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Cdp Venture Capital, cosa bolle in pentola? Il progetto di un fondo dei fondi per investire i soldi delle casse previdenziali nelle startup


Il nuovo ad di Cdp Venture Capital, Emanuele Levi, si è già messo ai fornelli. A due mesi circa dalla nomina al vertice della società di gestione del risparmio (sgr) di Cassa depositi e prestiti che presiede il Fondo nazionale innovazione, il manager che da 25 anni bazzica nell’industria del venture capital europeo ha abbozzato i primi piatti del nuovo menu.

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Il fondo dei fondi

Cosa bolle in pentola? La pietanza più ghiotta è un fondo dei fondi a trazione di Cdp Venture Capital sgr, attraverso il quale attrarre gli investimenti di fondi pensione e casse previdenziali in startup. Al momento serve il microscopio per vederli. Lo hanno dovuto usare il centro studi The European House Ambrosetti in tandem con la stessa Cdp Vc per compilare uno studio dedicato. Dal quale emerge che a fine 2023 di 21 casse previdenziali presenti in Italia solo 11 investivano in venture capital, per un totale di circa 311 milioni. Lo 0,29% del totale delle loro attività. Con i fondi di investimenti va pure peggio, stando alla ricerca. Nel venture capital hanno mosso pedine solo cinque su 78, per un totale di 191 milioni. Che fa lo 0,14% dell’attivo complessivo.

Da un anno il governo Meloni dice di voler aumentare questo contributo. Attraverso un beneficio fiscale che spinga fondi pensione e casse previdenziali a prediligere gli investimenti in startup. La quadratura del cerchio, dopo molti dubbi interpretativi e rinvii che avevano lasciato i soldi in panchina, è arrivata con il decreto legge Economia del 2025 che prevede la detassazione delle plusvalenze generate da fondi pensione e casse previdenziali per i capitali allocati in imprese innovative, purché si impegnino a investire entro il 2027 il 10% delle somme destinate al sostegno all’economia reale. Il percorso è a scaglioni: si parte con il 3% nel 2025, il 5% nel 2026 fino ad arrivare a regime, con una percentuale che secondo lo studio Ambrosetti-Cdp Vc può cumulare fino a 2 miliardi di euro. Che già sono un gran guadagno. E che, moltiplicati secondo gli indicatori di analisi degli effetti degli investimenti, possono mobilitare fino a 6,4 miliardi complessivi e creare 61mila posti di lavoro.

La detassazione si applica anche se l’investimento viene fatto indirettamente. Ossia se fondi e casse, anziché piazzare i loro denari in autonomia, li conferiscono a un fondo che poi li alloca sulle startup più promettenti. Ecco perché Levi a un incontro al ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit) martedì 22 luglio ha avanzato l’idea di creare in Cdp Venture Capital un fondo dei fondi dedicato. È il progetto più urgente per il neo-ad (nominato lo scorso 28 giugno), per consentire di beneficiare entro l’anno del primo scaglione del 3%. L’obiettivo è di lanciarlo all’inizio dell’autunno.

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Pitch online

Levi, che dal 2006 all’approdo a Cdp era general partner di 360 Capital, sede a Parigi, uno dei primi fondi che si specializza in investimenti in startup, ha anticipato altre due novità su cui è al lavoro. Con il rinnovo del sito del Fondo nazionale innovazione, a settembre, il manager vuole inserire una piattaforma per l’invio digitale di pitch e progetti di startup, con l’obiettivo di semplificare la raccolta e la comunicazione. L’impegno della società sarà di rispondere in tempi brevi, per creare un flusso più strutturato e veloce.

Il consiglio del venture

Infine, Levi sta valutando di costituire un comitato di esperti, imprenditori e associazioni del settore legate al venture capital per promuovere all’estero l’ecosistema italiano. Questo è il progetto più abbozzato, perché ancora non si sa la forma che avrà questo “Italian venture council”, come è stato battezzato, né il numero di componenti. Né il processo di selezione. Ma è il polso delle idee che Levi sta portando dentro Cdp, mentre si lavora al nuovo piano industriale.

Richieste dal mondo innovazione

All’incontro al Mimit sono intervenute anche associazioni di settore e imprenditori, oltre alla nomenklatura del dicastero. Le rappresentanze delle startup hanno messe pepe a via Veneto perché chiarisca come interpretare la norma sulla permanenza delle imprese innovative negli albi speciali delle camere di commercio, dopo la modifica dello Scaleup Act voluto da Urso. Come già raccontato su Wired, una discriminante fondamentale per chiudere i bilanci e accedere ad aiuti e benefici fiscali, ma siccome la norma si presta a interpretazioni contraddittorie, c’è stallo tra gli imprenditori e gli studi professionali che li affiancano.

Sempre dal settore startup è emersa l’idea di estendere ad altri comparti produttivi la lettera del disegno di legge sullo Spazio, che blinda l’assegnazione del 10% degli appalti non suddivisi in lotti a startup e piccole e medie imprese innovative.



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