Le recenti mosse dell’amministrazione Trump stanno suscitando un acceso dibattito in Europa, alimentando preoccupazioni e tensioni nell’ambito delle relazioni economiche internazionali. In particolare, la scelta di promuovere su larga scala le stablecoin ancorate al dollaro ha innescato un vortice di speculazioni sul potenziale impatto che tali asset digitali potrebbero avere sulla stabilità finanziaria del Vecchio Continente.
Da un lato, si intravede l’intento di consolidare il potere valutario degli Stati Uniti; dall’altro, si prospetta un’intensificazione della pressione commerciale sulle economie europee, già messe alla prova da segnali di rallentamento e incertezze politiche.
La strategia americana e il rischio di dollarizzazione
La promozione delle criptovalute ancorate al dollaro, secondo gli analisti, mira a incrementare la dollarizzazione dei mercati globali, con conseguente aumento della domanda per i titoli del Tesoro USA. Questa mossa, orchestrata dai consiglieri politici più vicini alla Casa Bianca, sembra studiata per rafforzare la posizione finanziaria statunitense, consolidando ulteriormente la funzione di riserva valutaria del dollaro.
Allo stesso tempo, la prospettiva di una maggiore convergenza su asset denominati in valuta americana solleva interrogativi sull’indipendenza economica del blocco europeo. Il recente deprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro, spinto anche dalle aspettative di politiche monetarie più restrittive negli Stati Uniti, evidenzia la delicatezza del momento. Di fronte a tutto questo, la Commissione Europea si trova nella difficile posizione di dover bilanciare la salvaguardia della stabilità interna con la necessità di mantenere aperti i flussi commerciali e finanziari.
L’impatto dei dazi commerciali e la pressione sul mercato
Oltre alla questione delle valute digitali, il nuovo annuncio di dazi commerciali al 30% su una serie di prodotti europei a partire dal prossimo mese ha generato un’ondata di volatilità sui listini. Le principali piazze finanziarie del continente hanno registrato flessioni significative, mentre le imprese esportatrici guardano con timore a possibili contraccolpi sulle loro prospettive di crescita.
Sebbene i vertici dell’Unione abbiano espresso l’intenzione di negoziare condizioni più favorevoli, la sensazione diffusa è che la leva doganale possa trasformarsi in un potente strumento di pressione economica. Nel frattempo, gli osservatori monetari non escludono ulteriori contraccolpi diretti sull’euro, che potrebbe ulteriormente indebolirsi di fronte a un eventuale irrigidimento delle politiche commerciali statunitensi.
Verso una difesa della sovranità economica
Di fronte a queste sfide composite, le autorità di Bruxelles discutono possibili risposte capaci di preservare la sovranità economica europea. Diversi commissari spingono per una maggiore coesione interna, mentre si cerca un dialogo con Washington per scongiurare una guerra commerciale di ampio respiro. Resta tuttavia cruciale la capacità del Vecchio Continente di strutturare azioni comuni, incluse misure tese a proteggere le filiere produttive chiave e a ridurre la dipendenza da strumenti finanziari denominati in dollari.
Il futuro dell’unione valutaria, così come l’evoluzione degli scambi internazionali, potrebbe dipendere in larga misura dall’abilità dell’Europa di negoziare con fermezza: da un lato, aprendo canali di confronto diplomatici; dall’altro, dichiarando la propria intenzione di difendere una politica monetaria autonoma e una strategia commerciale che risponda alle priorità europee.
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