Nello stabilimento Stellantis di Pomigliano d’Arco l’effetto dei dazi Usa si era già sentito prima che ieri venisse raggiunto l’accordo con l’Ue sul reciproco 15%. Il Gruppo ha annunciato infatti già da qualche giorno il rinvio della produzione della Dodge Hornet, modello realizzato in Campania e destinato esclusivamente al mercato nordamericano. Troppe le incertezze sulle politiche tariffarie degli Stati Uniti (come se non bastassero le profonde incognite sulla tenuta del mercato auto anche nell’immediato futuro): la società guidata da Antonio Filosa sta ragionando su un’eventuale nuova missione da assegnare all’impianto in attesa di capire cosa succederà dopo l’intesa formalizzata ieri in Scozia da Trump e Von Der Leyen.
Già, perché ora che l’intesa è stata raggiunta, anche nel sistema delle imprese esportatrici del Sud sono iniziati calcoli e valutazioni sulle conseguenze del 15% nei settori più esposti, dall’automotive all’agroalimentare. Previsioni e simulazioni non erano sicuramente mancati in queste settimane, specialmente dopo la “minaccia” Usa di applicare tariffe al 30%, un’ipotesi considerata nefasta per l’intero export italiano. Ma ora che un punto fermo c’è, analisi e scenari diventano almeno in parte più credibili anche se forse è prematuro coglierne in pieno prospettive e dimensioni.
L’EXPORT
Ragionando sui dati certi, la quota Sud dell’export italiano destinato agli Usa si attesta attualmente al 12,4%, superiore di circa 2 punti percentuali alla quota verso il mondo. Ma in alcuni settori specifici, come automotive, agrifood e farmaceutico, i numeri sono decisamente più elevati, raggiungendo infatti il 28,4%. Nell’Agrifood, il dato si attesta al 22,6% e per le esportazioni della farmaceutica il contributo del Sud è pari all’11,2%. Inoltre, relativamente agli energetici, oltre il 64% delle esportazioni italiane verso il mercato statunitense registra come provenienza una regione del Mezzogiorno. Cosa cambierà dopo l’accordo sul 15%? «I dazi, anche se alla fine dimezzati rispetto alla previsione di qualche tempo fa, vanno comunque visti in prospettiva, non nell’immediato», fanno notare dal Consorzio di tutela della Mozzarella di bufala campana Dop che al mercato Usa affida una quota compresa tra il 7 e il 10 per cento delle sue esportazioni. Cosa vuol dire? «Che alla lunga l’inevitabile aumento di prezzo al consumo si farà sentire (oggi nei negozi alimentari in America la mozzarella Dop costa tra 60 e 80 dollari al chilo mentre al ristorante circa 200-250 dollari, 20 dollari per 100 grammi, ndr) anche perché i costi di spedizione via aerea del prodotto oltre Oceano continueranno a incidere in maniera rilevante. E questi non potranno essere ridotti».
IL NODO FARMACEUTICO
Cautela anche sul fronte delle aziende farmaceutiche: «Bisogna verificare con attenzione cosa vuol dire che il nostro comparto potrebbe essere escluso dall’applicazione dei dazi verso l’Ue e che gli Usa vorrebbero accentrare a casa loro la produzione dei medicinali – commenta il vicepresidente di Farmindustria e dell’Unione Industriali di Napoli Pierluigi Petrone – Molte importanti aziende americane producono in Italia e vendono nel loro Paese. E in ogni caso pensare di poter delocalizzare in tempi rapidi le produzioni oltre Oceano vuol dire non conoscere i tempi autorizzativi e realizzativi di questi eventuali progetti. Non è un caso che sulla spesa mondiale del settore gli Usa incidono per il 74%, l‘Europa solo per il 17%».
Eppure ieri sera la presidente della Commissione Ue von der Leyen, contraddicendo Trump, ha detto che il farmaceutico è uno dei settori inclusi nell’accordo sul tetto massimo del 15%. Di sicuro al Sud la partita dazi si gioca soprattutto su agroalimentare e farmaceutico. Nel 2024, tra le filiere di specializzazione territoriale, l’agrifood si è caratterizzato come «l’unico motore di crescita con un aumento del 3,7% rispetto all’anno precedente», ricorda il Monitor dei Distretti di Intesa Sanpaolo. Il farmaceutico, dal canto suo, ha coperto da solo quasi il 90% del totale delle esportazioni dei sei poli tecnologici del Sud: su 9,2 miliardi complessivi, pari comunque a un incremento dell’8,9% sul 2023, il solo Polo farmaceutico di Napoli ha chiuso l’anno con un significativo +19,8%, attestandosi a 7,1 miliardi di euro grazie soprattutto anche ai massicci investimenti della multinazionale Novartis nel polo di Torre Annunziata dove sono stati realizzati investimenti per circa 30 milioni grazie alle opportunità della Zes unica. In Campania, non a caso, l’export del settore è cresciuto del 475% tra il 2018 e il 2023, gli addetti sono arrivati a oltre 4mila tra diretti e indiretti e le aziende del settore sono ormai 14, tra capitale nazionale e straniero.
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