Dopo il caso di Byd, che ha costretto i costruttori minori ad abbassare i costi dei veicoli, risucchiandoli nella concorrenza sleale, ora anche le banche statali applicano lo stesso schema. Vale a dire vendere obbligazioni a commissioni estremamente basse, distorcendo un altro pezzo di mercato
28/07/2025
C’è la guerra commerciale e c’è la guerra dei prezzi. Non che la prima sia peggiore della seconda, anzi. In Cina, come questo giornale racconta da tempo, è in atto un gioco al massacro sulla pelle di molte imprese. Tutto è iniziato con l’azienda più foraggiata dal governo, quella Byd che sta cannibalizzando il mercato automobilistico occidentale. Il costruttore riceve da anni miliardi di sussidi, al punto da potersi permettere di vendere auto a prezzi di gran lunga inferiori alla concorrenza. Inoltre, sempre grazie ai sussidi, Byd ha potenziato le sue linee produttive, aumentando l’offerta. Ma da quando il mercato cinese è andato in saturazione, i veicoli che non vengono venduti in patria esondano oltre confine, e sempre a prezzi stracciati. Morale, una gigantesca distorsione di mercato su scala globale.
Ora il contagio si allarga e un po’ con lo stesso canovaccio. Ma il fronte si sposta sulle banche. Succede che la guerra dei prezzi cinese ha colpito l’investment banking, ovvero quella parte della scienza bancaria rivolta ai risparmiatori e alla diffusione di strumenti di investimento. Ebbene, i banchieri cinesi sono in allarme: c’è troppa pressione da parte delle banche statali cinesi sul sistema privato, nel senso che le prime emettono una tale quantità di obbligazioni e bond, da costringere gli istituti privati a fare lo stesso, ma con commissioni estremamente più basse. Altrimenti i risparmiatori bussano a un’altra porta.
In buona sostanza, le banche controllate dal governo stanno inondando il mercato di bond sovrani, ma lo stanno facendo alle loro condizioni, ovvero con commissioni molto basse e costringendo così il settore privato a fare altrettanto, per non rimanere tagliato fuori dal mercato. Gli stessi regolatori del Dragone, le autorità di vigilanza, hanno espresso preoccupazione per le commissioni insostenibilmente basse. “Quello che stiamo vedendo è una vera sovraccapacità nella sottoscrizione di obbligazioni”, ha detto un banchiere. “Le basse offerte mostrano come le guerre dei prezzi spietate della Cina, che hanno colpito i settori, dai veicoli elettrici alla consegna di cibo, ora stanno coinvolgendo l’investment banking”.
Non è certo un caso che, tornando all’auto, i costruttori minori abbiano duramente attaccato Byd e le sue politiche. I dirigenti di aziende quali Geely (proprietaria della Volvo dal 2010) e Great Wall, hanno accusato pubblicamente la casa di Shenzhen di giocare sporco. I costruttori se le sono date di santa ragione, con il direttore generale del branding e delle pubbliche relazioni di Byd, Li Yunfei, che ha da parte sua messo all’angolo le case concorrenti, accusandole di ricorrere a “sporchi trucchi” e “campagne diffamatorie” e “tattiche subdole” volte a manipolare l’opinione pubblica. Yunfei ha addirittura definito i colleghi delle altre case come “stupidi e maliziosi” e ha chiesto alle autorità governative di intervenire contro quelle che ha descritto come campagne di disinformazione coordinate. Per tutta risposta, il vicepresidente senior di Geely Holding, Victor Yang, ha tacciato i vertici di Byd di ipocrisia e pubblicità ingannevole. Succederà lo stesso tra le banche.
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