In un’Emilia-Romagna che scricchiola sotto il peso della congiuntura globale, Ferrara prova a tenere la barra dritta. I dati del primo trimestre 2025, diffusi dall’Osservatorio Mpi Confartigianato Emilia-Romagna, raccontano una regione in affanno: -1,5% l’export manifatturiero rispetto allo stesso periodo del 2024, in controtendenza rispetto alla media nazionale che segna un +3%. Eppure, in questo contesto a tinte fosche, Ferrara registra un +1,3%, tra le poche province a chiudere in attivo. Non è sola: fanno meglio solo Ravenna (+3,6%) e Modena (+1,2%), mentre Piacenza crolla (-14,2%), Reggio Emilia segna -4% e Rimini -2,3%. Ma è proprio Ferrara a sorprendere: non tanto per i volumi assoluti (2,1 miliardi su un totale regionale di 81), quanto per la direzione opposta rispetto alla corrente. Una performance che racconta la capacità di alcune realtà locali di adattarsi, innovare, forse anche diversificare. Ma la realtà è più sfaccettata. Se si guarda al cuore dell’artigianato regionale, le micro e piccole imprese (mpi), la provincia mostra tutta la sua fragilità. A fronte di una media regionale in lieve calo (-0,3%), le mpi ferraresi vedono crollare l’export del 10,1%: una delle peggiori performance in Emilia-Romagna. L’export di questo segmento si ferma a 385 milioni, appena il 18,3% del manifatturiero locale. A Forlì-Cesena le mpi valgono oltre il 40% delle esportazioni, a Rimini il 40,9%. Questo dato rivela un tessuto economico meno strutturato, meno resiliente. Manca il traino dei settori ad alta vocazione artigianale – come la moda, il legno, i prodotti in metallo – che in altre province attutiscono i colpi della congiuntura. I settori più dinamici, come l’alimentare (+10,7% in regione) e gli autoveicoli (+10,7%), restano marginali a Ferrara. Non stupisce che l’export ferrarese verso gli Stati Uniti – primo mercato per l’Emilia-Romagna – sia sceso del 15,6% nei primi tre mesi dell’anno. Peggio fanno solo Ravenna (-42,3%) e Rimini (-20,2%). Anche sul fronte tedesco, secondo sbocco dell’export regionale, Ferrara arranca: -12%, contro il +6,6% di Bologna o il +22,2% di Rimini. Eppure, nella fragilità, emerge un potenziale. Ferrara ha retto grazie a comparti medio-grandi, forse anche a strategie di filiera che l’hanno legata ai poli più forti della regione. Il rischio, però, è chiaro: senza un rilancio delle mpi, senza politiche industriali che valorizzino l’artigianato, il territorio resta appeso a un equilibrio precario.
Ferrara resiste, sì. Ma non può farcela da sola. Francesco Buttino, del dipartimento sindacale e mercato di Confartigianato: “La nostra provincia, rispetto al resto dell’Emilia Romagna sconta una fragilità strutturale ormai endemica. Di fronte a crisi straordinarie occorrono misure di sostegno altrettanto straordinarie. Bene l’avvio della Zona logistica semplificata, ma per avviare un percorso di riduzione del gap servono misure specifiche per il territorio. Una di queste è l’istituzione di una Zona franca urbana, con agevolazioni fiscali eccezionali per attrarre investimenti produttivi”.
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