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Apporti alle fondazioni imponibili in base alla natura


Le fondazioni possono ricevere erogazioni di diversa natura, che si differenziano tra loro sia per la finalità con cui sono corrisposte, sia per il soggetto che le destina. Il trattamento, nell’ambito delle imposte dirette, di tali apporti in capo alle fondazioni qualificate, ai fini fiscali, come enti commerciali in base all’art. 73 del TUIR è stato oggetto di alcuni chiarimenti da parte dell’Amministrazione finanziaria.

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La risposta a interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 187/2019, dopo aver evidenziato che, sul piano civilistico, il patrimonio della fondazione (che può essere composto da denaro, beni mobili o immobili o altre utilità, conferiti dai fondatori, partecipanti o soggetti terzi) costituisce il “fondo di dotazione” ed è vincolato al raggiungimento del fine sociale, cioè serve per perseguire gli scopi istituzionali della fondazione, ha ritenuto che gli apporti effettuati dai fondatori (nel caso di specie, in denaro e attraverso il trasferimento di partecipazioni e immobili) all’atto della costituzione, confluendo nel fondo di dotazione, non assumessero rilevanza impositiva in capo alla stessa.
Secondo l’Agenzia, peraltro, le medesime considerazioni esposte per gli apporti iniziali valevano per le ulteriori attribuzioni patrimoniali, anche a titolo di lascito ereditario o di legato, a opera dei fondatori o di terzi, che, nel caso di specie, erano stati rilevati contabilmente nel fondo di dotazione, con espressa clausola di vincolo al fondo medesimo.

A ben vedere, ancorché la risposta a interpello n. 187/2019 si sia espressa in riferimento ad apporti “confluiti” nel fondo di dotazione, adottando un approccio sostanzialistico, le stesse considerazioni sembrano applicabili agli apporti rilevati contabilmente in altre voci nel patrimonio netto, in quanto comunque preordinati a conseguire la finalità di pubblica utilità perseguita dalla fondazione.

La successiva risposta a interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 255/2019 ha precisato che i contributi in denaro versati in favore delle fondazioni di partecipazione al fine di acquisire la qualifica di socio partecipante o socio sostenitore rappresentano elementi costitutivi del patrimonio della fondazione (al pari degli apporti effettuati dai soci fondatori).
Pertanto, tali contributi sono fiscalmente irrilevanti ai sensi dell’art. 88 comma 4 del TUIR, secondo cui “non si considerano sopravvenienze attive i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società e agli enti di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a) e b) (in tale ultima lettera rientrano gli enti diversi da quelli societari, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali, ndr), dai propri soci, né gli apporti effettuati dai possessori di strumenti similari alle azioni”.

In particolare, secondo l’Amministrazione finanziaria, la citata disposizione (dato il riferimento agli enti commerciali) trova applicazione anche nei confronti degli apporti di capitale operati da parte di soggetti conferenti analoghi ai soci, come i fondatori nell’ambito di una fondazione.
Nel caso di specie, la fondazione di partecipazione, che svolgeva attività di formazione, al fine di incrementare il suo patrimonio, con lo scopo di acquisire un’unità immobiliare da dedicare alla formazione, riceveva apporti in denaro (qualificati giuridicamente come versamenti in conto capitale) da parte di soggetti terzi, che assumevano conseguentemente la qualità di socio partecipante o socio sostenitore.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, ove, invece, tali contributi fossero corrisposti dai soci a fronte della fruizione di corsi di formazione, avrebbero dovuto essere qualificati fiscalmente come ricavi.

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Da ultimo, la risposta a interpello n. 189/2020, dopo aver ribadito che l’art. 88 comma 4 del TUIR può trovare applicazione anche agli enti non societari aventi natura commerciale, in relazione agli apporti di capitale operati da soggetti conferenti analoghi ai soci, come i fondatori nell’ambito della fondazione, ha precisato che la totale irrilevanza prevista dalla norma è limitata agli apporti effettuati in forma di versamenti a fondo perduto o in conto capitale.
Diversamente, concorrono alla formazione del reddito (a prescindere dal soggetto che li eroga) i contributi finalizzati a sostenere direttamente l’attività commerciale, coprendo i costi di esercizio o di acquisto di beni strumentali o altri costi.

L’Amministrazione finanziaria ha, quindi, ritenuto che i contributi erogati da un fondatore per finanziare i progetti della fondazione, coprendo i costi di “start up”, rilevati contabilmente tra i proventi nel Rendiconto gestionale sulla base del fatto che tali “contribuzioni non rappresentano un aumento permanente del proprio patrimonio”, fossero fiscalmente imponibili, “non avendo natura meramente patrimoniale”.

Dalla lettura congiunta dei citati documenti di prassi si desume che il trattamento fiscale delle erogazioni a favore delle fondazioni si differenzia a seconda della loro natura. Le somme aventi natura patrimoniale (rilevate contabilmente a incremento del patrimonio netto) in quanto destinate al patrimonio della fondazione non assumono rilevanza fiscale, mentre le somme aventi natura reddituale perché, ad esempio, destinate a remunerare un servizio reso dalla fondazione, concorrono a formare il reddito imponibile.



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