Molte imprese italiane chiudono per fattori noti. Alcuni sono di mercato, altri interni alla gestione. Ma in larga parte, il peso arriva da colui che dovrebbe aiutare: lo Stato.
# Il sistema fiscale come elemento critico
Secondo i dati OCSE aggiornati al 2024, la pressione fiscale complessiva sul lavoro in Italia ha raggiunto il 47,1%, una delle più alte d’Europa. Per le imprese, questo si traduce in un cuneo fiscale che incide direttamente sulla competitività e sull’occupazione. Oltre alla pressione sui costi, le imprese italiane sono soggette al versamento anticipato di imposte e acconti basati su una stima presunta del fatturato futuro, anche in assenza di utili effettivi. Questa struttura fiscale anticipata, combinata con obblighi contributivi elevati e oneri aggiuntivi come l’assicurazione obbligatoria contro le calamità naturali, costituisce un carico sistemico. Un sondaggio Demopolis per Oxfam (settembre 2024) ha rilevato che l’85% degli italiani ritiene il sistema fiscale poco o per niente equo. Già nel 2011, Confcommercio indicava che l’80% degli imprenditori era insoddisfatto dell’equità fiscale e contributiva in Italia. La percezione resta invariata.
# Il ruolo dello Stato nelle procedure concorsuali
Lo Stato non incide solo attraverso la fiscalità ordinaria, ma anche nella fase finale della crisi d’impresa. Nelle procedure concorsuali, il Fisco risulta sistematicamente tra i creditori principali. I debiti tributari e contributivi sono considerati prededucibili e ricevono trattamento prioritario rispetto a fornitori, banche e collaboratori. L’articolo 111 della legge fallimentare e le norme sul concordato e sulla composizione negoziata impongono che l’Agenzia delle Entrate riceva almeno quanto otterrebbe in caso di liquidazione. Questo assetto riduce la quota disponibile per gli altri soggetti coinvolti nella crisi. Secondo l’elaborazione giuridica più recente, il Fisco è il primo a riscuotere in una larga parte dei procedimenti. Anche nei casi in cui l’impresa tenta la ristrutturazione, lo Stato mantiene una posizione dominante nei tavoli negoziali.
# Le imprese più giovani e il rischio sistemico
Nel 2024 sono stati avviati 9.194 fallimenti, con un aumento del 17,2% rispetto all’anno precedente. Le imprese più giovani sono le più esposte: quelle con meno di cinque anni di attività rappresentano il 12% dei casi, contro il 2% del 2022. I settori più colpiti sono i servizi (35%), il commercio (21,2%), le costruzioni (18,7%) e l’industria (12,6%). Le liquidazioni volontarie hanno superato quota 119.000, in crescita del 12,7%. La procedura di composizione negoziata viene attivata, ma spesso in fase avanzata e con margini limitati di risanamento. La combinazione tra pressione fiscale anticipata e rigidità dei crediti pubblici accentua la fragilità strutturale. In assenza di flessibilità normativa, l’effetto finale è l’uscita dal mercato.
Spunto: Angelo Greco, direttore di “La legge per tutti”
Continua la lettura con: C’è un comune in Italia che ti paga se vai in bici: e se lo facesse anche Milano (invece di fare solo guerra alle auto)?
FABIO MARCOMIN
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