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Una nuova manna per gli ITS, ma occhio ai capitoli di spesa


La notizia è di quelle che meritano di stappare una buona bottiglia, per il mondo ITS. Un ultimo “residuo” di Pnrr, citando testualmente il comunicato stampa con cui il Ministrero guidato da Giuseppe Valditara ne ha dato notizia, che per importo è nient’affatto residuale: 130 milioni di euro, da spendere nell’arco di pochi mesi, ossia in media quasi un milione di euro per ciascun Istituto Tecnologico Superiore del nostro paese. Not too bad, come direbbe Djokovic, poiché linfa vitale per un ecosistema della formazione terziaria professionalizzante che è in espansione costante, e proprio per questo continua a necessitare di investimenti coraggiosi.

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La prima reazione, per un newsbrand come TuttoITS, non può essere che di plauso, non solo per la volontà politica (che non è mai venuta meno da molti anni a questa parte) ma soprattutto per la capacità del mondo ITS di fare rete, di dare concretezza alle promesse e di meritare ulteriore fiducia. Non è certo un segreto quanto Rete ITS, ma anche i coordinamenti regionali e di filiera, abbiano lavorato in questi mesi per proseguire lungo una strada che sembra quella giusta – seppure l’asticella, a livello di ambizione trasformativa del sistema paese e di evoluzione del rapporto tra formazione e lavoro, sia posizionata ben più in alto.

Ma non possiamo fermarci ai complimenti. Leggendo tra le righe del provvedimento che assegna i fondi, al di là dei doverosi criteri di premialità e di omogeneità territoriale, si notano però un dettaglio e un’assenza. Partiamo dal dettaglio, ossia che fino al 30% delle somme potrà essere impiegato per lavori edilizi, qualora funzionali all’attività laboratoriale, riconfermando e rafforzando la nota introdotta per la prima volta a settembre 2024 con il decreto di riparto dei finanziamenti aggiuntivi dell’anno scorso. Il doppio vincolo (numerico e di attinenza) sui lavori che riguardano gli spazi che ospitano i laboratori in qualche modo esplicita l’impressione che qualcosa – da questo punto di vista – non sia andato del tutto come previsto con il finanziamento originale. Il rischio, più culturale che legale, è di confondere il laboratorio inteso come insieme di tecnologie di avanguardia e macchinari di ultima generazione con il mattone, la struttura edile fisica che offre pareti, pavimento e soffitto alle attrezzature laboratoriali e a chi le adopera.

Perché se da un lato è indubbio che non si diventa super-tecnici d’avanguardia senza avere a disposizione i doverosi apparati high tech, un po’ meno chiaro è il nesso tra il rinnovamento di un edificio e la qualità della didattica professionalizzante. Meglio prevenire allora la deriva, come ben chiarito in questa occasione, dello spendere i soldi del Pnrr per abbellire o rifare le sedi degli ITS, lasciando in secondo piano ciò che dovrà esserci piazzato dentro. Per l’edilizia abbiamo (e abbiamo avuto) fondi e incentivi a sé a livello nazionale, mentre per gli ITS abbiamo invece solo questo filone di finanziamento.

L’altro aspetto, che non è una novità e trova nel nuovo provvedimento un’ulteriore conferma, è che tutta l’attenzione istituzionale e finanziaria sembra orientarsi sulla parte fisica degli ITS, come se la componente tangibile fosse l’unica rilevante. Certo, ciascun ITS può attingere anche a proprie risorse per coprire gli altri capitoli di spesa, ma siamo sicuri che il modo più strategico di impegare questi ulteriori 130 milioni di euro (che si sommano ai precedenti 514) sia di dedicarli al 100% all’acquisto di cose? Niente formazione delle persone, niente progetti di comunicazione, niente attività promozionali per un ecosistema della formazione ancora sconosciuto ai più, niente risorse per raggiungere ragazze e ragazzi potenzialmente in target, niente aiuti alla mobilità e borse di studio, niente progetti sperimentali, niente incentivi per le aziende a ospitare i corsisti: solo delle cose. Se la missione 4 del Pnrr, cui questo provvedimento afferisce, riguarda “il rafforzamento del sistema di formazione terziaria professionalizzante”, davvero rafforzare un sistema di formazione significa solo dotare i laboratori delle migliori attrezzature?

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