La fusione con Bper è cosa fatta. Le priorità per i rappresentanti delle categorie economiche e per i sindacati
È ufficiale: la Banca Popolare di Sondrio sarà incorporata da BPER Banca. Una notizia che, pur attesa da tempo, scuote profondamente il tessuto economico e sociale della Valtellina. Dopo oltre 150 anni di storia, la Popolare di Sondrio perde la propria autonomia e diventa parte di un gruppo bancario nazionale con sede a Modena. Le reazioni delle realtà produttive del territorio non si sono fatte attendere.
«L’auspicio è che, nei prossimi giorni, si possano condividere con il board di BPER Banca le azioni necessarie al mantenimento dei livelli occupazionali e della rete territoriale della BPS – afferma Loretta Credaro, presidente dell’Unione commercio e turismo e della Camera di commercio di Sondrio – . Altro tema di primaria importanza è l’accesso al credito delle imprese e della clientela retail. Crediamo che il forte radicamento costruito in oltre 150 anni di attività dalla Banca Popolare di Sondrio sia un patrimonio da tutelare e valorizzare anche in futuro».
Un appello, quello di Credaro, che interpreta bene la sensibilità diffusa tra gli operatori economici valtellinesi: preservare ciò che rendeva unica la BPS, ovvero il suo legame con la comunità e con le imprese locali.
Più amara, e al tempo stesso lucida, è la lettura di Gionni Gritti, presidente di Confartigianato imprese Sondrio, che considera la fusione come un destino già segnato: «Un finale purtroppo che era già scritto. Ora attendiamo l’assemblea straordinaria, siamo disponibili a interfacciarci con i nuovi vertici. La priorità è mantenere il modello e che si comprenda il rapporto della banca con il territorio. Non vogliamo diventare numeri». Le sue parole mettono in evidenza i timori concreti di chi lavora in una provincia montana, lontana dai grandi centri decisionali: «Abbiamo di fatto perso due banche e siamo diventati periferici. Pensiamo anche al mantenimento occupazionale ovviamente: ci sono circa 3mila dipendenti che finiranno in un calderone di oltre 20mila. Poi, realtà che si svuoteranno. Tutte incognite che ovviamente preoccupano».
Anche il comparto agricolo guarda con attenzione — e qualche apprensione — al nuovo assetto. Sandro Bambini, presidente di Coldiretti Sondrio, punta i riflettori sulla particolarità del credito nel settore primario: «Speriamo che la situazione non cambi, non nei modi e nell’operatività, solo per quanto riguarda il nome. Nei mesi scorsi abbiamo avuto un incontro in cui BPER presentava le proprie idee e ha garantito che manterranno l’impianto strutturale attuale, cercando di mantenere la stessa autonomia che le filiali avevano per gestire crediti e situazioni con importi non particolarmente importanti». Bambini sottolinea come il credito agricolo si fondi spesso su conoscenza diretta e fiducia reciproca più che su strumenti tecnico-finanziari: «Aziende piccole del nostro comparto non sono strutturate, non c’è presenza di bilanci o piani finanziari ben dettagliati. I crediti vengono spesso erogati non certo sulla fiducia, ma sulla conoscenza dell’azienda e della sua storia».
Dal mondo dei sindacati, infine, attenzione massima al mantenimento dell’occupazione, come ha affermato la segreteria Ust Cisl Sondrio: «Sarà importante mantenere alcuni capisaldi fondamentali, tra cui la salvaguardia dell’occupazione e delle professionalità locali, che rappresentano un valore irrinunciabile per la comunità».
Ma c’è anche chi vuole togliersi qualche sassolino dalla scarpa. «C’è preoccupazione per i dipendenti e per l’indotto che crea la Popolare sul nostro territorio, questioni su cui verterà la nostra attenzione – commenta Guglielmo Zamboni, segretario provinciale Cgil -. Ma trovo stucchevole che, solo ora, si ricerchi “protezione” da dinamiche di mercato che in passato sono state ampiamente utilizzate e giustificate. Quando cercavamo di salvare imprese da fallimenti e riduzioni di organico ci veniva risposto “Il mercato funziona così”. Ma ora ci si lamenta».
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