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Seminario recupero litio da “brine geotermiche” — ARPAT



Una giornata di confronto per capire cosa sono le “brine geotermiche” e come possono essere sfruttate per recuperare elementi rari, come il litio, strategici per l’economia regionale e nazionale

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Il 17 luglio 2025, a Firenze, presso Palazzo Sacrati-Strozzi, si è tenuto un seminario sul recupero di materiali rari, come il litio, attraverso processi innovativi di riciclaggio basati sui principi dell’economia circolare che vuole valorizzare ogni tipo di scarto anche quello proveniente da processi industriali(link). In particolare, si è parlato del potenziale delle “brine geotermiche” – le acque ad alta temperatura che emergono dal sottosuolo – come fonte alternativa di approvvigionamento per il litio, elemento essenziale nella transizione ecologica ed energetica.

Intervento di Monia Monni – Assessora all’ambiente e all’economia circolare – Regione Toscana

«Uno sviluppo più sostenibile è uno sviluppo più duraturo, più solido e capace di portare benefici reali alle comunità»: è con queste parole che Monia Monni, Assessora regionale all’ambiente e all’economia circolare, ha ribadito l’impegno della Regione Toscana nell’implementare l’economia circolare, un settore sempre più strategico per il futuro.

Durante l’incontro dedicato alle nuove frontiere del riciclaggio industriale, in particolare il recupero del litio dalle “brine geotermiche”, l’assessora ha posto l’accento sul ruolo chiave dell’economia circolare, definita «un pilastro dell’economia regionale», come evidenziato anche nel Piano regionale per l’economia circolare, un documento innovativo rivolto sia ai cittadini che al mondo industriale.

L’Unione Europea, del resto, impone obiettivi stringenti: entro il 2030, almeno il 15% di alcuni materiali critici dovrà essere recuperato tramite il riciclo. In questo contesto, la Toscana si candida a diventare un laboratorio di innovazione, con la realizzazione di impianti specifici per la valorizzazione dei rifiuti, sia urbani che industriali. «Dobbiamo dare un futuro a ciò che può essere reinserito in nuovi cicli produttivi», ha sottolineato Monni.

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Per raggiungere questi obiettivi, è fondamentale investire in ricerca, studi e approfondimenti. Proprio per questo, la Regione Toscana darà il suo sostegno all’avvio di uno studio indipendente e pubblico, con il coinvolgimento di ARPAT, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana. Il lavoro sarà incentrato sulla valutazione delle opportunità offerte dal riciclo del litio dalle “brine geotermiche”, e si pone come strumento tecnico per orientare le future decisioni politiche.

La giornata si è configurata quindi come un importante momento di confronto, volto non solo a promuovere le pratiche dell’economia circolare, ma anche a ripensare il rapporto tra attività produttive e ambiente. Un tema che diventa sempre più centrale nell’agenda politica e industriale della regione, chiamata a ridurre la dipendenza dalle risorse esterne e a garantire la sostenibilità delle proprie scelte nel lungo periodo.

Intervento di Pietro Rubellini – Direttore generale di ARPAT

Il litio è destinato a diventare uno dei materiali più strategici tra il 2030 e il 2050. Lo afferma l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), secondo cui la domanda di questo elemento – fondamentale per la produzione delle batterie di accumulo – è destinata ad aumentare in modo esponenziale nei prossimi decenni, trainata dalla transizione energetica e dalla diffusione su larga scala della mobilità elettrica.

Oggi, la produzione mondiale di litio si concentra principalmente in Cile, Australia e Cina. In Cile, in particolare, il litio viene estratto dalle salamoie sotterranee del Salar de Atacama, una delle più grandi riserve del pianeta. Il processo avviene mediante l’evaporazione solare: le salamoie vengono pompate in superficie e lasciate evaporare in grandi bacini, in modo da recuperare i sali di litio. Tuttavia, questa tecnica ha un impatto ambientale significativo, soprattutto per l’eccessivo sfruttamento delle falde acquifere sotterranee, che rischiano l’esaurimento. A ciò si aggiunge il fatto che la trasformazione industriale del litio avviene quasi esclusivamente in Cina, accrescendo la dipendenza globale da pochi “player” dominanti.

