Ue e Stati Uniti hanno deciso, oggi domenica 27 luglio 2025, di concordare dazi del 15% sulle esportazioni europee verso il mercato USA dopo mesi di trattative (attenzione che non sono quote reciproche, anzi…). Questa scelta rappresenta una svolta strategica rispetto alle precedenti annunciate tariffe del 30%.
La questione doganale si interseca con accordi paralleli su investimenti e forniture energetiche, rappresentando un nuovo equilibrio tra i due grandi blocchi economici, maggiori anche rispetto ai rispettivi rapporti commerciali con un altro gigante come la Cina.
L’esito di questo processo incide direttamente sul sistema produttivo, lavorativo e sulla vita dei cittadini italiani.
Le caratteristiche dell’accordo sui dazi tra UE e Stati Uniti
L’accordo tra l’Unione Europea e gli USA prevede dazi reciproci del 15% su una vasta gamma di merci, con regimi di esenzione per alcune categorie sensibili.
La tariffa concordata sostituisce quella minacciata del 30%, rappresentando quindi una soluzione meno gravosa rispetto alle ipotesi iniziali. Secondo quanto trapelato dalle principali fonti diplomatiche, il nuovo regime doganale si configura come orizzontale ma variabile: alla base resta il 15%, ma alcuni prodotti potrebbero subire una majorazione in base alla clausola della “Nazione più favorita” (Most Favoured Nation, MFN), in conformità alle regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio.
I negoziati hanno riguardato anche l’allineamento tariffario nel settore automobilistico, strategico soprattutto per la Germania ma anche per il comparto italiano, con la richiesta dell’UE di ridurre le tariffe attualmente fissate al 27,5%.
Nel pacchetto si inseriscono clausole di salvaguardia e la possibilità di riconoscere reciprocamente alcuni standard tecnici.
Va sottolineato che, mentre i dazi si applicano principalmente alle esportazioni europee, le importazioni USA in Europa restano soggette a regimi tariffari inferiori (circa 5%), un’asimmetria accettata dall’UE per evitare un’escalation.
L’accordo punta inoltre a incentivare investimenti reciproci: l’Europa si è impegnata a investire 600 miliardi negli Stati Uniti e ad acquistare 150 miliardi di dollari in energia e forniture militari, mentre gli USA manterranno quote specifiche su alcuni settori critici.
Ci pare utile sintetizzare l’accordo in questa tabella:
Elemento | Valore/Descrizione |
Dazio base | 15% |
Prodotti negoziati | Automotive, farmaceutico, energia |
Esenzioni | Alcuni settori sensibili |
Investimenti UE negli USA | 600 miliardi di dollari |
Prodotti esclusi, esenzioni e settori maggiormente coinvolti
Le esenzioni rappresentano un aspetto importante dell’intesa.
Sono esclusi dall’applicazione dei nuovi dazi al 15% alcuni prodotti ad alto valore strategico per entrambe le sponde dell’Atlantico, come aeromobili civili, dispositivi medici e alcune categorie di alcolici.
Per il settore farmaceutico, si prevede un trattamento particolare: gli Stati Uniti intendono mantenere una differenziazione tariffaria al fine di incentivare la produzione domestica, penalizzando così le esportazioni europee e italiane.
Il settore automotive è fra i più negoziati, vista la sua rilevanza economica: per ora si discute se uniformare la tariffa al 15% oppure mantenerla a livelli più elevati.
Non sono previste agevolazioni per l’acciaio e l’alluminio, che restano soggetti a dazi più alti, mentre l’accordo include clausole di esclusione per alcuni prodotti a rischio di dumping.
In sintesi:
- Aeromobili civili: esclusi dal nuovo regime
- Farmaceutico: regime distinto e penalizzante per le esportazioni italiane
- Alcolici e medicale: esenzioni o trattamenti preferenziali
- Automotive: in fase di definizione
- Acciaio/alluminio: resta vigente il dazio precedente
Tra i settori maggiormente coinvolti dalla nuova disciplina doganale si distinguono la meccanica, l’agroalimentare, la moda e l’arredo, segmenti chiave per le esportazioni italiane negli Stati Uniti.
Restano esclusi invece servizi digitali e alcune tecnologie strategiche, che potrebbero essere oggetto di future rinegoziazioni.
Dazi e conseguenze per imprese italiane: chi guadagna e chi perde
L’imposizione dei nuovi dazi incide in modo significativo sulla redditività delle aziende esportatrici italiane. Imprese con forti legami commerciali verso gli USA, attive soprattutto nei settori agroalimentare, moda e meccanica, vedono aumentare i costi di ingresso nei mercati statunitensi, riducendo la propria competitività. In particolare, chi opera con margini ristretti o in segmenti dove il prezzo è un driver cruciale rischia di subire un calo delle commesse.
Di contro, le imprese italiane capaci di presidiare nicchie ad alto valore aggiunto o in grado di trasferire parte dell’aumento dei costi sui prezzi finali possono limitare la perdita di competitività.
Tabella esemplificativa delle conseguenze nei diversi settori:
Settore | Effetto |
Agroalimentare | Riduzione competitività, potenziale perdita di quota di mercato |
Moda/Lusso | Impatto moderato nei brand di fascia alta, maggiore su produttori medi |
Farmaceutico | Forte penalizzazione per l’esclusione dagli accordi |
Automotive | Incertezza legata agli assetti definitivi dei dazi |
I maggiori vantaggi si riscontrano tra le aziende esportatrici statunitensi di energia e tecnologia, alla luce dei nuovi investimenti UE in questi comparti. Il saldo tra vantaggi e svantaggi per l’industria italiana resta complesso da valutare, con la necessità di strategie rapide di adattamento.
Impatto economico su lavoratori e cittadini italiani
L’effetto dei dazi al 15 europa Usa si riflette anche sul mondo del lavoro e sulla quotidianità dei cittadini italiani. Le imprese più esposte sul mercato statunitense potrebbero, in assenza di adeguate misure di compensazione, rivedere i livelli occupazionali. Questo riguarda, in particolare, territori a forte vocazione export come il Nord-Est e alcune aree del Centro Italia.
Per i cittadini il rischio principale è rappresentato dall’aumento dei prezzi al consumo su prodotti importati dagli Stati Uniti, dovuto all’applicazione delle tariffe sulle controparti UE. Il potere d’acquisto potrebbe risultare compromesso per alcune fasce di popolazione.
Ci si attende, inoltre, una possibile contrazione degli investimenti esteri diretti nei settori colpiti, con ricadute su sviluppo tecnologico e creazione di nuovi posti di lavoro.
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