La capacità di un territorio industriale di rinnovarsi e di restare competitivo passa attraverso la continua evoluzione delle sue imprese. E questa dipende dalla dotazione di capitale umano e finanziario – i due input principali dell’innovazione nell’economia della conoscenza -.
Il nuovo hub di ingegneria dell’Università di Padova in Fiera aggiunge una tessera fondamentale al mosaico che si è andato componendo in questi anni a Padova, grazie al concorso di visione e investimenti di attori pubblici e privati: un hub dell’innovazione e della conoscenza di livello (e ambizione) nazionale ed internazionale.
Mi riferisco alla densità di luoghi e infrastrutture di ricerca e formazione politecnica, dove competenze, tecnologie e idee si incontrano per generare sviluppo sostenibile, occupazione qualificata e competitività: dipartimenti, competence center, campus didattico diffuso, incubatori, acceleratori di impresa come Le Village capace di accelerare in un biennio 80 startup innovative.
Un ecosistema sempre più consapevole della contaminazione necessaria con il tessuto produttivo e sociale, per condurlo attraverso le transizioni radicali in atto (digitale, ambientale, energetica) e renderlo più attrattivo.
A darci un deciso segno di speranza è l’aumento costante e vigoroso di studenti stranieri dell’Università di Padova (l’11% del totale). Ma anche il reclutamento carsico e crescente di manager di ogni nazionalità nelle medie imprese e settori di avanguardia del territorio (biotech e pharma, aerospazio, energia, meccanica avanzata), attratti dal saper fare e reattività alle nuove sfide, uniti a qualità del vivere e ambientale.
All’orizzonte il progetto di un Data Center in Fiera, infrastruttura chiave dell’IA, e il nuovo Policlinico che sarà un polo di eccellenza sanitaria e di ricerca, completano la cifra distintiva del sistema Padova per l’innovazione.
Mettere a terra il potenziale innovativo di questo ecosistema per l’intero Nord Est è la sfida che abbiamo davanti. Una sfida che richiede di ridurre le esternalità negative. O, se preferiamo, di aumentare quelle positive.
A cominciare da sistema dei trasporti e infrastrutture, nodi nevralgici per intercettare i flussi di competenze e capitali e creare nel cuore del Veneto una «periferia competitiva», alternativa alle grandi metropoli internazionali come Milano.
Se nel perimetro urbano avanza il sistema a rete tranviaria, con inevitabili disagi temporanei, ma vantaggi strutturali tangibili in prospettiva, sul piano delle grandi opere strategiche registriamo ancora i ritardi nella realizzazione della tratta Brescia-Verona-Padova dell’alta velocità ferroviaria da Milano a Venezia.
La Brescia-Verona promette di aprire nel 2026, ma sulla Verona-Padova, causa l’atavico nodo di Vicenza, pendono ancora pesanti incertezze progettuali e finanziarie.
Tanto più inconciliabili con la velocità della competizione e dei mercati.
Le conseguenze toccano la competitività dell’intero Nord Est. Basti pensare all’effetto moltiplicatore che l’Av ha avuto sullo sviluppo economico lungo i corridoi Milano-Bologna e Bologna-Firenze. Con l’espansione globale di distretti ad alta intensità di conoscenza (Motor Valley) sulla Via Emilia.
Puntare sullo sviluppo di opere strategiche come questa richiede oggi più che mai una cooperazione piena tra attori pubblici, sociali e privati e adeguati livelli e tempi di investimento.
Per questo, come Confindustria Veneto Est, esprimiamo il pieno supporto alle Istituzioni, alla Regione del Veneto e al Comune di Padova, e chiediamo con forza un’iniziativa congiunta che possa definire con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il gruppo Fs le soluzioni progettuali e finanziarie da adottare per garantire tempi certi e sostenibili alla cantierizzazione dell’opera.
Ben consapevoli che Padova è uno snodo chiave per l’espansione a Est della rete Alta velocità, imprescindibile per rafforzare sempre di più la competitività e l’attrattività del Veneto e del Paese. —
Francesco Nalini * Vicepresidente di Confindustria Veneto Est per il Territorio di Padova
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