L’attuale modello di estrazione da fonti primarie, come le miniere, comporta gravi danni ambientali: le concentrazioni di litio nei materiali naturali sono spesso basse, il che impone lo scavo di enormi quantità di roccia, con costi ambientali ed energetici elevatissimi.

Per far fronte a questa crisi, la Regione Toscana ha scelto di percorrere la strada dell’economia circolare, in particolare investendo nell’urban mining, ovvero il recupero di materiali critici – come il litio – dai rifiuti elettrici ed elettronici (RAEE). In parallelo, progetti innovativi si concentrano sul recupero del litio dalle “brine geotermiche”, una risorsa presente sul territorio toscano grazie agli impianti geotermici attivi.

Le “brine geotermiche” vengono recuperate dal suolo con i fluidi geotermici per sfruttarne l’energia termica per produrre elettricità e, poi, reimmesse nel sottosuolo come scarto della produzione. In questo si distinguono anche dalle brine continentali dei salar andini, caratterizzati da estrazione diretta e non derivanti da rifiuti o scarti. Le “brine geotermiche” rientrano, in pieno, nel quadro dell’economia circolare, che punta al riutilizzo di uno scarto che altrimenti verrebbe disperso. Questa soluzione rappresenta un’alternativa concreta allo smaltimento incontrollato soprattutto in paesi del terzo mondo. In passato, ma, talvolta, ancora, i RAEE venivano portati in paesi africani, dove erano trattati in condizioni ambientali e sanitarie drammatiche.

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Oggi, la sfida tecnologica è quella di riattivare miniere urbane e persino discariche storiche: negli Stati Uniti, e in altri paesi industrializzati, si stanno già scavando vecchi siti di smaltimento per recuperare materiali rari, una pratica impensabile fino a pochi anni fa per mancanza di tecnologie e consapevolezza. Oggi, invece, diventa conveniente e necessario.

In questo contesto, le Università giocano un ruolo chiave nello sviluppo di nuove tecnologie di riciclo, mentre istituzioni come la Regione Toscana veicolano una nuova cultura ambientale centrata sulla trasformazione dei rifiuti in risorsa. Perché, come sottolinea l’Agenzia Internazionale per l’Energia, l’attuale produzione di litio non sarà sufficiente a soddisfare la domanda futura. Ecco allora che il recupero da fonti alternative, in particolare dagli scarti, come nel caso delle “brine geotermiche”, rappresenta una delle strade più promettenti per affrontare la crisi delle materie prime in modo sostenibile. L’obiettivo è chiaro: ridurre la dipendenza dalle importazioni e recuperare le materie prime critiche dai rifiuti già presenti sul territorio, garantendo, al contempo, un ridotto impatto ambientale.

Intervento di Francesca Andreis Settore Geotermia di ARPAT

Andreis e RubelliniIn Toscana, l’energia geotermica è una realtà consolidata e strategica. Grazie alla presenza di 33 centrali con 36 gruppi produttivi gestiti da Enel Green Power, distribuiti in quattro aree geotermiche, si raggiunge una potenza installata di 915 megawatt. Questo consente di coprire quasi il 35% del fabbisogno energetico regionale.

Una risorsa preziosa, ma non priva di impatti ambientali, che richiede un attento controllo ambientale e un solido sistema normativo.

Da anni, ARPAT è in prima linea nel monitoraggio e nel controllo delle attività geotermiche – afferma Francesca Andreis, responsabile del Settore Geotermia, contribuendo a fornire dati fondamentali per comprendere e migliorare questa filiera energetica. Il settore geotermico di ARPAT è stato istituito nel 2012 con l’obiettivo di monitorare le centrali e valutare i loro impatti sull’ambiente. L’Agenzia verifica, attraverso proprie attività di campionamento e monitoraggio e il controllo delle attività svolte da Enel Green Power, in particolare:

  • le emissioni in atmosfera delle centrali, soprattutto gas incondensabili come mercurio e idrogeno solforato;
  • la qualità dell’aria e i disturbi olfattivi nelle aree geotermiche, causati dalla presenza di idrogeno solforato
  • la qualità delle acque di reiniezione, che sono rialimentate nel sottosuolo al fine di ridurre il rischio di impoverimento del serbatoio geotermico
  • la qualità delle acque superficiali e sotterranee nell’area geotermica del Monte Amiata.

