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Parlamento Usa: fuori le aziende cinesi dalle Borse americane | borse Usa


Il Parlamento degli Stati Uniti esorta l’Autorità per la vigilanza della Borsa (la Sec) a escludere dalle Borse statunitensi le aziende cinesi accusate di collusione con il regime comunista e di gravi violazioni dei diritti umani. Nuove regole, attese a breve, puntano a tutelare gli investitori e proteggere i fondi pensione statali da perdite anomale.

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Sollecitata dal Parlamento e da 21 ministri delle finanze statali, la Sec sta rivedendo le regole che consentono a molte aziende cinesi di aggirare gli obblighi di trasparenza previsti negli Usa. Lo scorso 4 giugno, l’agenzia ha avviato una consultazione pubblica di 90 giorni per ridefinire la categoria degli “emittenti privati stranieri”, che attualmente include tutte le imprese cinesi quotate negli Stati Uniti. In passato, queste aziende hanno beneficiato di esenzioni, ritenendosi soggette a controlli equivalenti nei Paesi d’origine ed erano spesso quotate su più mercati esteri. Ma dati recenti della Sec mostrano che oltre il 55% di questi emittenti opera esclusivamente sui mercati americani e sono registrati in paradisi fiscali come le Isole Cayman, pur essendo imprese cinesi a tutti gli effetti. Se la proposta sarà approvata, le aziende cinesi dovranno quotarsi su una grande Borsa estera o conformarsi pienamente agli standard americani. E fornire rapporti finanziari trimestrali e comunicazioni tempestive su fusioni o eventi rilevanti. Chi non si adeguerà rischia l’esclusione dai mercati Usa.

A maggio, dieci parlamentari di entrambi gli schieramenti, tra cui il deputato John Moolenaar, presidente della Commissione della Camera sul Partito comunista cinese, e il senatore Rick Scott, hanno chiesto alla Sec di estromettere le aziende legate alla dittatura comunista cinese, denunciando il fatto che queste imprese sfruttino i capitali americani per sostenere gli obiettivi strategici del principale avversario degli Stati Uniti, come la modernizzazione militare e gravi violazioni dei diritti umani: «Nella Repubblica Popolare Cinese, nessuna azienda è veramente privata», si legge nella lettera inviata dai senatori al direttore della Sec, che cita le leggi cinesi sulla sicurezza nazionale e i meccanismi di controllo del regime comunista, tra cui i comitati di Partito obbligatori nelle imprese e il Golden Power, che dà al regime un’influenza sproporzionata rispetto alla proprietà effettiva. Si parla di grandi aziende cinesi quotate nelle Borse americane, come Alibaba, Baidu, JD.com, Weibo, Pinduoduo e XPeng, tutte sotto il controllo del regime.

Oltre alla sicurezza nazionale, i ministri delle finanze statali puntano a tutelare i risparmiatori. Negli Stati Uniti le norme sulla trasparenza finanziaria sono molto più stringenti rispetto alla Cina. Esaminare i bilanci delle aziende cinesi è molto difficile, e le ispezioni sui bilanci delle aziende cinesi hanno infatti rilevato irregolarità preoccupanti, con rapporti falsificati e violazioni normative.

Al 7 marzo 2025, risultavano quotate alla Borsa di New York, al Nasdaq e al Nyse American 286 aziende cinesi, per una capitalizzazione complessiva di 1.100 miliardi di dollari, secondo la Commissione di revisione economica e di sicurezza Usa-Cina. Nonostante l’entità, questo valore rappresenta solo il 2% circa del mercato azionario statunitense, stimato in 52 mila miliardi di dollari da Sibilis Research. Il mercato azionario statunitense, al livello degli investitori, subirebbe un impatto trascurabile in caso di esclusione totale delle aziende cinesi. A risentirne maggiormente sarebbero le Borse, che perderebbero le commissioni annuali versate dalle società cinesi quotate.


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