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Un lavoratore su 4 soffre di burnout, cresce l’ansia in ufficio


Negli ultimi anni, il concetto di burnout è passato dall’essere un problema individuale e personale a diventare una vera e propria questione sistemica. Secondo i dati più recenti pubblicati dal McKinsey Health Institute, quasi 1 lavoratore europeo su 4 mostra segni di burnout, con un’incidenza maggiore tra le donne e i giovani.

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Cos’è il burnout e perché riguarda sempre più persone

Il termine burnout – letteralmente bruciato – è stato introdotto per la prima volta negli anni ’70 per descrivere una condizione di esaurimento emotivo, depersonalizzazione e ridotta realizzazione personale legati al contesto lavorativo.

Oggi questa sindrome si è estesa ben oltre le professioni di cura o ad alta esposizione emotiva, come medici, insegnanti o operatori sociali. Colpisce anche impiegati, professionisti del digitale, lavoratori amministrativi, dirigenti e stagisti.

Il burnout non è semplicemente stress: è uno stato persistente di sovraccarico mentale, fisico ed emotivo che impedisce di recuperare le energie.

Chi ne soffre avverte ansia, una disconnessione con colleghi e quello che fa, ma anche un costante senso di inadeguatezza. È, a tutti gli effetti, una forma di malessere cronico che mina la produttività ma, soprattutto, la salute mentale e fisica.

Burnout
📌 Definizione Sindrome da stress lavoro-correlato, caratterizzata da esaurimento emotivo e calo delle prestazioni
⚠️ Principali cause Carichi di lavoro eccessivi, mancanza di riconoscimento, scarsa autonomia, conflitti sul posto di lavoro
💥 Sintomi emotivi Irritabilità, ansia, senso di colpa, distacco affettivo, apatia
🧍‍♂️ Sintomi fisici Insonnia, mal di testa, affaticamento cronico, disturbi gastrointestinali
💼 Sintomi professionali Calo di concentrazione e produttività, aumento degli errori, assenteismo
🛡️ Prevenzione Equilibrio vita-lavoro, pause regolari, supporto psicologico, comunicazione interna efficace
🏥 Riconoscimento Non è ancora una malattia riconosciuta dal Ssn italiano, ma è codificata dall’Oms (Icd-11) come fenomeno occupazionale
👩‍⚕️ Cosa fare Rivolgersi al medico di base, valutare supporto psicologico o psicoterapico, segnalare al medico competente aziendale

I dati aggiornati: quanti lavoratori soffrono

Il McKinsey Health Institute, nella sua ultima rilevazione, ha evidenziato come il fenomeno del burnout sia ormai strutturale in Europa.

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Il 25% dei lavoratori ne mostra sintomi e la percentuale sale ulteriormente tra le donne, spesso più soggette a pressioni legate alla doppia presenza (lavoro e cura familiare), ma anche tra i più giovani, che affrontano un mercato del lavoro sempre più competitivo, incerto e, spesso, privo di reale riconoscimento.

Si tratta di dati che vanno letti non solo come segnali di un disagio personale, ma come campanelli d’allarme per aziende, manager e istituzioni. Il burnout, infatti, non è un problema del singolo, ma un’espressione di disfunzioni organizzative, culturali e strutturali.

Il ritorno in ufficio e l’ansia che cresce

Dopo gli anni della pandemia e la diffusione su larga scala dello smart working, molti lavoratori sono tornati progressivamente negli uffici.

Per alcuni, questo rientro ha rappresentato un ritorno alla normalità. Per altri, invece, ha aumentato il senso di ansia e pressione. Le aziende che hanno optato per il rientro forzato, senza considerare i benefici dell’ibridazione o la necessità di flessibilità, hanno innescato una nuova fonte di stress.

La mancanza di controllo sul proprio tempo e sulle modalità di lavoro è uno dei principali fattori che contribuisce al burnout. In un mondo del lavoro sempre più esigente e incerto, la possibilità di conciliare vita personale e professionale diventa essenziale per la salute mentale dei dipendenti.

Il burnout come problema sistemico

Il burnout non è solo una questione etica e sociale, ma ha anche un impatto diretto sulle performance aziendali. Bassi livelli di benessere psicologico si traducono in minore produttività, aumento dell’assenteismo, maggiore turnover e difficoltà nel trattenere i talenti.

Come sottolinea Hogan Assessments, leader mondiale nella valutazione della personalità sul posto di lavoro, il burnout è un indicatore di inefficienze e le imprese che ignorano questi segnali rischiano di perdere competitività, oltre che risorse umane preziose.

Secondo l’approccio proposto da Hogan, è possibile intervenire precocemente riconoscendo i segnali di allarme e promuovendo un cambiamento culturale a livello aziendale. Si tratta di agire su più livelli:

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  • leadership consapevole;
  • ascolto attivo;
  • equilibrio tra lavoro e vita privata;
  • chiarezza degli obiettivi;
  • riduzione delle fonti di stress cronico.

I manager giocano un ruolo cruciale nel prevenire e gestire il burnout. Secondo gli esperti, i leader dovrebbero essere formati non solo per raggiungere risultati, ma anche per creare ambienti psicologicamente sicuri.

Questo significa saper riconoscere i segnali del burnout, promuovere una cultura dell’empatia e dell’ascolto, e sostenere l’autonomia e lo sviluppo dei propri collaboratori.

Ma serve anche un impegno strutturale. Le aziende devono investire in politiche di benessere, strumenti di valutazione continua del clima aziendale, programmi di supporto psicologico, flessibilità oraria, gestione dei carichi e formazione continua.





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