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Primo trimestre 2025 per TrendRa. Micro e piccole imprese in difficoltà, bene invece l’export


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Un primo trimestre del 2025 difficile per le imprese. Bene l’export (+4,5%) in attesa del terremoto dazi. Le previsioni 2025-2026 indicano una stabilità generale con alcuni settori a rischio. Diminuiscono in maniera preoccupante le marginalità delle micro-piccole e medie imprese.

Il quadro tracciato da TrendRa, indagine congiunturale di Cna

Cna Ravenna ha presentato l’indagine congiunturale e tendenziale TrendRA, che analizza le contabilità gestite direttamente dall’Associazione, elaborate da CNA e validate da ISTAT, insieme ai dati ufficiali e alle previsioni di Unioncamere. Nel confronto con il resto dell’Emilia-Romagna Ravenna deve spingere di più su dinamismo, innovazione e rete per evitare il rischio marginalità.

Il quadro per le micro e piccole imprese appare critico

Il primo trimestre 2025 mostra una situazione di forte pressione: i ricavi complessivi calano del 3% mentre i costi aumentano del 10,3%, creando una pericolosa forbice che erode drasticamente la marginalità delle imprese. Il settore manifatturiero vive la situazione più difficile, con ricavi in calo del 2,4% e costi che schizzano del 19,4%, seguito dai servizi (-2,9% ricavi, +10,5% costi). Le retribuzioni crescono del 5,8% (particolarmente nei servizi +11%), principalmente per effetto dei rinnovi contrattuali. Le costruzioni, pur registrando il peggior calo di ricavi (-4,3%), mostrano l’incremento più contenuto dei costi (+0,9%)

Valore aggiunto e tessuto imprenditoriale

Il valore aggiunto per abitante della provincia di Ravenna si mantiene superiore alla media nazionale, con previsioni per il 2025-2026 che indicano un’espansione contenuta tra +0,6% e +0,9%. Ravenna si conferma quindi una realtà stabile, con bassa volatilità e rischi contenuti, ma senza segnali marcati di accelerazione. Il primo trimestre 2025 registra 32.619 imprese attive (-0,1% rispetto al 2024). Le imprese formate da stranieri rappresentano il 13,6% del totale e sono l’unico segmento in forte crescita (+4,2% aziende, +4,0% addetti). Preoccupano invece le imprese giovanili: pur crescendo in numero (+1,2%), registrano un crollo degli addetti del -5,1%.

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Riorganizzazione e specializzazioni territoriali

Un fenomeno significativo emerge dai dati sulle unità locali: Ravenna registra la perdita più alta in Emilia-Romagna (-1,7%), ma contemporaneamente gli addetti crescono del 2,0%, indicando una ristrutturazione con aziende che si concentrano ma assumono più personale. Il comune di Ravenna conferma il suo ruolo di motore economico con 16.473 unità locali (38,8% del totale) e 62.652 addetti (40,3%), mentre Faenza mantiene la seconda posizione e Cervia la terza.

Export in crescita nonostante le incertezze

Il settore export rappresenta una nota positiva, con una crescita del 4,5% che colloca Ravenna al quarto posto in Emilia-Romagna. La provincia rappresenta il 7,1% delle esportazioni regionali, con il settore chimico che domina (26,6%), seguito da alimentare (20%) e meccanica (17,1%). Nel primo trimestre cresce soprattutto l’alimentare (+26,1%) mentre flette la chimica (-5,7%). Particolarmente positiva la performance degli oli e grassi vegetali (+78,8%) e degli agrofarmaci (+52,3%).

Posizionamento competitivo: al bivio tra innovazione e marginalizzazione

Nel posizionamento competitivo, la provincia si colloca in posizione intermedia, con un punteggio di 6,8 che supera l’Italia (6,1) ma rimane distante dalla media dell’Emilia-Romagna (7,2). Emergono buone performance nella robustezza del tessuto produttivo (7,2) e nell’antifragilità (7,0), mentre si evidenziano criticità nel dinamismo demografico (6,0).

Leoni (Cna): «le imprese devono riuscire a innovarsi e specializzarsi»

“Ravenna si configura come una realtà economica solida ma chiamata a rinnovarsi” commenta il presidente di Cna Territoriale Matteo Leoni “perché mantiene caratteristiche di stabilità e competitività, ma deve affrontare con determinazione le sfide della transizione demografica, digitale, ambientale ed economica. Possiamo parlare di un territorio al bivio tra innovazione e marginalizzazione. Le imprese che sapranno innovare, specializzarsi e integrarsi nelle filiere globali avranno prospettive di crescita, mentre quelle ancorate ai soli modelli tradizionali rischiano una progressiva marginalizzazione. La provincia di Ravenna dispone di asset strategici importanti – posizione geografica, infrastrutture portuali, specializzazioni industriali consolidate, tradizione artigiana – che rappresentano una base solida per affrontare il futuro. Le sfide principali riguardano la capacità di diversificare la base produttiva e sviluppare innovazione e ricerca; creare un ambiente territoriale in grado di attrarre popolazione giovane e qualificata; accompagnare la transizione digitale ed ecologica del tessuto produttivo con politiche chiare e concordate.”

Questione dazi «un danno ipotizzabile da 140 milioni di euro»

“A proposito della questione dazi – dichiara Guido Caselli direttore Centro Studi Unioncamere Emilia-Romagna – sono 316 le imprese che da Ravenna, nel corso del 2024, hanno esportato verso gli Stati Uniti. Il valore dei beni commercializzati nel mercato americano è stato pari al 476 milioni, in flessione del 18% rispetto all’anno precedente. Un calo proseguito nel primo trimestre 2025, -42%, con flessioni più accentuate per i prodotti chimici e quelli della meccanica. La drastica contrazione è l’effetto del clima di incertezza che caratterizza lo scenario internazionale, al quale si aggiunge, per gli Stati Uniti, la reiterata minaccia dei dazi. Quale sarebbe l’effetto dei dazi per le imprese ravennati? Ipotizzando dei dazi al 30% estesi a tutti i prodotti, nello scenario estremo con le società esportatrici a farsi carico dell’intero onere, la perdita per il territorio ravennate sarebbe di circa 140 milioni di euro. A essere maggiormente colpite sarebbero le 88 aziende per le quali il mercato americano vale oltre i due terzi del loro portafoglio export e, in particolare, le 44 società che realizzano negli Stati Uniti oltre il 10% del proprio fatturato. Le imprese artigiane che esportano negli Stati Uniti sono 40, per oltre la metà di esse il mercato statunitense è di assoluta rilevanza. Va sottolineato che questi numeri sono una stima solamente dell’effetto diretto dei dazi, ad essi andrebbero aggiunti quelli relativi agli effetti indiretti, a partire dall’impatto sulla catena di subfornitura”.



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