Con una propensione al risparmio pari al 6,4%, l’Umbria si colloca al di sotto della media nazionale (8,3%) e di quella del Centro Italia (7,5%), segnando il dato più basso tra le regioni del Centro-Nord. A certificarlo è l’indagine del Centro Studi delle Camere di commercio “Guglielmo Tagliacarne”, elaborata in collaborazione con Unioncamere e la Camera di Commercio dell’Umbria.
Il legame tra risparmio e reddito appare evidente: i redditi medi umbri risultano inferiori dell’11,8% rispetto alla media italiana, fermandosi a un indice di 88,2 contro il 100 nazionale. Ma non è solo il reddito a determinare la scarsa capacità di accantonamento: incertezza, inflazione e debolezza dei servizi pubblici spingono le famiglie a risparmiare per necessità più che per investimento.
I numeri: confronto tra regioni e province umbre
Nel confronto con le altre regioni del Centro, l’Umbria è dietro a Toscana (8,1%), Marche (7,5%) e Lazio (7,2%), e fa meglio solo delle regioni del Mezzogiorno, come Basilicata (6%) e Sicilia e Sardegna (entrambe al 4,5%). In testa alla classifica nazionale, invece, troviamo Piemonte (11,2%), Lombardia (10,9%) ed Emilia-Romagna (10,3%).
Anche a livello provinciale, i dati non premiano: Terni (6,9%) fa leggermente meglio di Perugia (6,5%), ma entrambe restano in fondo alla classifica nazionale, rispettivamente al 73° e 82° posto su 107 province. In termini assoluti, le famiglie perugine hanno risparmiato 905,4 milioni di euro, quelle del ternano 282,5 milioni, per un totale regionale pari all’1,1% del risparmio complessivo italiano, inferiore al peso demografico e produttivo della regione, che oscilla tra l’1,4% e l’1,5%.
Le cause: inflazione, sfiducia e crisi del welfare
Nonostante un lieve aumento della propensione al risparmio rispetto al 2019 (Perugia dal 5,9% al 6,5%, Terni dal 6,2% al 6,9%), il dato non rappresenta un segnale di benessere. Al contrario, secondo l’analisi di Unioncamere, l’incremento è da attribuire a due fattori critici:
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Inflazione: l’aumento dei prezzi ha ridotto il potere d’acquisto e spinto le famiglie a risparmiare di più per recuperare il valore reale dei propri risparmi;
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Incertezza diffusa: dalla pandemia al conflitto in Ucraina, fino alle tensioni geopolitiche ed energetiche, il contesto ha generato timori e comportamenti difensivi, con tagli ai consumi in favore di un risparmio precauzionale.
A ciò si aggiunge la progressiva erosione del welfare, con sanità e istruzione sempre più onerose per le famiglie, costrette a sostituirsi allo Stato per coprire spese ordinarie e straordinarie. Il risultato è un risparmio “forzato”, destinato a coprire bisogni imminenti piuttosto che a generare ricchezza futura.
L’allarme di Mencaroni: “Serve un New Deal umbro”
Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio dell’Umbria, lancia un appello alle istituzioni: “Il basso livello dei redditi, frutto di un lavoro spesso povero e di profitti aziendali inferiori alla media, non aiuta il risparmio. La vera criticità è la scarsa produttività. Serve una svolta sull’innovazione, sulla formazione continua e sulla transizione digitale ed ecologica. Solo così si potrà invertire la rotta”.
Mencaroni propone un “New Deal umbro”, da costruire con la partecipazione di istituzioni locali, forze economiche e governo centrale, per contrastare lo scivolamento dell’Umbria verso il Mezzogiorno, fenomeno in corso da oltre vent’anni. Un appello che richiama l’urgenza di rilanciare il sistema economico regionale, aumentando redditi, occupazione e fiducia.
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