano. Ecco perché


L’Italia è un bersaglio primario nel panorama globale della criminalità informatica: un’azienda vittima di un incidente cyber su dieci, a livello mondiale, si trova nel nostro Paese. Questo dato non è casuale, ma si innesta su un tessuto economico la cui digitalizzazione accelerata, soprattutto nel segmento delle piccole e medie imprese, ha ampliato la superficie d’attacco. Proprio le PMI, spesso prive di infrastrutture IT mature o di figure interne con competenze specifiche sulla sicurezza, rappresentano l’anello debole e il bersaglio ideale in uno scenario di minacce sempre più severe e trasversali.

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In questo contesto, un processo completo ed efficiente di gestione del rischio cyber non può prescindere dalla valutazione e contenimento dei rischi residuali: quelli cioè che, per definizione, non possono essere del tutto eliminati con strumenti di prevenzione o con misure tecnologiche.

Si tratta di una componente strutturale della sicurezza aziendale che troppo spesso viene sottovalutata, mentre invece dovrebbe rappresentare il punto di partenza per impostare un sistema solido di tutela. Qualsiasi framework di cyber risk management, infatti, considera l’accettazione o il trasferimento del rischio residuale come una fase obbligata del processo di gestione della sicurezza.

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Basti pensare al rischio di errore umano da parte di un dipendente. È assolutamente cruciale prevedere corsi di formazione e sensibilizzazione sui rischi cyber, ma anche il dipendente meglio preparato può, per distrazione, leggerezza o stress, commettere un errore con gravi conseguenze per l’intero sistema informativo aziendale.

In altri casi, il rischio è completamente esterno al perimetro dell’impresa. Pensiamo alla compromissione di un fornitore con cui l’azienda condivide sistemi o dati sensibili: provider per le buste paga, CRM, ERP, e-commerce, sviluppatori web, gestori della fatturazione elettronica o dei pagamenti digitali. L’elenco è potenzialmente infinito.

Un evento cyber che colpisce uno di questi soggetti – anche se non direttamente collegato alla rete aziendale – può generare ricadute operative, legali o reputazionali pesantissime.

La polizza cyber come strumento di trasferimento del rischio

Uno strumento di recente introduzione e potenzialmente molto valido è la cosiddetta Polizza Cyber. Una copertura assicurativa il cui scopo è appuntotrasferire i rischi residuali.n Italia intorno alla fine del 2016 e ha vissuto una fase di espansione dal 2020 in poi: e oggi è uno strumento con un buon livello di maturità in termini di offerta e completezza.

Le polizze più moderne infatti coprono non solo i danni diretti legati all’attacco, come la perdita dei dati o il ripristino dei sistemi, ma anche quelli indiretti, come l’interruzione di attività, le spese legali, la gestione della comunicazione con i clienti o le sanzioni da parte del Garante in caso di violazione del GDPR.

Una polizza ben progettata può dunque rappresentare un salvagente fondamentale per affrontare scenari sempre più probabili, come l’errore umano o l’attacco alla supply chain IT. 

Eppure sono ancora pochissime le PMI che decidono di sottoscrivere una polizza cyber.

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Perché così poche PMI sono assicurate?

Nonostante la crescente consapevolezza, oggi meno del 5% delle PMI italiane è assicurata contro i rischi cyber. È un dato che colpisce e che va analizzato con attenzione.

Non si tratta (più) di una scarsa percezione dei rischi: la quasi totalità dei dirigenti d’azienda riconosce l’impatto potenzialmente devastante di un attacco informatico. Anzi, nella maggior parte delle indagini condotte negli ultimi anni, il cyber risk compare tra i primi tre timori percepiti a livello direzionale, anche nelle imprese di piccole dimensioni.

La barriera all’ingresso, quindi, non è culturale, ma strutturale.

L’accessibilità delle polizze è ancora un ostacolo

Forse la vera domanda da porsi non è “perché le PMI italiane non si assicurano?”, ma piuttosto: le PMI italiane possono davvero scegliere se assicurarsi o no?

In altre parole: una piccola o media impresa italiana, con un’infrastruttura IT limitata e senza un CIO interno, riesce a orientarsi nell’offerta assicurativa e a comprendere i contenuti di una polizza cyber? Riesce a valutare se la proposta è coerente con il proprio livello di rischio?

Molto spesso, la risposta è negativa. I prodotti assicurativi attualmente in commercio sono spesso complessi, costruiti su modelli pensati per grandi aziende, con linguaggio tecnico, clausole poco chiare e valutazioni iniziali lunghe o costose.Le Polizze Cyber “tradizionali” hanno evidenziato negli anni una serie di problemi ricorrenti che ne hanno ostacolato la diffusione tra le PMI:

  • linguaggio poco comprensibile per chi non ha un background tecnico o legale;
  • processi di onboarding lunghi e costosi;
  • coperture parziali e soggette a numerose esclusioni;
  • premi elevati o franchigie che scoraggiano l’adesione.
  • Molte imprese, anche volendo, non riescono a completare il processo di attivazione, oppure rinunciano perché non percepiscono un reale valore rispetto al costo della polizza.

