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Generi e nuore nelle aziende a conduzione familiare, tra malcontento e frustrazione — UniboMagazine



Nelle aziende a conduzione familiare, i “figli acquisiti” – generi e nuore – si sentono molto spesso esclusi e frustrati: una vera e propria “sindrome relazionale” che il più delle volte viene sottovalutata, ma che può avere conseguenze rilevanti sull’organizzazione e quindi sul successo dell’impresa.

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A descrivere per la prima volta il fenomeno è uno studio pubblicato sull’European Journal of Family Business che ha indagato la situazione di 158 generi e nuore impiegati in altrettante piccole e medie imprese italiane a conduzione familiare. Dai risultati emerge che i mariti e le mogli delle figlie e dei figli di chi dirige l’impresa hanno spesso la percezione di essere marginalizzati e di non essere considerati a pieno parte della famiglia. Una dinamica che colpisce in particolare i maschi (quindi i generi), i quali lamentano scarsa attenzione e poche occasioni di carriera.

“Lo status dei figli acquisti all’interno delle aziende familiari è spesso incerto e ambiguo, e da questo elemento possono nascere dinamiche che portano a una progressiva marginalizzazione del loro ruolo”, spiega Filippo Ferrari, professore al Dipartimento di Scienze Aziendali dell’Università di Bologna che ha condotto lo studio. “Per contrastare questo fenomeno è importante creare ambienti inclusivi, in cui le valutazioni e le scelte all’interno delle imprese siano strutturate e trasparenti, in modo da ridurre incertezze e motivi di risentimento”.

Nonostante sia poco conosciuto e studiato, il tema è rilevante a livello nazionale: si stima che in Italia, infatti, generi e nuore siano impiegati all’interno del 30% delle piccole e medie imprese a conduzione familiare. In questi contesti di “famiglia imprenditoriale”, in cui i legami di sangue e di matrimonio sono determinanti per la gestione e la divisione delle attività, il ruolo dei “figli acquisiti” è precario sia dal punto di vista psicologico che legale.

“La presenza di generi e nuore nelle aziende familiari suscita spesso posizioni ambigue da parte dei vertici dell’impresa, perché il loro ruolo, anche a causa dell’alto tasso di divorzi, è spesso visto come potenzialmente temporaneo e quindi rischioso”, dice Ferrari. “Questo porta i ‘figli acquisiti’ impiegati all’interno dell’azienda a sentirsi marginalizzati o del tutto esclusi dal contesto della ‘famiglia imprenditoriale’, con effetti negativi sul clima emotivo e sui risultati lavorativi”.

A partire da 158 casi all’interno di piccole e medie imprese familiari italiane, lo studio ha messo in luce cinque fattori interconnessi che emergono in questo contesto. Prima di tutto, i generi e le nuore mostrano una percezione di ingiustizia nei loro confronti sia da parte dei suoceri che da parte dei cognati presenti all’interno dell’azienda. A questo si aggiungono un senso incertezza rispetto alla propria identità di figlio acquisito o figlia acquisita, un senso di frustrazione per le poche opportunità di carriera e di conseguenza l’intenzione di abbandonare il posto di lavoro.

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“Queste tensioni relazionali danno vita a una spirale negativa in cui l’incertezza sul proprio ruolo all’interno della famiglia imprenditoriale amplifica la percezione di marginalizzazione e la frustrazione rispetto alla propria posizione”, aggiunge Ferrari. “E questo porta di conseguenza a un minore impegno all’interno dell’organizzazione e a una crescente spinta a rassegnare le dimissioni”.

Per superare questa dinamica, che può danneggiare sia le relazioni familiari che il contesto imprenditoriale, il suggerimento è di implementare processi decisionali trasparenti e di prestare attenzione a possibili segnali di malcontento da parte dei “figli acquisiti”.

“È importante innanzitutto stabilire in modo chiaro le modalità di partecipazione alle scelte dell’impresa, inclusi i diritti di voto e i criteri di successione, in modo da mitigare possibili risentimenti e la percezione di favoritismi”, conferma Ferrari. “Inoltre, i dirigenti dovrebbero coinvolgere attivamente generi e nuore impiegati nell’azienda, comunicando loro in modo trasparente aspettative e prospettive di carriera, per mitigare possibili tensioni”.

Lo studio è stato pubblicato sull’European Journal of Family Business con il titolo “Children-in-law and Conflictual Dynamics in the Business Family”. L’autore è Filippo Ferrari, professore al Dipartimento di Scienze Aziendali dell’Università di Bologna.



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