Per contenere gli impatti, la Regione Toscana ha introdotto, con la delibera di Giunta regionale n. 344/2010, limiti emissivi specifici e altre prescrizioni, che sono quindi contenute nell’Autorizzazione Unica Ambientale (AUA), specifica di ogni centrale geotermica. Per ridurre gli inquinanti atmosferici, nelle centrali sono stati installati impianti di abbattimento delle emissioni in atmosfera denominati AMIS (Abbattimento Mercurio e Idrogeno Solforato).

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ARPAT, attraverso campionamenti delle emissioni in atmosfera, controlla le emissioni complessive delle centrali e il corretto funzionamento degli impianti AMIS in termini di percentuali di abbattimento degli inquinanti trattati. Verifica, inoltre, il rispetto dei requisiti minimi di funzionamento fissati dalla Regione Toscana sulle ore di blocco di centrale e di non funzionamento degli impianti AMIS.

Per quanto riguarda il monitoraggio della qualità dell’aria nelle aree geotermiche, Enel Green Power ha installato 18 stazioni per la rilevazione dell’idrogeno solforato. I dati vengono validati da ARPAT, che dispone anche di una centralina fissa a Montecerboli e di strumentazione mobile. Inoltre, l’Agenzia svolge campagne periodiche per il monitoraggio del mercurio e, in collaborazione con l’Università di Siena, sta effettuando uno studio sul bioaccumulo di sostanze quali arsenico, boro, mercurio e zolfo nei licheni.

Per quanto riguarda il monitoraggio delle acque superficiali e sotterranee, Enel Green Power è tenuta a svolgere uno specifico piano di monitoraggio nell’area geotermica del Monte Amiata dove sono attive 21 stazioni di campionamento. ARPAT ne conduce annualmente la validazione, anche attraverso l’effettuazione di propri campioni. 

Un aspetto centrale, anche ai fini del tema del recupero del litio dalle “brine geotermiche”, è la reiniezione delle acque nel sottosuolo, pratica fondamentale per contenere l’impoverimento del bacino geotermico. In particolare, in virtù di specifiche prescrizioni, le acque di reiniezione devono avere caratteristiche chimico-fisiche confrontabili con quelle del vapore estratto. Per questo, Enel Green Power è tenuta a svolgere uno specifico piano di monitoraggio su tutti i pozzi di reiniezione. Anche in questo caso ARPAT verifica gli esiti dei campionamenti di Enel green Power, effettuando anche propri campioni. 

Grazie all’esperienza acquisita, ARPAT partecipa oggi attivamente a una nuova sfida: la possibilità di estrarre litio dalle “brine geotermiche”, infatti, questi fluidi, che provengono dal sottosuolo possono entrare in contatto con formazioni rocciose che contengono litio e arricchirsi di questo elemento. L’idea è quella di studiale la possibilità di estrarre il litio, sostanza critica, prima della reiniezione, riducendo così l’impatto ambientale rispetto a nuove perforazioni.

ARPAT, su sollecitazione della Regione Toscana, ha avviato una collaborazione con l’ente di ricerca RSE (Ricerca Sistema Energetico), con l’obiettivo di:

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  • valutare la fattibilità tecnica dell’estrazione del litio nelle aree geotermiche toscane;
  • evidenziare le ricadute ambientali delle tipologie di impianti di estrazione eventualmente individuati;
  • fornire dati utili al legislatore e ai tavoli tecnici.

Lo studio è ancora nella sua fase iniziale, ma rappresenta un’opportunità concreta per unire transizione ecologica, sostenibilità, economia circolare e valorizzazione delle risorse naturali toscane.