Ed è proprio il tipo di situazione che permette la nascita – e si spera la florida crescita – di nuova azienda e nuove iniziative. Dove esistono bisogni senza risposte, infatti, si crea il terreno fertile per il germogliare di nuove aziende che creino queste risposte. Nel caso specifico, la realtà industriale italiana è quella di un tessuto economico fatto di piccole imprese – cioè proprio quei soggetti che hanno questo specifico problema. non può sorprendere, dunque, che proprio in Italia sia nata helmon, una delle prime aziende al mondo che propone una polizza cyber che possa funzionare anche per le aziende più piccole e con meno risorse. 

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Un nuovo paradigma: servizi integrati nella polizza

Le aziende, soprattutto le PMI, devono poter contare su una polizza cyber chiara, ampia e innovativa, sia nei contenuti che nelle modalità di valutazione del rischio. Servizi e innovazione che possono prendere la forma di servizi di protezione proattiva offerti gratuitamente all’assicurato. 

Servizi aggiuntivi senza costi aggiuntivi, praticamente una formula magica che consente non solo di accedere più facilmente e a costi contenuti al mercato assicurativo, ma anche di migliorare progressivamente la postura di sicurezza informatica dell’azienda.

Stanno così nascendo bundle di servizi che uniscono la copertura assicurativa a un’ampia gamma di soluzioni tecniche, dalla gestione del rischio informatico al training dei dipendenti, fino alla risposta immediata in caso di attacco – si arriva fino a un supporto 24/7 per chi ne ha bisogno.

Un team di incident response qualificato può supportare l’azienda nell’identificare tempestivamente la natura dell’attacco, isolare i sistemi compromessi, avviare le procedure di contenimento e comunicare in modo appropriato con stakeholder interni ed esterni. L’intervento tempestivo riduce drasticamente il tempo di inattività e consente di limitare i danni, evitando escalation che potrebbero coinvolgere clienti, fornitori, o comportare sanzioni da parte delle autorità.

Tuttavia, non tutti i servizi di emergenza sono uguali. In molte polizze tradizionali, soprattutto quelle pensate per mercati internazionali o per clienti corporate, l’assistenza tecnica è gestita da fornitori esterni, con sedi all’estero e operatori che comunicano solo in inglese. Questo può generare difficoltà operative importanti per una PMI italiana, che si trova a dover gestire un evento critico già di per sé destabilizzante, con l’ulteriore ostacolo di dover interagire in una lingua straniera e in un contesto lontano dalla propria realtà normativa, culturale e aziendale.

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Per una PMI che vive un evento traumatico, potersi confrontare in lingua italiana con professionisti locali è un fattore determinante, sia a livello operativo che emotivo. Significa essere compresi, ricevere indicazioni chiare e concrete, e non sentirsi soli davanti a un problema spesso difficile anche da spiegare. Inoltre, significa avere accesso a una rete di competenze che conosce bene le specificità del contesto italiano – non solo in termini linguistici, ma anche normativi (GDPR, obblighi di notifica, responsabilità amministrative), fiscali e organizzativi.

La possibilità di avere un unico interlocutore che si occupa della prevenzione, della gestione dell’incidente e dell’attivazione della copertura assicurativa è oggi uno dei fattori più apprezzati dalle PMI che hanno già scelto una polizza cyber evoluta. In un momento di crisi, ogni secondo conta: poter contare su un team che risponde subito, in italiano, e che coordina tecnici informatici, esperti legali e consulenti di comunicazione, significa trasformare un incidente potenzialmente devastante in un evento gestibile.

Un esempio concreto di questo tipo di proposta è rappresentato dalle soluzioni come la polizza helmon Cyber Protection, che integra copertura e servizi digitali, completamente in italiano e accessibili anche da PMI prive di un reparto IT interno.

Un cambio di passo è possibile

Oggi più che mai, le PMI italiane devono affrontare il rischio cyber con strumenti adeguati.La polizza cyber, se progettata per le loro esigenze, può rappresentare una leva strategica per proteggere il valore aziendale, garantire continuità operativa e aumentare la fiducia dei clienti.

Avere un unico interlocutore, che opera in Italia e parla la lingua dell’imprenditore, può fare la differenza nel momento più difficile. Solo così sarà possibile, nel prossimo futuro, leggere dati più rassicuranti sulla diffusione delle polizze cyber anche nel tessuto imprenditoriale più fragile e dinamico del nostro Paese.



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