Nel 2008, lo storico dirigente dell’allora FIAT Sergio Marchionne raccontava ai laureandi del Politecnico di Torino come fosse riuscito a risollevare le sorti dell’azienda, un tempo la più grande casa automobilistica d’Europa, puntando sull’importanza della leadership e la valorizzazione dei suoi dipendenti.
Scomparso improvvisamente nel 2018 a causa di un male incurabile, l’imprenditore abruzzese riuscì a salvare la FIAT in un periodo di profondissima crisi finanziaria grazie l’acquisizione della statunitense Chrysler, dando vita al nuovo gruppo Fiat Chrysler Automobiles (FCA).
A distanza di quasi vent’anni, con il numero di fallimenti delle aziende italiane in crescita costante, il suo discorso risulta più attuale che mai.
L’importanza del capitale umano per salvare un’impresa
Pochi mesi dopo il suo discorso, Marchionne avrebbe cominciato le lunghe trattative di acquisizione della fallita Chrysler, il cui destino venne ribaltato completamente grazie alle sue scelte. Anche se non esistono regole magiche in grado di salvare il destino di un’azienda, l’imprenditore ha deciso di seguire dei criteri che, in seguito, si sono dimostrati salvifici:
“Non c’è una ricetta industriale valida per ogni azienda. Esiste però un approccio comune che è trasversale a tutte e a tutte, che permette di risolvere anche le situazioni più difficili. Mi riferisco al fatto di riconoscere il ruolo centrale che hanno le persone e i leader che la gestiscono”.
Per Marchionne, infatti, l’elemento fondamentale per far funzionare un’azienda non era il prodotto o le prospettive di guadagno, ma le persone:
“Ogni impresa è il risultato delle persone che ci lavorano e dei rapporti che si instaurano tra di loro e per questo è così importante la qualità dei manager, la loro coesione, il fatto di condividere la stessa direzione, gli stessi metodi, gli stessi obiettivi e l’unione di tutti i leader intorno a un sistema di valori comuni”.
Dopo aver dichiarato fallimento e chiuso quasi tutti i suoi stabilimenti, lasciando a casa oltre 39 mila lavoratori, Chrysler vide la sua rinascita grazie alla strategia vincente di Marchionne. L’imprenditore, anziché assumere nuovi dirigenti, scelse di promuovere i manager già presenti in Chrysler.
Grazie alle sue scelte, nel luglio del 2009 riaprì lo storico stabilimento di Jefferson, simbolo dell’azienda americana. Questo evento segnò ufficialmente l’inizio della rinascita industriale del marchio.
Sergio Marchionne aveva ragione?
A distanza di più di vent’anni dal discorso di Sergio Marchionne, è interessante osservare la situazione dei fallimenti aziendali in Italia.
Secondo l’ultima analisi dell’Osservatorio Procedure e Liquidazioni di Cerved, il 2024 si è chiuso con un nuovo picco di fallimenti aziendali: +17,2% rispetto al già significativo +9,8% del 2023. In termini assoluti, si è passati da 7.848 a 9.194 procedure, specialmente nel Nord-Ovest (30%, con la Lombardia in testa), tra le società di capitali (82%) e nel settore dei servizi (35%).
Tra i settori più colpiti ci sono quelli delle costruzioni (+25,7%) e dell’industria (+21,2%), in particolar modo i metalli (+48,4%) e la moda (+41,1%). Il settore dei servizi è quello con il maggior numero di cessazioni in valore assoluto, superando le 56 mila chiusure nel corso dell’anno.
Se tra le cause principali di questo trend risultano evidenti le responsabilità da attribuire all’incremento dei costi operativi e all’aumento degli oneri finanziari, c’è anche da interrogarsi su quante siano effettivamente le aziende che pongono attenzione sul valore dei dipendenti. Questa domanda fa riflettere, considerando che fu proprio l’importanza data al capitale umano a salvare l’impresa di Marchionne più di vent’anni fa:
“La qualità delle persone è essenziale e niente la può sostituire. Ogni impresa è il risultato delle persone che ci lavorano”.
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