In questi anni, ARPAT ha acquisito competenze tecniche che oggi si rivelano fondamentali per orientare le politiche ambientali e le strategie energetiche del futuro nella nostra regione. Il percorso verso l’estrazione sostenibile del litio dalle acque geotermiche è appena iniziato, ma potrebbe segnare una svolta importante nella valorizzazione del sottosuolo toscano in chiave ecologica, innovativa e di concreta risposta alla domanda di materie prime critiche.

Intervento di Domenico Cipriano, Ricerca Sistema Energetico (R.S.E. S.p.A.) 

CiprianoIn un contesto globale profondamente mutato dagli eventi degli ultimi anni – dalla pandemia alle tensioni geopolitiche – il tema delle materie prime critiche è diventato centrale per l’Europa. A ribadirlo è Domenico Cipriano di RSE, centro di ricerca pubblico impegnato nel supporto agli enti locali, tra cui la Regione Toscana, in ambiti strategici come l’economia circolare e l’approvvigionamento di risorse fondamentali per la transizione energetica.

Il nodo è chiaro: molti dei materiali essenziali per la nostra economia non sono disponibili in Europa, o lo sono solo in minima parte. Il Regolamento europeo del 2024, all’articolo 1, parla esplicitamente della necessità di garantirsi l’accesso a questi materiali per mantenere il livello di vita economico e sociale del continente. Tra questi, il litio occupa una posizione di primo piano, in quanto componente chiave delle batterie e dei pannelli solari. L’Unione Europea, ricorda Cipriano, ha già individuato una lista di elementi chimici strategici e ha chiesto agli Stati membri di adottare una strategia condivisa, che preveda da un lato l’ottimizzazione dell’uso e, dall’altro, il potenziamento del riciclo.

Una risposta possibile arriva dal cosiddetto “urban mining”, ovvero il recupero di materiali rari da rifiuti elettronici (RAEE) e scarti industriali. In questo ambito, la Regione Toscana è in prima linea, lavorando insieme ad ARPAT e RSE per sviluppare tecnologie pulite in grado di estrarre valore dai rifiuti e ridurre la dipendenza dai mercati esteri, in particolare da Cina e Sud America, dove oggi si concentra la produzione e la lavorazione del litio.

Ma l’urban mining non è l’unica via, sottolinea Domenico Cipriano. Un altro fronte di ricerca riguarda il recupero del litio dalle brine geotermiche, ovvero le acque calde sotterranee utilizzate nella produzione geotermica, particolarmente abbondanti in Toscana. Un processo a basso impatto ambientale, che tuttavia richiede attenzione, studi di sistema e valutazioni ambientali, logistiche ed economiche. Proprio a questo è dedicato il progetto che RSE sta portando avanti con il supporto della Regione Toscana e ARPAT.

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«Non basta parlare di sostenibilità: serve una vera analisi di sistema per comprendere dove servono davvero questi materiali, in quali processi produttivi e in quale misura», spiega il rappresentante di RSE. È anche per questo che si sta valutando la riattivazione di vecchi siti minerari italiani – circa 3.000 quelli potenzialmente sfruttabili – ma solo a condizione che rispettino rigorosi criteri di tutela ambientale e sociale.

Oltre agli aspetti legati all’estrazione e al riciclo, il tema si intreccia con la necessità di ripensare l’intero modello produttivo, a partire da quello dell’automobile: l’auto elettrica non deve più essere considerata un bene usa e getta, ma un prodotto duraturo e riparabile, con una filiera che favorisca manutenzione e rigenerazione dei componenti. Una visione che potrebbe dare nuovo impulso al settore dell’assistenza tecnica e sostituire parzialmente le vecchie filiere industriali legate alla produzione massiva. Il successo della transizione all’elettrico dipende anche dalla presenza di un’infrastruttura capillare di ricarica per le auto elettriche, e da un sostegno politico concreto alla ricerca scientifica e allo sviluppo tecnologico.

In definitiva, la sfida non è solo quella di estrarre più litio, ma di utilizzarlo meglio, riciclarlo in modo efficiente, e ripensare i modelli di consumo e produzione. Una sfida che la Toscana ha deciso di affrontare con visione e pragmatismo, investendo nella ricerca per favorire l’innovazione e l’economia circolare.

Intervento di Maurizio Guerra – ISPRA

GuerraIl litio, elemento chimicamente “parente” di sodio e potassio, è oggi uno dei materiali più strategici per l’economia globale. Lo ha ricordato Maurizio Guerra di ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).

Il litio è fondamentale in settori chiave come l’energia rinnovabile, l’industria digitale, l’aerospazio e la difesa. Fa parte delle cosiddette materie critiche, che l’Unione Europea ha classificato in 34 elementi, di cui 17 rientrano tra quelli di interesse strategico. «La transizione energetica – ha spiegato Guerra – cambia lo scenario geopolitico globale. L’Europa è oggi in una posizione difensiva, in quanto grande consumatore sia di energie fossili che rinnovabili, ma con scarsa disponibilità di materie prime sul proprio territorio».

In questo contesto, l’urgenza di reperire materie prime critiche ha portato all’emanazione del Decreto 84/2024, poco dopo il nuovo Regolamento europeo sulle materie critiche. Il decreto punta a rilanciare il settore minerario italiano, da anni in declino, attraverso procedure semplificate e un’attenzione particolare ai progetti strategici a scala europea.

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ISPRA e il Sistema Nazionale della Protezione Ambientale (SNPA) sono quindi chiamati a rinnovare il proprio approccio, per gestire in modo sostenibile la rinascita del settore estrattivo. «È necessario mappare le miniere esistenti, lavorare sul recupero dei rifiuti estrattivi e sviluppare l’urban mining. Serve una nuova cultura delle georisorse, fondata sulla conoscenza, la trasparenza e la sostenibilità», ha sottolineato Guerra.

Uno dei filoni più promettenti è quello dell’estrazione del litio dalle brine geotermiche, particolarmente presenti in Toscana. Queste acque, riscaldate naturalmente nel sottosuolo, attraversano formazioni rocciose ricche di litio, arricchendosi di questo elemento. Il vantaggio principale? Non servono nuovi scavi o miniere a cielo aperto. Tuttavia, si tratta comunque di processi tecnologicamente complessi, che richiedono investimenti in ricerca e un approccio attento alla sostenibilità ambientale e sociale.

Guerra ha lanciato un monito: «La corsa alle materie prime non può essere lasciata senza regole. Il rischio è di provocare nuovi danni all’ambiente e ai territori. Dobbiamo agire in modo preventivo, investendo in informazione, dialogo con le comunità locali e nella costruzione di competenze tecniche».

Un altro tema critico è quello della “vincolistica”, cioè l’insieme di norme e regolamenti che disciplinano le attività produttive. Secondo ISPRA, è necessario trovare un equilibrio: le regole devono tutelare l’ambiente e i cittadini, ma non scoraggiare gli investimenti delle imprese impegnate in progetti sostenibili.

In conclusione, per ISPRA la sfida è duplice: da un lato rilanciare, in chiave moderna, un settore minerario strategico, e dall’altro costruire un modello sostenibile e condiviso, dove lo sfruttamento delle risorse non sia in conflitto con i territori ma parte di un progetto comune.

Intervento di Andrea Dini – Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR di Pisa

DiniAndrea Dini dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR di Pisa ha aperto il suo intervento ricordando che monitorare i fenomeni climatici è fondamentale, ma, oggi, è urgente trovare soluzioni per decarbonizzare l’atmosfera, la società e l’economia. In questo quadro, il recupero e la gestione del litio diventano strategici.

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Il litio, componente essenziale per le batterie dei veicoli elettrici e per lo stoccaggio di energia rinnovabile, è oggi poco riciclato: gran parte di quello impiegato finisce in discarica. Tuttavia, anche un sistema efficiente di riciclo – ha ricordato Dini – potrebbe coprire solo una parte del fabbisogno globale previsto. È dunque evidente che il riciclo da solo non basta. «O riduciamo la domanda – per esempio diminuendo il numero di auto in circolazione – oppure dovremo comunque continuare a produrre litio vergine. In futuro, non potremo più permetterci due o tre auto per famiglia. Servirà investire seriamente sul trasporto pubblico», ha sottolineato.

Ma l’Italia, può davvero contare su fonti autonome di litio? Una squadra di ricercatori del CNR ha analizzato i dati disponibili: i giacimenti tradizionali non sono sufficienti per pensare a nuove miniere. Tuttavia, esiste un’alternativa molto più adatta al contesto italiano: l’estrazione di litio dai fluidi geotermici, i cosiddetti geofluidi. Una risorsa che la Toscana conosce bene, essendo pioniera a livello mondiale nelle tecnologie geotermiche.

La proposta di Dini è chiara: utilizzare le competenze già esistenti nel settore geotermico per estrarre litio dalle fluidi geotermici. Si tratta di un’operazione tecnicamente complessa, ma potenzialmente redditizia: secondo le stime, si potrebbero ottenere fino a mille tonnellate di litio l’anno, sufficienti per produrre circa 100.000 batterie per veicoli elettrici. «Può sembrare poco – ha detto Dini – ma è un business concreto, a condizione che si investa in ricerca e si avvii una vera riconversione industriale».

Non tutte le aree sono uguali. Le brine geotermiche del centro Italia, in particolare le zone granitiche della Toscana (come Larderello) e quelle vulcaniche del Lazio e della Campania, presentano comportamenti molto diversi. «Le rocce vulcaniche rilasciano litio anche a basse temperature, mentre i graniti toscani lo fanno con molta difficoltà. Per questo motivo – ha spiegato il ricercatore – il sistema vulcanico del Lazio e della Campania risulta, almeno in linea teorica, più favorevole all’estrazione del litio». Anche in Toscana, tuttavia, si possono ottenere concentrazioni interessanti – fino a 100-120 mg/l – vicine alla soglia economica per avviare un’estrazione sostenibile con le attuali tecnologie. «Questi limiti, anziché scoraggiare, devono stimolare ancora di più la ricerca – ha concluso Dini –. Abbiamo le competenze, la storia industriale e le tecnologie. Serve ora visione, collaborazione tra istituzioni e industria, e soprattutto coraggio per intraprendere un nuovo percorso sostenibile».

Giani, Monni, Rubellini e DiniLa giornata di confronto si è conclusa con le riflessioni del Presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, che ha definito l’incontro cruciale per lo sviluppo sostenibile e l’innovazione industriale della Toscana.

“La geotermia – ha affermato Giani – è un settore strategico per la nostra Regione. Oggi sempre più Comuni vogliono entrare a far parte delle aree geotermiche, un cambiamento radicale rispetto al passato, quando timori e resistenze frenavano questa tendenza.” Oggi invece, spiega il Presidente, le amministrazioni locali guardano con interesse sia alla geotermia che al recupero delle aree minerarie dismesse, in particolare nel territorio dell’Amiata, da sempre legato all’attività estrattiva”.

Una spinta verso l’economia circolare arriva anche dal mondo industriale toscano, sempre più attento alla possibilità di recuperare materie prime rare da rifiuti e di riattivare miniere abbandonate da cui si possono ancora ricavare elementi utili per l’economia toscana e nazionale. “Si tratta di elementi fondamentali – prosegue Giani – per la produzione di strumenti di uso quotidiano ormai indispensabili, dagli smartphone ai dispositivi tecnologici.”

Il Presidente ha poi sottolineato l’importanza di studiare il recupero del litio dalle “brine geotermiche”. “Anche se esistono aree in Italia dove questa attività è attualmente più vantaggiosa, questo non deve scoraggiarci. Anzi, deve spingerci ad approfondire le possibilità che il nostro territorio offre, per capire come contribuire concretamente al rilancio dell’economia regionale e italiana attraverso pratiche di riciclaggio innovative.”

In conclusione, Giani ha ribadito l’impegno della Regione nel promuovere modelli di sviluppo sostenibile che valorizzino le risorse locali, riducano la dipendenza da forniture esterne e aprano nuove opportunità per le imprese e le comunità toscane.



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